Ora lo schermo ha tutti gli occhi puntati su di sè. Scorrono gli ultimi attimi di quella che a mio avviso è un’opera d’arte. Il “Caimano”, uno spaccato dell’italia post 68, quella che irrimediabilmente passerà alla storia come “Era Berlusconi”. Il film. Trascurato dai media e umiliato dai politici.
Ore 20:00. pochi istanti ancora e cala il sipario in sala. E’ in questo momento che percepisco intorno a me una strana sensazione di disagio. Molto silenzio. Chi prende in fretta l’uscita, chi ride..
Chi, come me, è momentaneamente assente. Perplesso. Stupito.
Indeciso e a testa bassa, guadagno l’uscita…
In realtà, dentro di me, avrei voluto alzarmi e applaudire. Esprimere ammirazione.Correre al centro della sala e urlare: “ Sveglia, gente!!” Sveglia!
Diciamolo:” L’uscita del film di Moretti è passata quasi del tutto inosservata. "Sebbene risulti essere stato in testa per gran parte della settimana nelle classifiche di gradimento, il Caimano è stato quasi del tutto ignorato dalla massa e dalla maggioranza degli italiani. Infatti per effetto del palese sistema anti-democratico vigente nel nostro paese ( nulla a che fare con cooperative e toghe rosse..), Mediaset e le sue reti ad altissimo seguito nazionale hanno evitato pedissequamente di mandare in onda servizi riguardanti il film.
Neanche un accenno. E Rai due è addirittura ricorsa alla Parcondicio per giustificare l’assoluta invisibilità televisiva del Caimano.
Ditemi cosa centra il cinema con la Parcondicio!!???
Inoltre, il clima pre-elettorale, ha indotto signorotti della sinistra alla critica negativa del film, accusato di favorire indirettamente il loro avversario politico…!?
Povero Silvio. Che pena mi fa…
Certezza: “La nostra italianotta di oggi è un incubo!” Tanto per citare alcune frasi del film, “Come siamo buffi e ridicoli, noi italiani. Stiamo perennemente a discutere su chi è meglio fra Dida e Buffon.." Sempre nel film, il figlio del protagonista è continuamente preso da un pezzo di lego scomparso. Senza il quale gli è impossibile assemblare il suo giocattolo. Comincia a urlare. C’è un disorientamento in Italia che ricorda molto da vicino questo tipo di situazione. Credo che sia nostro dovere riordinare una realtà nella quale l’impossibile è diventato possibile e dove da un punto di vista etico, ogni cosa assurda e inconcepibile diventa pura e semplice normalità.
Dove un signore, per intenderci, comincia dal nulla a racimolare montagne di denaro. Travalicando confini nazionali, e bypassando sistemi fiscali.
Creando società fantasma col compito di disperdere e nascondere vagonate di miliardi ancora in cerca di autore. Avendo per tutto questo tempo rapporti con la mafia, (perché non bisogna aver paura di dirlo!!) questo signore si è poi messo in politica e ha raccolto intorno a sè un intera mandria di scagnozzi ( si va da ex fascisti, a razzisti dichiarati, ex democratici depressi e via via ogni tipo di categoria. Quelli che oggi ci rappresentano all’estero.) Per evitare le condanne e la futura incarcerazione, mister B. si incarna nello spirito liberale americano e crea un partito (è definibile come tale?) assolutamente coniato e pensato intorno alla sua figura. In tutto questo gli italiani hanno la brillante idea di eleggerlo a loro assoluto rappresentate, dando vita contemporaneamente alla nuova Repubblica italiana delle banane.
E già…Perché oggi forse siamo di fronte al più grande conflitto di interessi della storia dell’umanità e nessuno fa niente. Perché il 90 per cento dei sistemi di comunicazione sono direttamente o indirettamente nelle sue mani. Perché rete 4 doveva andare sul satellite e invece è ancora là.
Chiediamoci a questo punto “quando comincia veramente la fine di una democrazia ?” La risposta è altrettanto semplice: la democrazia muore quando è soppressa la divisione dei poteri ed è intaccato lo Stato di diritto. Questo precisamente accade nel paese di Berlusconi.
E’ triste, ma è la realtà. E’ storia di 30 anni di scalate al potere, conti segreti e scatole cinesi. Il messaggio del film è chiaro e specifico: comunque vada, questo personaggio ha fatto epoca: ha influenzato e condizionato (a voi decidere se positivamente o negativamente) 30 anni di vita italiana. Il caimano non è come qualcuno crede “puro anti-berlusconismo”.
E’ piuttosto la realtà squallida di un paese tanto bello in apparenza (La "bella Italia", come direbbero all’estero), tanto minacciato al suo interno da un regime che rischia di diventare sempre più autoritario all’insaputa della massa. E’ esagerato?? Forzato?
Ma per favore..
Una delle grandi caratteristiche del nostro premier è imparare dalle sconfitte. Quella che lo costrinse ad alzare bandiera bianca nel 94.
Per questo, tornato al potere , si è dato da fare (continuerà?) per abbattere ed eliminare la magistratura italiana. E in che modo poi…modificando le norme vigenti sul falso in bilancio per archiviare i processi contro di lui..Ma lasciamolo fare, tanto...In Italia si sa e allo stesso tempo si ignora. Come ha fatto un buffo imprenditore a convincere gli italiani in tutti questi anni? E’ una domanda che mi pongo in continuazione. Forse perchè qui da noi regna l’ottimismo…Sicuramente c’è molta omertà…Come quella che consegnò nelle regionali in Sicilia 61 e dico 61 seggi su 61 a forza Italia…dove in tutto il resto del paese aveva stravinto l’opposizione…
Il credo del premier in realtà è sempre stato solo uno: fare soldi!!! Soldi, soldi, soldi…
La politica è stata una strada obbligata per depistare indagini e processi. Evitarla sarebbe significato sbarre.
Nient’altro che pure e semplici sbarre.
Il presente è cupo.
Terribilmente cupo. Il futuro è incerto. La conclusione del Caimano trasmette un grande senso di incertezza, ma allo stesso tempo speranza.
Vi invito alla visione di questo immenso capolavoro. Che più di ogni altra cosa riguarda noi giovani e il nostro mondo.
Perché in fondo, in fin dei conti, siamo noi a decidere. Tutto dipende per fortuna ancora da noi: essere veramente liberi come direbbe “qualcuno”.
O essere piuttosto LIBERI, VERAMENTE!
T3nd3rSurr3nd3r
Blog di politica, attualità, ambiente, società, e varie. Un'isola di riflessione in un mare mosso di informazione.
venerdì 31 marzo 2006
lunedì 27 marzo 2006
Un giocattolo che non funziona
Quale società può portare un uomo a gettarsi volontariamente sotto un treno in corsa?[1]
Quando capita una di queste tragedie, di solito viste solo in tv, proprio al treno su cui ti trovi al mattino per recarti all'università, magari sonnecchiando per la stanchezza, vieni investito da diverse emozioni; alla tristezza e il dispiacere iniziale per una vita umana sacrificata, si affianca presto la lucida rabbia interiore, e una domanda si delinea nella testa: come può accadere questo?
Pensandoci, è solo un episodio infinitamente piccolo, che però insieme ad altri milioni di episodi più o meno grandi, concorre a dimostrare il misero fallimento del nostro intero modello di sviluppo sociale, culturale ed economico. Altro che civiltà superiore, altro che società del benessere, altro che società dei consumi di massa e divertimenti per tutti: la nostra è una società malata, un organismo divorato da un cancro.
