La tragedia di Torino sembra aver portato alla luce un problema che esiste da decenni ma di cui gli italiani non erano informati a dovere: i morti sul lavoro, migliaia ogni anno.
Oggi è deceduto il settimo operaio ferito alla Thyssenkrupp. Il sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha detto che "In segno di rispetto per il dolore della famiglia, degli amici, dei compagni di lavoro e della comunità cittadina, ho disposto l'annullamento dei festeggiamenti per la notte di S.Silvestro - il concerto in piazza Castello e lo spettacolo pirotecnico. Invito la nostra comunità cittadina ad una moderazione nei festeggiamenti privati per dare un segnale del grande dolore che questo mese di dicembre ci ha portato."[1]
Mi sembra una decisione di civiltà e di buonsenso, che condivido in pieno. La solidarietà si esprime anche attraverso decisioni come queste, che a qualcuno potrà sembrare eccessiva ma che almeno è concreta e con una certa valenza simbolica capace di attirare l'attenzione su un problema esistente.
A Napoli invece ci si prepara al capodanno contando altri morti, oltre a quelli sul lavoro: 115 morti ammazzati dalla mafia nel 2007, 18 faide aperte attualmente tra le varie cosche della città [2] e provincia che continueranno a fare morti non solo tra i membri della mafia, ma anche tra persone civili che si troveranno nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Non si possono inoltre dimenticare i problemi di vivibilità quotidiana di questa grande città, e il cronico permanere ormai da anni di una situazione intollerabile per quel che riguarda i rifiuti.
Insomma, una situazione non certo positiva, e che non presenta forti segni di cambiamento. Ma allora, che motivi ci sono per festeggiare in modo cosi plateale, quasi provocatorio, come solo Napoli sa fare?
L'immagine della città avvolta dalla nebbia dei fumi e dallo scintillio dei botti accompagna ogni anno le cronache televisive. I “botti”, che sono in altre città una tradizione marginale, a Napoli sono il simbolo stesso del capodanno, e ne evidenziano tutte le contraddizioni. La voglia di festeggiare, nonostante la situazione in cui si vive, forse riflette la mentalità dell'”arrangiarsi”, del tirare avanti, che da sempre accompagna gli abitanti di queste zone.
Un nuovo modo di pensare, che porti a responsabilizzarsi e ad organizzarsi collettivamente per affrontare i problemi, e non a festeggiare per scongiurarli aspettando l'intervento dall'alto che non verrà mai, forse è l'unica strada per risolvere i problemi: dalla corruzione, al clientelismo, alla camorra infiltrata in ogni ambito della società, fino al problema rifiuti.
Questo nuovo modo di pensare deve partire dalle istituzioni, dallo Stato, che deve riacquistare il significato perso in questi territori abbandonati. Stato come strumento della collettività per il benessere di tutti.
Se il sindaco di Napoli avesse seguito l'esempio di Torino, sarebbe stato un segnale forte e importante in questa direzione e forse avrebbe scosso un po' di coscienze. Si sarebbe dovuto presentare a fine anno per dire che “non possiamo festeggiare in un modo cosi ostentato e appariscente, mentre sulle nostre strade giacciono tonnellate di rifiuti che compromettono per sempre le nostre vite e la salubrità dell'ambiente. Napoli quest'anno deve festeggiare in silenzio e riflettere sul da farsi”.
Il festeggiamento può rimandare i problemi per un poco. Problemi che però torneranno il giorno dopo, più gravi che mai, e che bisogna affrontare e non evitare.
Il mio augurio è che nel prossimo anno la mentalità inizi a cambiare in questa direzione, e chissà che prima o poi non se ne vedranno anche i risultati.
P.S. Parlo e di Napoli e ne critico la mentalità essendo nato in questa provincia, e non da osservatore esterno.
Note
[1] http://www.comune.torino.it/torinoplus/italiano/news/Torinoplus-CapodannodelDesign.html
[2] http://www.internapoli.it/articolo.asp?id=10388
Blog di politica, attualità, ambiente, società, e varie. Un'isola di riflessione in un mare mosso di informazione.
lunedì 31 dicembre 2007
mercoledì 12 dicembre 2007
Le "cazzate" di Rutelli
Gianni Minà è uno dei pochi giornalisti che cerca di fare il suo mestiere in modo corretto, parlando di argomenti che conosce bene e basando le sue argomentazioni su fonti; è sufficiente leggere alcuni dei suoi libri e articoli per capirlo. Voglio proporvi questo suo ultimo editoriale, chiaro, conciso e pungente, che ha pubblicato sul sito della rivista "LatinoAmerica", (http://www.giannimina-latinoamerica.it)un trimestrale ricco di saggi e commenti di alta qualità scritti da intellettuali a studiosi di tutto il mondo, che potete trovare nelle librerie o online. Vi invito a visitare il sito perchè settimanalmente vengono pubblicati articoli molto interessanti sul continente sudamericano. Buona lettura.