Abbiamo sviluppato, in pochi secoli, un modello di sviluppo economico fondato sul capitalismo sfrenato, la cosa più abominevole che l'uomo potesse creare.
Una società in cui l'individuo è inserito in un meccanismo per cui il principale scopo della giornata è far soldi. Le aziende, il piccolo negozio, la grande multinazionale, hanno come unico scopo il profitto. La regola di base del capitalismo, meschina e volgare, può essere riassunta in poche righe, poche parole che influiscono su praticamente ogni aspetto della vita su questo pianeta: massimizzare i profitti diminuendo i costi.
Tremendamente semplice, peccato sia devastante. Dov'è il rispetto per valori come la vita, la dignità umana, la vita di tutti gli essere viventi che condividono, ahi-loro, il pianeta con noi? Dov'è il rispetto per l'ambiente?
L'ambiente è forse la “cosa” più colpita, direttamente e non, da questo terribile modello di mercato e sviluppo. L'ambiente, questa “cosa” che non si capisce bene di chi sia, a chi debba interessare: serve a me? A voi? Serve a guadagnare?
Vorrei spiegare a questi signori ed a tutti quelli che considerano la natura una pattumiera gratuita e inesauribile, che è un bene di tutti, serve alla vita, e non si può comprare. Non basterà una montagna di soldi per salvarsi dalle catastrofi che stanno -e stiamo- provocando anche noi che nel bene e nel male viviamo in questa società.
Secondo la maggior parte della comunità di climatologi, il surriscaldamento dovuto ai nostri metodi di produzione provocheranno, tra le tante conseguenze, lo scioglimento delle calotte glaciali e il conseguente aumento del livello del mare [2,3,4] sottrarrà spazio vitale alla specie umana. Questi signori potranno forse comprarsi fino all'ultimo spicchio di terra emersa, ma non potranno avere acqua pulita, libera dai loro scarichi, o aria respirabile, priva di ogni tipo di quelle sostanze che quotidianamente riversiamo nell'ambiente. O forse fanno affidamento su un evoluzione della specie umana che ci doterà di branchie?
Massimizzare i profitti diminuendo i costi. Dov'è il rispetto per la dignità umana in tutto ciò? Certo, non dimentichiamo che ci sono le cose scritte, le parole, le dichiarazioni...ma rileggendo l'articolo di Aerelin, “L'inutilità della parola”[5], viene il dubbio che forse, anche in questo caso, il linguaggio sia usato più come un'abitudine che come una volontà sincera di non arrecar danni ad uomini e ambiente; “la nostra azienda rispetta l'ambiente”, “questa azienda rispetta il lavoro”, sono belle parole che tutti scrivono, ma pochi, pochissimi, mettono in pratica.
Questo rispetto forse è nel fatto che oggi una vita di benessere è possibile per tutti?
E' vero: abbiamo il telefoninoconfotocamera2megapixelumtswapmp3, il lettoredvdinauto, laxboxanchenelcessodicasa, il carputer...questo poi merita qualche parola in più. Mostro[6] nato dalla fusione dei termini “car” e “computer”, è un pc montato nel cruscotto della vostra auto. Così mentre siete in autostrada a 130 all'ora con un auto da 300 milioni di euro che può arrivare a 300 km/h, potete scrivere un email, o giocare a campo minato. Lascio a voi i commenti.
Inutile continuare con questa lista, infinita, di oggetti. Attenzione, chiariamo che questa non è l'ennesima e monotona predica contro lo sviluppo tecnologico, perché non è quello il problema secondo me, anzi. La tecnologia ben venga, ma tecnologia utile.
Il punto è che un modello di sviluppo economico prima di tutto dovrebbe soddisfare i bisogni utili e fondamentali, per tutti; ma osservando questo nostro mondo non mi sembra che l'obiettivo sia stato centrato, né che ci sia l'intenzione di farlo.
E' interessante anche notare come questo modello, e le sue numerose negative conseguenze, si celi dietro un termine che esprime una positività, quasi rassicurante: “neoliberismo”. In effetti suona meglio di “capitalismo”, sembra una cosa innovativa, positiva, ed è sbandierato dalla destra così come dalla nostra sinistra “progressista”, che ormai si trascina, sterile, svuotata di ogni alternativa intelligente e credibile.
Lascerei a voi approfondire, trarre idee e conclusioni, magari discutendone sul blog, sul fatto che il neoliberismo possa essere considerato un modello di sviluppo da seguire.
Io continuerò a scrivere anche su questo argomento, ma penso che sarà arduo per qualcuno trovare qualcosa di positivo in un sistema, e le politiche ad esso connesse, che continua a costringere centinaia di milioni di persone del mondo alla fame, continua a tenere nella miseria i paesi del terzo mondo, trasformandoli in serbatoi di materie prime e risorse energetiche per i nostri paesi del benessere, grazie alle politiche di organismi come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale [7,8] e che continua a ridurre persone alla disperazione più assoluta, creando società sempre più degradate culturalmente.
Non penso che questo sia un sistema che funziona bene, e soprattutto che funziona garantendo a tutti una vita dignitosa. Se un giocattolo non funziona, lo si ripara o lo si cambia. Questo è un giocattolo che non funziona affatto. Non basta ripararlo, va cambiato del tutto.
Credo che bisogna iniziare a capire che è necessario promuovere un cambiamento, e non un semplicistico miglioramento di qualcosa che esiste ma che, per come è fondato, non potrà mai funzionare bene. Se i partiti politici che ci rappresentano non si fanno portavoce di questi cambiamenti, ci sarà bisogno di continuare ad informare e far informare correttamente le persone, per prendere coscienza di questo aspetto, ed agire collettivamente.
Ecco perchè l'uomo gettatosi sotto il treno diventa una metafora e un'immagine del misero fallimento a cui stiamo andando incontro, e a cui dobbiamo dire “basta”.
Note
[1] http://www.ansa.it/main/notizie/fdg/200603201007235249/200603201007235249.html
[2] Intergovernmental Panel on Climate Change - Climate Change 2001 http://www.grida.no/climate/ipcc_tar/wg1/index.htm
[3] http://www.zmag.org/Italy/johansen-globalwarming.htm
[4] http://www.disinformazione.it/riscaldamento.htm
[5] http://www.isoladikrino.splinder.com/post/7477409/L'inutilità+della+parola
[6] http://en.wikipedia.org/wiki/Carputer
[7] http://www.imf.org/external/pubs/ft/aa/aa01.htm
http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_979_1/a1.html
[8] http://www.worldbank.
Quando capita una di queste tragedie, di solito viste solo in tv, proprio al treno su cui ti trovi al mattino per recarti all'università, magari sonnecchiando per la stanchezza, vieni investito da diverse emozioni; alla tristezza e il dispiacere iniziale per una vita umana sacrificata, si affianca presto la lucida rabbia interiore, e una domanda si delinea nella testa: come può accadere questo?
Pensandoci, è solo un episodio infinitamente piccolo, che però insieme ad altri milioni di episodi più o meno grandi, concorre a dimostrare il misero fallimento del nostro intero modello di sviluppo sociale, culturale ed economico. Altro che civiltà superiore, altro che società del benessere, altro che società dei consumi di massa e divertimenti per tutti: la nostra è una società malata, un organismo divorato da un cancro.