Se dovessimo fare una rubrica giornaliera sulle "cazzate" che i politici italiani dicono ogni giorno a beneficio del teatrino mediatico della politica, dovremmo stare al computer 24 ore su 24. Ma ci sono alcune di queste esternazioni che proprio ti obbligano a rispondere per un elementare senso di giustizia.
Oggetto di questi interventi solitamente di ex comunisti o radicali pentiti, sono sempre più spesso nazioni come Cuba, il Venezuela e ora anche la Bolivia e l'Ecuador, colpevoli solo di aver scelto, ultimamente, un destino e un futuro diverso da quello loro concesso dagli Stati Uniti o dalle multinazionali occidentali. Una linea uguale a quella adottata anche dal Brasile, dall'Argentina, dall'Uruguay, ma messa in atto in modo più drastico e definitivo.
L'ultima di queste "cazzate" l'ha sparata il ministro dei Beni culturali del nostro paese, Francesco Rutelli che, in maturità, dopo una scapigliata gioventù con il radicale Pannella, si è scoperto in linea con la parte più intransigente della Chiesa, accanto alla radicale cattolica Binetti.
Lunedì 10 dicembre, in una intervista a "Repubblica", Rutelli, difendendo la decisione della Binetti stessa di sfiduciare il governo della coalizione di cui fa parte, non approvando un articolo del pacchetto sicurezza che stigmatizzava l'omofobia, ha dichiarato con supponenza: "Mobilitiamoci invece contro le condanne a morte di omosessuali nel mondo, da Cuba all'Iran".
Ora, per quanto riguarda l'Iran, la notizia è drammaticamente vera, ma per quanto riguarda Cuba, assolutamente falsa. E l'aver associato Cuba all'Iran fa solo capire quanto il desiderio di essere proni verso le politiche degli Stati Uniti, sconfini nel ridicolo per molti dei nostri disinvolti politici. Come nell'Italia degli anni '70 dove il professor Braibanti veniva condannato per plagio (un reato che non esiste) da un tribunale italiano perché aveva un rapporto omosessuale con un suo allievo, anche Cuba ha vissuto in quella stagione contraddittoria della sua storia un periodo di pregiudizio verso il problema. Ma se Rutelli avesse l'abitudine di informarsi quando pontifica, saprebbe che non solo quell'epoca è superata da tempo (come dieci anni fa dimostrò il film "Fragola e cioccolato" vincitore anche del festival dell'Avana) ma che addirittura, rispetto all'omosessualità e alla libertà di praticarla, a Cuba c'è un approccio molto più liberale rispetto alla società italiana. Il Parlamento cubano ha recentemente varato una legge che consentirà ai transessuali di cambiare sesso. E come tutta la sanità, anche l'operazione chirurgica e l'assistenza psicologica sono gratuite. Si sta inoltre cominciando a discutere sull'opportunità di legalizzare i matrimoni gay, ma soprattutto le unioni consensuali che, anche fra le coppie eterosessuali, considerate le tradizioni e le abitudini della gente, sono molto più frequenti. Il cambio d'identità sui documenti, inoltre, è da tempo possibile.
Infine, sempre perchè il nostro ministro della Cultura non ne "spari" un'altra a breve, gli ricordiamo che Cuba, per anni, ha rispettato la moratoria sulla pena di morte, mentre il boia, negli Stati Uniti, non si fermava. Purtroppo la Rivoluzione ha interrotto questa meritoria scelta una volta, quando nel 2003, tre dirottamenti aerei e l'assalto ai turisti di un ferry boat della baia dell'Avana da parte di un gruppo che voleva sequestrare l'imbarcazione per andare a Miami, fece intendere al governo che era in atto l'ennesimo tentativo degli Stati Uniti di farla finita con la Rivoluzione. Tre del gruppo dei sequestratori furono fucilati. Da allora, però, la moratoria sulla pena di morte è stata nuovamente rispettata fino ai giorni nostri.
E' sufficiente che Rutelli, prima di parlare su questi argomenti, chieda informazioni a Amnesty International che nell'ultimo rapporto sui diritti umani, dedica nove pagine agli Stati Uniti e tre a Cuba.