Abbiamo sviluppato, in pochi secoli, un modello di sviluppo economico fondato sul capitalismo sfrenato, la cosa più abominevole che l'uomo potesse creare.
Una società in cui l'individuo è inserito in un meccanismo per cui il principale scopo della giornata è far soldi. Le aziende, il piccolo negozio, la grande multinazionale, hanno come unico scopo il profitto. La regola di base del capitalismo, meschina e volgare, può essere riassunta in poche righe, poche parole che influiscono su praticamente ogni aspetto della vita su questo pianeta: massimizzare i profitti diminuendo i costi.
Tremendamente semplice, peccato sia devastante. Dov'è il rispetto per valori come la vita, la dignità umana, la vita di tutti gli essere viventi che condividono, ahi-loro, il pianeta con noi? Dov'è il rispetto per l'ambiente?
L'ambiente è forse la “cosa” più colpita, direttamente e non, da questo terribile modello di mercato e sviluppo. L'ambiente, questa “cosa” che non si capisce bene di chi sia, a chi debba interessare: serve a me? A voi? Serve a guadagnare?
Vorrei spiegare a questi signori ed a tutti quelli che considerano la natura una pattumiera gratuita e inesauribile, che è un bene di tutti, serve alla vita, e non si può comprare. Non basterà una montagna di soldi per salvarsi dalle catastrofi che stanno -e stiamo- provocando anche noi che nel bene e nel male viviamo in questa società.
Secondo la maggior parte della comunità di climatologi, il surriscaldamento dovuto ai nostri metodi di produzione provocheranno, tra le tante conseguenze, lo scioglimento delle calotte glaciali e il conseguente aumento del livello del mare [2,3,4] sottrarrà spazio vitale alla specie umana. Questi signori potranno forse comprarsi fino all'ultimo spicchio di terra emersa, ma non potranno avere acqua pulita, libera dai loro scarichi, o aria respirabile, priva di ogni tipo di quelle sostanze che quotidianamente riversiamo nell'ambiente. O forse fanno affidamento su un evoluzione della specie umana che ci doterà di branchie?
Massimizzare i profitti diminuendo i costi. Dov'è il rispetto per la dignità umana in tutto ciò? Certo, non dimentichiamo che ci sono le cose scritte, le parole, le dichiarazioni...ma rileggendo l'articolo di Aerelin, “L'inutilità della parola”[5], viene il dubbio che forse, anche in questo caso, il linguaggio sia usato più come un'abitudine che come una volontà sincera di non arrecar danni ad uomini e ambiente; “la nostra azienda rispetta l'ambiente”, “questa azienda rispetta il lavoro”, sono belle parole che tutti scrivono, ma pochi, pochissimi, mettono in pratica.
Questo rispetto forse è nel fatto che oggi una vita di benessere è possibile per tutti?
E' vero: abbiamo il telefoninoconfotocamera2megapixelumtswapmp3, il lettoredvdinauto, laxboxanchenelcessodicasa, il carputer...questo poi merita qualche parola in più. Mostro[6] nato dalla fusione dei termini “car” e “computer”, è un pc montato nel cruscotto della vostra auto. Così mentre siete in autostrada a 130 all'ora con un auto da 300 milioni di euro che può arrivare a 300 km/h, potete scrivere un email, o giocare a campo minato. Lascio a voi i commenti.
Inutile continuare con questa lista, infinita, di oggetti. Attenzione, chiariamo che questa non è l'ennesima e monotona predica contro lo sviluppo tecnologico, perché non è quello il problema secondo me, anzi. La tecnologia ben venga, ma tecnologia utile.
Il punto è che un modello di sviluppo economico prima di tutto dovrebbe soddisfare i bisogni utili e fondamentali, per tutti; ma osservando questo nostro mondo non mi sembra che l'obiettivo sia stato centrato, né che ci sia l'intenzione di farlo.
E' interessante anche notare come questo modello, e le sue numerose negative conseguenze, si celi dietro un termine che esprime una positività, quasi rassicurante: “neoliberismo”. In effetti suona meglio di “capitalismo”, sembra una cosa innovativa, positiva, ed è sbandierato dalla destra così come dalla nostra sinistra “progressista”, che ormai si trascina, sterile, svuotata di ogni alternativa intelligente e credibile.
Lascerei a voi approfondire, trarre idee e conclusioni, magari discutendone sul blog, sul fatto che il neoliberismo possa essere considerato un modello di sviluppo da seguire.
Io continuerò a scrivere anche su questo argomento, ma penso che sarà arduo per qualcuno trovare qualcosa di positivo in un sistema, e le politiche ad esso connesse, che continua a costringere centinaia di milioni di persone del mondo alla fame, continua a tenere nella miseria i paesi del terzo mondo, trasformandoli in serbatoi di materie prime e risorse energetiche per i nostri paesi del benessere, grazie alle politiche di organismi come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale [7,8] e che continua a ridurre persone alla disperazione più assoluta, creando società sempre più degradate culturalmente.
Non penso che questo sia un sistema che funziona bene, e soprattutto che funziona garantendo a tutti una vita dignitosa. Se un giocattolo non funziona, lo si ripara o lo si cambia. Questo è un giocattolo che non funziona affatto. Non basta ripararlo, va cambiato del tutto.
Credo che bisogna iniziare a capire che è necessario promuovere un cambiamento, e non un semplicistico miglioramento di qualcosa che esiste ma che, per come è fondato, non potrà mai funzionare bene. Se i partiti politici che ci rappresentano non si fanno portavoce di questi cambiamenti, ci sarà bisogno di continuare ad informare e far informare correttamente le persone, per prendere coscienza di questo aspetto, ed agire collettivamente.
Ecco perchè l'uomo gettatosi sotto il treno diventa una metafora e un'immagine del misero fallimento a cui stiamo andando incontro, e a cui dobbiamo dire “basta”.
Note
[1] http://www.ansa.it/main/notizie/fdg/200603201007235249/200603201007235249.html
[2] Intergovernmental Panel on Climate Change - Climate Change 2001 http://www.grida.no/climate/ipcc_tar/wg1/index.htm
[3] http://www.zmag.org/Italy/johansen-globalwarming.htm
[4] http://www.disinformazione.it/riscaldamento.htm
[5] http://www.isoladikrino.splinder.com/post/7477409/L'inutilità+della+parola
[6] http://en.wikipedia.org/wiki/Carputer
[7] http://www.imf.org/external/pubs/ft/aa/aa01.htm
http://www.admin.ch/ch/i/rs/0_979_1/a1.html
[8] http://www.worldbank.
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domenica 19 marzo 2006
L'idea occidentale dell'oriente
L’ondata antioccidentale di questo periodo è senza dubbio figlia di una guerra dai presupposti giusti quanto ipocriti, ma è soprattutto il risultato ,a mio parere, di una situazione ormai paradossale e del tutto incontrollabile. L’ultima inaspettata presa di posizione spetta al cardinal Martino, che, ignorando le idee dogmatiche della Santa Sede, auspica l’insegnamento del corano nelle scuole italiane. Ma ad una condizione: un numero minimo di alunni islamici. La vicenda ha innescato, come da copione, una serie di reazioni tra cui quella del Presidente Pera. Convinto sostenitore dei valori tradizionali della società occidentale e cristiana, ha più volte accennato ad una progressiva perdita dei valori morali, contrapponendosi così all’idea di un mondo multietnico e pluralista.
Secche smentite sono giunte inoltre dallo stesso mondo ecclesiastico, che ha quasi bacchettato il cardinale per le sue dichiarazioni alquanto nuove e azzardate. Non solo nella politica assistiamo puntualmente a incoerenze e ipocrisie varie, ma lo stesso mondo cattolico sembra vacillare e vagare nel vuoto davanti all’attuale situazione internazionale. Come evitare allora di addurre ulteriore acredine allo “scontro di civiltà” in atto? Il confronto è teorizzabile o il dialogo con l’islam è solo il frutto di una mera utopia?
Io credo che la maggior parte degli italiani affronti questo tema con molta superficialità. Si tratta quotidianamente di kamikaze, di burka, di islam moderato e di islam fondamentalista, di popoli estremisti e di tanto altro, spesso in maniera inappropriata e mancando di rispetto.
In Italia e in Europa ,una costellazione di stereotipi e definizioni conducono a considerare l’islam un mondo a parte, diverso in tutto e per tutto dal nostro. Ciò accade fondamentalmente per due motivi: 1, c’è una tendenza generale a considerare tutto ciò che è sconosciuto come un qualcosa di diverso e di pericoloso. 2, ci sono pregiudizi che caratterizzano da sempre il rapporto Oriente-Occidente dovuti a una scarsa volontà a pensare al conflitto in terminino storici. Infatti, ci si dimentica facilmente dell’imperialismo britannico, dei secoli e secoli di occupazione occidentale, degli infiniti avvicendamenti politici ed economici alla cui base ci sono le più disparate forme di egemonia.
Ciò che critico in particolare è il modo in cui la cultura e la coscienza europea, compresa quella cristiana, hanno cercato di conoscere l’oriente e di farlo proprio: il modo in cui hanno cercato di dominarlo , identificandolo come l'altro, rozzo e fanatico. Oltre che al solito resoconto dei fatti, i servizi in tv e ai giornali non ci propongono altro che l’immagine europea e occidentale dell’oriente. La rappresentazione, che è ormai parte integrante delle nostre coscienze, di un universo che invece non deve essere più considerato come estraneo e in antitesi al nostro, ma che, (e qualcuno spesso se ne dimentica) come il nostro, ha secoli di storia e tradizioni di pensiero.
Eppure tutto ciò difficilmente viene preso in considerazione dai media.
La stragrande maggioranza delle nostre considerazioni e dei nostri dibattiti , ogni nostro modo di pensare, laico o non laico, riguardo l’islam e la religione musulmana, hanno origine da prospettive euro centriste e di comodo. Ricordiamoci invece che il nostro modo di pensare e di vivere è figlio della nostra cultura. Ma come ci hanno insegnato i nostri stessi padri fondatori, la storia altro non è che l’ interpretazione che noi le attribuiamo, commettendo senza accorgercene, l’imperdonabile errore di considerare il mondo, sotto un unico grande punto di vista unitario!
Secche smentite sono giunte inoltre dallo stesso mondo ecclesiastico, che ha quasi bacchettato il cardinale per le sue dichiarazioni alquanto nuove e azzardate. Non solo nella politica assistiamo puntualmente a incoerenze e ipocrisie varie, ma lo stesso mondo cattolico sembra vacillare e vagare nel vuoto davanti all’attuale situazione internazionale. Come evitare allora di addurre ulteriore acredine allo “scontro di civiltà” in atto? Il confronto è teorizzabile o il dialogo con l’islam è solo il frutto di una mera utopia?
Io credo che la maggior parte degli italiani affronti questo tema con molta superficialità. Si tratta quotidianamente di kamikaze, di burka, di islam moderato e di islam fondamentalista, di popoli estremisti e di tanto altro, spesso in maniera inappropriata e mancando di rispetto.
In Italia e in Europa ,una costellazione di stereotipi e definizioni conducono a considerare l’islam un mondo a parte, diverso in tutto e per tutto dal nostro. Ciò accade fondamentalmente per due motivi: 1, c’è una tendenza generale a considerare tutto ciò che è sconosciuto come un qualcosa di diverso e di pericoloso. 2, ci sono pregiudizi che caratterizzano da sempre il rapporto Oriente-Occidente dovuti a una scarsa volontà a pensare al conflitto in terminino storici. Infatti, ci si dimentica facilmente dell’imperialismo britannico, dei secoli e secoli di occupazione occidentale, degli infiniti avvicendamenti politici ed economici alla cui base ci sono le più disparate forme di egemonia.
Ciò che critico in particolare è il modo in cui la cultura e la coscienza europea, compresa quella cristiana, hanno cercato di conoscere l’oriente e di farlo proprio: il modo in cui hanno cercato di dominarlo , identificandolo come l'altro, rozzo e fanatico. Oltre che al solito resoconto dei fatti, i servizi in tv e ai giornali non ci propongono altro che l’immagine europea e occidentale dell’oriente. La rappresentazione, che è ormai parte integrante delle nostre coscienze, di un universo che invece non deve essere più considerato come estraneo e in antitesi al nostro, ma che, (e qualcuno spesso se ne dimentica) come il nostro, ha secoli di storia e tradizioni di pensiero.
Eppure tutto ciò difficilmente viene preso in considerazione dai media.
La stragrande maggioranza delle nostre considerazioni e dei nostri dibattiti , ogni nostro modo di pensare, laico o non laico, riguardo l’islam e la religione musulmana, hanno origine da prospettive euro centriste e di comodo. Ricordiamoci invece che il nostro modo di pensare e di vivere è figlio della nostra cultura. Ma come ci hanno insegnato i nostri stessi padri fondatori, la storia altro non è che l’ interpretazione che noi le attribuiamo, commettendo senza accorgercene, l’imperdonabile errore di considerare il mondo, sotto un unico grande punto di vista unitario!
giovedì 16 marzo 2006
L'inutilità della parola
L'essere umano nasce predisposto all'uso della parola, il suo emisfero sinistro (in altri casi il destro: la lateralizzazione delle funzioni cerebrali è relativa) sembra progettato soprattuto per questo scopo. I dizionari italiani sono stracolmi di sinonimi e contrari, sostantivi ed aggettivi: possiamo scegliere tra più modi diversi per definire lo stesso concetto. E' proprio la parola che ci distingue da tutto il regno animale, la capacità di formare discorsi più o meno articolati ci ha sempre dato la convinzione di essere superiori a qualsiasi altra creatura vivente sul pianeta terra. Ma se così non fosse?Con le parole si possono raggiungere alte forme descrittive, si possono dipingere mille sfumature su quella tela che può essere un foglio di quaderno, un foglio elettronico o, più semplicemente, l'aria in cui queste si spargono. Primo esempio tra tutti, le poesie, un tempo opere imbrigliate in strette regole da rispettare ferreamente, ora più semplicemente parole in sequenze di versi più o meno lunghe, con o senza rime. Ma la poesia, o qualsiasi altro componimento, nella maggior parte dei casi non nasce spontaneamente, ha bisogno di ispirazione, di una meditazione (più o meno lunga) per riformulare in parole quello che si prova, quelle emozioni e quelle realtà che si deve descrivere e che si vuole trasmettere.