Fonte: http://www.giannimina-latinoamerica.it/visualizzaEditoriale.php?ideditoriale=1027
LE "CAZZATE" DI RUTELLI
GIANNI MINÀ
(11 dicembre 2007)
GIANNI MINÀ
(11 dicembre 2007)
Se dovessimo fare una rubrica giornaliera sulle "cazzate" che i politici italiani dicono ogni giorno a beneficio del teatrino mediatico della politica, dovremmo stare al computer 24 ore su 24. Ma ci sono alcune di queste esternazioni che proprio ti obbligano a rispondere per un elementare senso di giustizia.
Oggetto di questi interventi solitamente di ex comunisti o radicali pentiti, sono sempre più spesso nazioni come Cuba, il Venezuela e ora anche la Bolivia e l'Ecuador, colpevoli solo di aver scelto, ultimamente, un destino e un futuro diverso da quello loro concesso dagli Stati Uniti o dalle multinazionali occidentali. Una linea uguale a quella adottata anche dal Brasile, dall'Argentina, dall'Uruguay, ma messa in atto in modo più drastico e definitivo.
L'ultima di queste "cazzate" l'ha sparata il ministro dei Beni culturali del nostro paese, Francesco Rutelli che, in maturità, dopo una scapigliata gioventù con il radicale Pannella, si è scoperto in linea con la parte più intransigente della Chiesa, accanto alla radicale cattolica Binetti.
Lunedì 10 dicembre, in una intervista a "Repubblica", Rutelli, difendendo la decisione della Binetti stessa di sfiduciare il governo della coalizione di cui fa parte, non approvando un articolo del pacchetto sicurezza che stigmatizzava l'omofobia, ha dichiarato con supponenza: "Mobilitiamoci invece contro le condanne a morte di omosessuali nel mondo, da Cuba all'Iran".
Ora, per quanto riguarda l'Iran, la notizia è drammaticamente vera, ma per quanto riguarda Cuba, assolutamente falsa. E l'aver associato Cuba all'Iran fa solo capire quanto il desiderio di essere proni verso le politiche degli Stati Uniti, sconfini nel ridicolo per molti dei nostri disinvolti politici. Come nell'Italia degli anni '70 dove il professor Braibanti veniva condannato per plagio (un reato che non esiste) da un tribunale italiano perché aveva un rapporto omosessuale con un suo allievo, anche Cuba ha vissuto in quella stagione contraddittoria della sua storia un periodo di pregiudizio verso il problema. Ma se Rutelli avesse l'abitudine di informarsi quando pontifica, saprebbe che non solo quell'epoca è superata da tempo (come dieci anni fa dimostrò il film "Fragola e cioccolato" vincitore anche del festival dell'Avana) ma che addirittura, rispetto all'omosessualità e alla libertà di praticarla, a Cuba c'è un approccio molto più liberale rispetto alla società italiana. Il Parlamento cubano ha recentemente varato una legge che consentirà ai transessuali di cambiare sesso. E come tutta la sanità, anche l'operazione chirurgica e l'assistenza psicologica sono gratuite. Si sta inoltre cominciando a discutere sull'opportunità di legalizzare i matrimoni gay, ma soprattutto le unioni consensuali che, anche fra le coppie eterosessuali, considerate le tradizioni e le abitudini della gente, sono molto più frequenti. Il cambio d'identità sui documenti, inoltre, è da tempo possibile.
Infine, sempre perchè il nostro ministro della Cultura non ne "spari" un'altra a breve, gli ricordiamo che Cuba, per anni, ha rispettato la moratoria sulla pena di morte, mentre il boia, negli Stati Uniti, non si fermava. Purtroppo la Rivoluzione ha interrotto questa meritoria scelta una volta, quando nel 2003, tre dirottamenti aerei e l'assalto ai turisti di un ferry boat della baia dell'Avana da parte di un gruppo che voleva sequestrare l'imbarcazione per andare a Miami, fece intendere al governo che era in atto l'ennesimo tentativo degli Stati Uniti di farla finita con la Rivoluzione. Tre del gruppo dei sequestratori furono fucilati. Da allora, però, la moratoria sulla pena di morte è stata nuovamente rispettata fino ai giorni nostri.
E' sufficiente che Rutelli, prima di parlare su questi argomenti, chieda informazioni a Amnesty International che nell'ultimo rapporto sui diritti umani, dedica nove pagine agli Stati Uniti e tre a Cuba.
Fonte: http://www.giannimina-latinoamerica.it/visualizzaEditoriale.php?ideditoriale=1027
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