Nel concetto comune e nella vita di tutti i giorni, invece, la parola serve per comunicare con gli altri in questa società sempre più complessa, ma sempre più spesso di tratta di parole di circostanza, vuote, usate solo per convenzione. Un esempio che salta subito in mente, è quello delle abbreviazioni che tanto vanno di moda in questi anni, tra le quali spicca indiscussa la forma tvb, nata per recuperare spazio negli sms, che è acronimo di Ti Voglio Bene. Eppure, per quel che mi è capitato di vedere, se ne abbonda, in ogni messaggio se ne infila uno, quasi fosse anche questa una convenzione -non ti voglio veramente bene, lo scrivo solo perché è un riflesso condizionato- e questo la svuota del suo significato, la rende sterile ed inutile, fa sprecare ben tre lettere nello scrivere un sms. Non è certo l'unico esempio, nonostante dipenda esclusivamente dalle persone in questione, ma la tendenza generale ormai è questa. Son ben pochi coloro che usano la parola con cognizione di causa: parlare è così naturale che nessuno ci fa più caso.
La parola è universale, tutti la usano, ma non con lo stesso idioma. Questo è un grande ostacolo per la comunicazione globale, così tanto da dover usare convenzionalmente una lingua come internazionale. Vengono anche create delle "classi" di traduttori, per traslitterare testi nella propria lingua, ma ciò inevitabilmente impoverisce ogni composizione: qualsiasi lingua ha il suo ritmo, la sua cadenza e proprio per questo chi scrive effettua una scelta ben ponderata su quale termine usare piuttosto di un altro. I traduttori, per quanti sforzi possano compiere, non saranno mai in grado di render giustizia ad un testo in lingua originale.
Dopo tutte queste considerazioni, pensate ancora sia così indispensabile la parola? È questo che ci rende esseri superiori? Questi suoni che sono pronti ad abbandonarci quando siamo in preda a forti stati emotivi? Felicità, tristezza, rabbia, disperazione: alcuni esempi di ciò che ci lascia senza parole. Perché le parole non servono a nulla quando ci sono di mezzo le emozioni. Basta uno sguardo per sentire confluire dentro di se ciò che l'altro trasmette. Che dire invece quando proviamo a trasformare in parole ciò che ci ha colpito, positivamente o negativamente? Quando cerchiamo di far uscire dalla bocca ciò che si dibatte nel cuore? In questo breve tragitto le emozioni si raffreddano, le parole le spogliano. Raramente siamo soddisfatti del risultato della descrizione. Semplicemente riduttiva, limitata, addirittura inappropriata in alcuni casi. Al contrario, il linguaggio emotivo è unico, mondiale, non fa distinzione tra animali e uomini, non mente, non è mai vuoto, sempre istintivo. Ed è quello che si dovrebbe ascoltare, ma oramai sembra che siamo tutti ciechi, non si riesce più a leggere i sentimenti altrui. Eppure dovrebbe esser così semplice capirsi in questo modo. Inutile arrovellarsi, la parte del cervello dedicata a questo pare si stia atrofizzando.
Quello che vorrei trasmettere con questo articolo non è certo che possiamo anche smettere di comunicare utilizzando il linguaggio verbale, ma che questo è solo una piccola parte di ciò che serve per “parlare” davvero. Di per se la comunicazione verbale è inutile. È bene dunque tenere a mente una cosa: le parole, figlie della logica, sono solo serve delle emozioni, figlie dell'istinto.
Aerelin
Nel concetto comune e nella vita di tutti i giorni, invece, la parola serve per comunicare con gli altri in questa società sempre più complessa, ma sempre più spesso di tratta di parole di circostanza, vuote, usate solo per convenzione. Un esempio che salta subito in mente, è quello delle abbreviazioni che tanto vanno di moda in questi anni, tra le quali spicca indiscussa la forma tvb, nata per recuperare spazio negli sms, che è acronimo di Ti Voglio Bene. Eppure, per quel che mi è capitato di vedere, se ne abbonda, in ogni messaggio se ne infila uno, quasi fosse anche questa una convenzione -non ti voglio veramente bene, lo scrivo solo perché è un riflesso condizionato- e questo la svuota del suo significato, la rende sterile ed inutile, fa sprecare ben tre lettere nello scrivere un sms. Non è certo l'unico esempio, nonostante dipenda esclusivamente dalle persone in questione, ma la tendenza generale ormai è questa. Son ben pochi coloro che usano la parola con cognizione di causa: parlare è così naturale che nessuno ci fa più caso.
La parola è universale, tutti la usano, ma non con lo stesso idioma. Questo è un grande ostacolo per la comunicazione globale, così tanto da dover usare convenzionalmente una lingua come internazionale. Vengono anche create delle "classi" di traduttori, per traslitterare testi nella propria lingua, ma ciò inevitabilmente impoverisce ogni composizione: qualsiasi lingua ha il suo ritmo, la sua cadenza e proprio per questo chi scrive effettua una scelta ben ponderata su quale termine usare piuttosto di un altro. I traduttori, per quanti sforzi possano compiere, non saranno mai in grado di render giustizia ad un testo in lingua originale.
Dopo tutte queste considerazioni, pensate ancora sia così indispensabile la parola? È questo che ci rende esseri superiori? Questi suoni che sono pronti ad abbandonarci quando siamo in preda a forti stati emotivi? Felicità, tristezza, rabbia, disperazione: alcuni esempi di ciò che ci lascia senza parole. Perché le parole non servono a nulla quando ci sono di mezzo le emozioni. Basta uno sguardo per sentire confluire dentro di se ciò che l'altro trasmette. Che dire invece quando proviamo a trasformare in parole ciò che ci ha colpito, positivamente o negativamente? Quando cerchiamo di far uscire dalla bocca ciò che si dibatte nel cuore? In questo breve tragitto le emozioni si raffreddano, le parole le spogliano. Raramente siamo soddisfatti del risultato della descrizione. Semplicemente riduttiva, limitata, addirittura inappropriata in alcuni casi. Al contrario, il linguaggio emotivo è unico, mondiale, non fa distinzione tra animali e uomini, non mente, non è mai vuoto, sempre istintivo. Ed è quello che si dovrebbe ascoltare, ma oramai sembra che siamo tutti ciechi, non si riesce più a leggere i sentimenti altrui. Eppure dovrebbe esser così semplice capirsi in questo modo. Inutile arrovellarsi, la parte del cervello dedicata a questo pare si stia atrofizzando.
Quello che vorrei trasmettere con questo articolo non è certo che possiamo anche smettere di comunicare utilizzando il linguaggio verbale, ma che questo è solo una piccola parte di ciò che serve per “parlare” davvero. Di per se la comunicazione verbale è inutile. È bene dunque tenere a mente una cosa: le parole, figlie della logica, sono solo serve delle emozioni, figlie dell'istinto.
Aerelin
lunedì 13 marzo 2006
Il gioco delle elezioni
Non vi dirò chi voto, o chi votare (per ora? ..). Penso infatti che il compito di chi fa informazione e divulga fatti, notizie e opinioni, sia di fornire strumenti e metodi di ragionamento con cui poi ogni individuo, nella migliore autonomia possibile, possa giungere alle proprie conclusioni e seguire le proprie preferenze.
Tra le basi di un regime democratico una delle caratteristiche fondamentali è proprio il momento elettorale, che si affianca ad altri caratteri come il rispetto dei diritti civili e politici, l'indipendenza della magistratura e il pluralismo della società.
L'elezione infatti è il mezzo con cui il cittadino può valutare il rendimento che un governo ha avuto durante un certo periodo di tempo, 5 anni nel caso italiano, e in base ad un operato più o meno efficiente, decidere se rinnovare la sua fiducia o dare il suo voto ad un altro governo.
Nei testi di scienza politica spesso gli autori che espongono le proprie teorie sui regimi democratici trascurano un elemento a mio parere cruciale, e cioè il modo in cui l'elettore riceve informazioni sull'operato del governo e sui risultati conseguiti durante i 5 anni di legislatura; si dà per scontato, quasi fosse una cosa naturale e ovvia, che il cittadino abbia accesso in modo chiaro e trasparente alle decisioni che i rappresentanti, da lui votati, prendono, (e ai risultati ottenuti...) e quindi possa decidere in modo autonomo e democratico, per l'appunto, chi votare.
E' invece sotto gli occhi di tutti che la situazione reale è ben altra, ed è possibile dimostrare con accuratezza che in Italia e in tanti altri paesi che rientrano nella schiera dei regimi democratici, è proprio il meccanismo elettorale che perde la sua efficacia, delegando ai mass-media e specialmente la televisione, che svolgono il loro compito in modo parziale, spesso servile e sterile. Ma a questo argomento, quasi sterminato, a cui sono particolarmente sensibile, dedicherò gran parte dei prossimi articoli di questo blog.
Premesso ciò, vorrei tornare a discutere delle incombenti elezioni del 9 Aprile, che a ben vedere stanno assumendo sempre più la forma di una farsa, di un teatrino, o di un gioco di pessimo gusto in cui vince chi fa più promesse o chi ricopre le nostre città con i manifesti più grandi, belli e illuminati anche di notte...in alcuni momenti poi è davvero debilitante osservare i personaggi che saranno chiamati a dirigere questo paese per 5 anni, assumendo le massime cariche pubbliche, perdersi in discussioni sterili sui minuti trascorsi in quel tale programma televisivo, sulla domanda faziosa mossa da quel tale giornalista, o sull'applauso del pubblico accusato di essere “di parte”, in un gioco di accuse e difesa che contribuisce ulteriormente a renderli ridicoli, e ad aumentare la sfiducia che la maggior parte della popolazione ha già nei confronti della politica e della sua capacità di agire per il benessere comune.
Lo so, rivedendo la situazione brevemente descritta, che potete osservare voi stessi prestando un po' di attenzione ai servizi dei vari telegiornali e ai talk show politici che oggi vanno tanto di moda, viene voglia di ridere, (o piangere...) e alzare le spalle, magari pronunciando un nostalgico “bah...”
Non voglio però concludere dicendo che andare a votare tali personaggi non possa portare a nulla di buono ed è dunque meglio ignorare quella data, “tanto non cambia nulla”, impiegando quel tempo in altre attività magari più gratificanti nell'immediato.
Penso invece che sia importante sfruttare le elezioni, che restano uno dei momenti centrali della forma di stato democratica, e attualmente (ahi-noi... ) una delle poche, se non unica, occasione di potere popolare.
E allora, che cosa si può e deve fare dopo le votazioni?
Innanzitutto penso che non dovremmo fare l'errore di votare, sederci nella nostra poltrona di casa per i prossimi 5 anni e star lì a leggere e guardare, attraverso giornali, riviste e telegiornali, cosa combinano i nostri rappresentanti; non è un errore, ho proprio usato il termine “rappresentanti” al posto del solito “politici”, perchè penso che renda più immediato cogliere la natura del loro ruolo
E' così che bisognerebbe chiamarli, rappresentanti; i partiti che noi votiamo sono previsti dalla costituzione (art.49 *) e sono organi fondamentali per la competizione democratica. Tu voti qualcuno che vada a rappresentarti nelle istituzioni che governano questo paese. Ma resta un TUO rappresentante, un TUO “dipendente” per usare un termine caro a Beppe Grillo; e se non ti rappresenta...e non è capace di attuare ciò per cui è stato votato, se ne torna a casa.
Perciò io invito comunque, anche coloro che hanno una sfiducia nei politici tale da portarli a rinunciare, ad andare a votare. Unica eccezione secondo me deve riguardare chi non ha nessuna voglia, interesse o altro nel seguire ciò che questi uomini e donne (ancora troppo poche...) fanno per il paese in cui nel bene o nel male tutti viviamo. Meglio non votare che scegliere un candidato solo perchè lo si è visto di più in televisione, perchè ha i manifesti più colorati, e le promesse più attraenti.
In questo paese abbiamo bisogno di tante, tante cose, ma di politici simpatici e belli ma incapaci ne abbiamo già abbastanza. Ci servono persone che tentino di migliorare, al massimo delle loro potenzialità, le condizioni del paese in cui noi tutti viviamo.
Ognuno avrà le proprie motivazioni ad essere più o meno coinvolto nella vita politica, sociale ed economica del paese, e invito a discuterne magari commentando questo articolo ed esprimendo le proprie idee.
Lo so, non è molto soddisfacente scegliere tra il “peggiore” e il “leggermente meno peggio”...ma questa deve essere solo la prima fase della partecipazione democratica.
Fatto il primo passo, si ci può quindi accomodare in poltrona, o sedia se preferite, ma rimboccarsi le maniche e dire: “Ok, il primo passo è fatto, ora tocca a me”.
*Art. 49: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Tra le basi di un regime democratico una delle caratteristiche fondamentali è proprio il momento elettorale, che si affianca ad altri caratteri come il rispetto dei diritti civili e politici, l'indipendenza della magistratura e il pluralismo della società.
L'elezione infatti è il mezzo con cui il cittadino può valutare il rendimento che un governo ha avuto durante un certo periodo di tempo, 5 anni nel caso italiano, e in base ad un operato più o meno efficiente, decidere se rinnovare la sua fiducia o dare il suo voto ad un altro governo.
Nei testi di scienza politica spesso gli autori che espongono le proprie teorie sui regimi democratici trascurano un elemento a mio parere cruciale, e cioè il modo in cui l'elettore riceve informazioni sull'operato del governo e sui risultati conseguiti durante i 5 anni di legislatura; si dà per scontato, quasi fosse una cosa naturale e ovvia, che il cittadino abbia accesso in modo chiaro e trasparente alle decisioni che i rappresentanti, da lui votati, prendono, (e ai risultati ottenuti...) e quindi possa decidere in modo autonomo e democratico, per l'appunto, chi votare.
E' invece sotto gli occhi di tutti che la situazione reale è ben altra, ed è possibile dimostrare con accuratezza che in Italia e in tanti altri paesi che rientrano nella schiera dei regimi democratici, è proprio il meccanismo elettorale che perde la sua efficacia, delegando ai mass-media e specialmente la televisione, che svolgono il loro compito in modo parziale, spesso servile e sterile. Ma a questo argomento, quasi sterminato, a cui sono particolarmente sensibile, dedicherò gran parte dei prossimi articoli di questo blog.
Premesso ciò, vorrei tornare a discutere delle incombenti elezioni del 9 Aprile, che a ben vedere stanno assumendo sempre più la forma di una farsa, di un teatrino, o di un gioco di pessimo gusto in cui vince chi fa più promesse o chi ricopre le nostre città con i manifesti più grandi, belli e illuminati anche di notte...in alcuni momenti poi è davvero debilitante osservare i personaggi che saranno chiamati a dirigere questo paese per 5 anni, assumendo le massime cariche pubbliche, perdersi in discussioni sterili sui minuti trascorsi in quel tale programma televisivo, sulla domanda faziosa mossa da quel tale giornalista, o sull'applauso del pubblico accusato di essere “di parte”, in un gioco di accuse e difesa che contribuisce ulteriormente a renderli ridicoli, e ad aumentare la sfiducia che la maggior parte della popolazione ha già nei confronti della politica e della sua capacità di agire per il benessere comune.
Lo so, rivedendo la situazione brevemente descritta, che potete osservare voi stessi prestando un po' di attenzione ai servizi dei vari telegiornali e ai talk show politici che oggi vanno tanto di moda, viene voglia di ridere, (o piangere...) e alzare le spalle, magari pronunciando un nostalgico “bah...”
Non voglio però concludere dicendo che andare a votare tali personaggi non possa portare a nulla di buono ed è dunque meglio ignorare quella data, “tanto non cambia nulla”, impiegando quel tempo in altre attività magari più gratificanti nell'immediato.
Penso invece che sia importante sfruttare le elezioni, che restano uno dei momenti centrali della forma di stato democratica, e attualmente (ahi-noi... ) una delle poche, se non unica, occasione di potere popolare.
E allora, che cosa si può e deve fare dopo le votazioni?
Innanzitutto penso che non dovremmo fare l'errore di votare, sederci nella nostra poltrona di casa per i prossimi 5 anni e star lì a leggere e guardare, attraverso giornali, riviste e telegiornali, cosa combinano i nostri rappresentanti; non è un errore, ho proprio usato il termine “rappresentanti” al posto del solito “politici”, perchè penso che renda più immediato cogliere la natura del loro ruolo
E' così che bisognerebbe chiamarli, rappresentanti; i partiti che noi votiamo sono previsti dalla costituzione (art.49 *) e sono organi fondamentali per la competizione democratica. Tu voti qualcuno che vada a rappresentarti nelle istituzioni che governano questo paese. Ma resta un TUO rappresentante, un TUO “dipendente” per usare un termine caro a Beppe Grillo; e se non ti rappresenta...e non è capace di attuare ciò per cui è stato votato, se ne torna a casa.
Perciò io invito comunque, anche coloro che hanno una sfiducia nei politici tale da portarli a rinunciare, ad andare a votare. Unica eccezione secondo me deve riguardare chi non ha nessuna voglia, interesse o altro nel seguire ciò che questi uomini e donne (ancora troppo poche...) fanno per il paese in cui nel bene o nel male tutti viviamo. Meglio non votare che scegliere un candidato solo perchè lo si è visto di più in televisione, perchè ha i manifesti più colorati, e le promesse più attraenti.
In questo paese abbiamo bisogno di tante, tante cose, ma di politici simpatici e belli ma incapaci ne abbiamo già abbastanza. Ci servono persone che tentino di migliorare, al massimo delle loro potenzialità, le condizioni del paese in cui noi tutti viviamo.
Ognuno avrà le proprie motivazioni ad essere più o meno coinvolto nella vita politica, sociale ed economica del paese, e invito a discuterne magari commentando questo articolo ed esprimendo le proprie idee.
Lo so, non è molto soddisfacente scegliere tra il “peggiore” e il “leggermente meno peggio”...ma questa deve essere solo la prima fase della partecipazione democratica.
Fatto il primo passo, si ci può quindi accomodare in poltrona, o sedia se preferite, ma rimboccarsi le maniche e dire: “Ok, il primo passo è fatto, ora tocca a me”.
*Art. 49: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
sabato 11 marzo 2006
Persiani smarriti
Oggi si sente molto parlare del fascino che la politica esercita sul popolo, confermato anche dall'audience che i programmi televisivi, dove se ne discute, ricevono.
Mi farebbe piacere parlare, con voi utenti, di come vedete quella gente, tutta bella lì con la giacca e la cravatta, tutta bella pulita, magari anche col fondotinta. Secondo voi sono davvero l'espressione, la rappresentanza del popolo italiano?
Personalmente non mi sento ne' rappresentato ne' contento di essere italiano...
Tanto per dirne una, l'Italia è la nazione col maggior numero di opere artistiche, e detiene la gran parte dei beni mondiali secondo l'Unesco, abbiamo più di 2 mila anni di storia, abbiamo avuto grandi protagonisti nelle rivoluzioni scientifiche della storia ed oggi ci tocca subire questi qui.
Cosa penserebbe secondo voi il caro persiano delle lettere di Montesquieu se arrivasse in Italia oggi, magari passando per la Lombardia, e scambiasse un paio di battute con i Verdi di destra, i fautori del suolo libero, della Padania Libera, della Gioventù Padana (bella parola la gioventù, ma usata in questo contesto mi rimanda indietro di 60 anni, mica anche i leghisti vogliono difendere la loro Padania con giovani in Bici armati di bazooka?) che idea, se ne farebbe della nostra cara Italia? Forse penserebbe di essere rimasto in Iran, e non di essere in un paese "democratico"... Ma che sciocco sono stato, siccome è un immigrato, in fondo non sarebbe degno di essere sul suolo italiano!
Secondo me, i leghisti rappresentano tutto quello di cui l'Italia non ha bisogno! Basta nascondersi dietro ad un finto federalismo, tanto per tenersi buoni gli alleati, o meglio i compagni di merenda,quando poi nei loro comizi parlano di Padania Libera, di una entità geografica politica che non esiste e che non è mai esistita, il popolo padano non esiste.
La cosa che più mi inquieta non sono tanto i leghisti, perché se uno li vuole ascoltare li ascolta, se uno non vuole non lo fa; il problema vero secondo me è come si comportano gli altri politici con idee nazionali, partiti che dovrebbero tutelare l'interesse nazionale ed invece per pura, schifossima convenienza, si addormentano, e fanno addormentare per far dimenticare! Basta con la politica della convenienza sia a destra che a sinistra, si alla politica di interesse verso il nostro paese intero!
Mi farebbe piacere parlare, con voi utenti, di come vedete quella gente, tutta bella lì con la giacca e la cravatta, tutta bella pulita, magari anche col fondotinta. Secondo voi sono davvero l'espressione, la rappresentanza del popolo italiano?
Personalmente non mi sento ne' rappresentato ne' contento di essere italiano...
Tanto per dirne una, l'Italia è la nazione col maggior numero di opere artistiche, e detiene la gran parte dei beni mondiali secondo l'Unesco, abbiamo più di 2 mila anni di storia, abbiamo avuto grandi protagonisti nelle rivoluzioni scientifiche della storia ed oggi ci tocca subire questi qui.
Cosa penserebbe secondo voi il caro persiano delle lettere di Montesquieu se arrivasse in Italia oggi, magari passando per la Lombardia, e scambiasse un paio di battute con i Verdi di destra, i fautori del suolo libero, della Padania Libera, della Gioventù Padana (bella parola la gioventù, ma usata in questo contesto mi rimanda indietro di 60 anni, mica anche i leghisti vogliono difendere la loro Padania con giovani in Bici armati di bazooka?) che idea, se ne farebbe della nostra cara Italia? Forse penserebbe di essere rimasto in Iran, e non di essere in un paese "democratico"... Ma che sciocco sono stato, siccome è un immigrato, in fondo non sarebbe degno di essere sul suolo italiano!
Secondo me, i leghisti rappresentano tutto quello di cui l'Italia non ha bisogno! Basta nascondersi dietro ad un finto federalismo, tanto per tenersi buoni gli alleati, o meglio i compagni di merenda,quando poi nei loro comizi parlano di Padania Libera, di una entità geografica politica che non esiste e che non è mai esistita, il popolo padano non esiste.
La cosa che più mi inquieta non sono tanto i leghisti, perché se uno li vuole ascoltare li ascolta, se uno non vuole non lo fa; il problema vero secondo me è come si comportano gli altri politici con idee nazionali, partiti che dovrebbero tutelare l'interesse nazionale ed invece per pura, schifossima convenienza, si addormentano, e fanno addormentare per far dimenticare! Basta con la politica della convenienza sia a destra che a sinistra, si alla politica di interesse verso il nostro paese intero!
domenica 5 marzo 2006
Recensione: La fabbrica del consenso - Noam Chomsky
Questo libro rappresenta una delle analisi più approfondite e analitiche sul ruolo che hanno i mezzi d'informazione di massa nella propaganda politica e nella formazione delle opinioni. Troppo spesso questo delicato e fondamentale argomento è affrontato in modo banale, strumentale e generico, agitando nel lettore una paurosa idea di complotti e censure accuratamente guidate da un qualche misterioso individuo con un immenso potere. La realtà invece è più semplice, ma subdola.
In questo saggio, Noam Chomsky e Edward S. Herman, delineano un chiaro quadro spiegando il modo in cui i mass-media contribuiscono a creare un efficace modello di propaganda a favore di quegli interessi forti che influenzano tutta la società, il tutto senza esplicite censure come poteva avvenire in regimi autoritari o totalitari.
Il meccanismo attraverso cui tutto ciò avviene quotidianamente, plasmando le idee della popolazione soggetta alle informazioni e orientandone il consenso, si basa su una serie di “filtri”, analizzati con cura dagli autori nei primi capitoli del libro. Questo modello è prontamente messo alla prova nel resto del libro in cui, giornali alla mano, i due intellettuali dimostrano in modo puntuale e preciso come questo meccanismo di filtri sia stato efficiente, illustrando diversi esempi tratti dalla storia contemporanea.
Dal modo in cui sono state descritte dalla stampa americana le elezioni libere e la repressione governativa in Nicaragua e in El Salvador, all'invasione americana in Vietnam, e tanti altri episodi di rilevanza internazionale, si delinea una situazione che non può far altro che sbalordire il lettore, e aprire la mente, fornendo un potentissimo strumento per poter considerare in modo diverso e attento le informazioni che ogni giorno ci vengono proposte attraverso i media. Che è poi l'aspetto più importante che contribuisce a rendere l'uomo autonomo intellettualmente.
A conclusione della edizione italiana del libro si può leggere un saggio di due giornalisti, Paolozzi e Leiss, che fanno il punto della situazione sull'informazione in Italia, esaminando i giornali e i media italiani e studiandone il comportamento in occasione di vari fatti politici e di cronaca degli ultimi anni.
Leggere questo libro significa cambiare il proprio modo di pensare la società, e in particolare i rapporti tra potere e mezzi di comunicazione, e mettere un primo tassello sulla strada (delineata nel nostro editoriale d'apertura) per raggiungere “l'isola di krino”.
ISBN 88-438-0178-3
Editore: Marco Tropea Editore
Pubblicazione: Novembre 1998
Collana: LE QUERCE
Costo: € 23,80
Pagine: 508
In questo saggio, Noam Chomsky e Edward S. Herman, delineano un chiaro quadro spiegando il modo in cui i mass-media contribuiscono a creare un efficace modello di propaganda a favore di quegli interessi forti che influenzano tutta la società, il tutto senza esplicite censure come poteva avvenire in regimi autoritari o totalitari.
Il meccanismo attraverso cui tutto ciò avviene quotidianamente, plasmando le idee della popolazione soggetta alle informazioni e orientandone il consenso, si basa su una serie di “filtri”, analizzati con cura dagli autori nei primi capitoli del libro. Questo modello è prontamente messo alla prova nel resto del libro in cui, giornali alla mano, i due intellettuali dimostrano in modo puntuale e preciso come questo meccanismo di filtri sia stato efficiente, illustrando diversi esempi tratti dalla storia contemporanea.
Dal modo in cui sono state descritte dalla stampa americana le elezioni libere e la repressione governativa in Nicaragua e in El Salvador, all'invasione americana in Vietnam, e tanti altri episodi di rilevanza internazionale, si delinea una situazione che non può far altro che sbalordire il lettore, e aprire la mente, fornendo un potentissimo strumento per poter considerare in modo diverso e attento le informazioni che ogni giorno ci vengono proposte attraverso i media. Che è poi l'aspetto più importante che contribuisce a rendere l'uomo autonomo intellettualmente.
A conclusione della edizione italiana del libro si può leggere un saggio di due giornalisti, Paolozzi e Leiss, che fanno il punto della situazione sull'informazione in Italia, esaminando i giornali e i media italiani e studiandone il comportamento in occasione di vari fatti politici e di cronaca degli ultimi anni.
Leggere questo libro significa cambiare il proprio modo di pensare la società, e in particolare i rapporti tra potere e mezzi di comunicazione, e mettere un primo tassello sulla strada (delineata nel nostro editoriale d'apertura) per raggiungere “l'isola di krino”.
ISBN 88-438-0178-3
Editore: Marco Tropea Editore
Pubblicazione: Novembre 1998
Collana: LE QUERCE
Costo: € 23,80
Pagine: 508
La redazione - chi siamo
Dopo il lungo (ma speriamo interessante) editoriale, veniamo ad introdurre, molto brevemente, i membri della redazione, che porteranno avanti questo progetto.
ShaiKailash (Da Shai, divinità primordiale egizia, e Kailash, monte sacro del Tibet) Gli amici solitamente mi definiscono un ragazzo strano, Io mi ritengo semplicemente una persona che prima di giungere a conclusioni riflette un po' più del normale, seguendo il famoso motto einsteniano " Non credo a nessuno finchè non ho capito tutto da me". Adoro leggere libri e articoli sui tanti argomenti che destano il mio interesse; soprattutto, utilizzo continuamente internet come strumento di ricerca, verifica e crescita personale, oltre che come strumento di discussione e condivisione delle idee. Credo che la piena realizzazione di un essere umano non possa prescindere da una solida e consapevole cultura personale e dall'uso continuo e attivo della nostra intelligenza. Sono fermamente convinto della possibilità di cambiare le regole che attualmente governano questo mondo, e credo che il primo passo è fornire le persone di strumenti adatti a filtrare e costruirsi autonomamente la propria cultura e personalità.
Se c'è un intellettuale che più ha influenzato il mio modo di osservare la società che ci circonda, questo è senza dubbio Noam Chomsky, da cui ho appreso il modo di argomentare in modo dettagliato le proprie interpretazioni.
Aerelin Non ho la più pallida idea di cosa dire di me. Ho sempre odiato fare autodescrizioni, perché non so mai che dire, perché sono molto negativa nei miei confronti, perché ho la fortissima convinzione che tutta la sfilza di aggettivi che una persona si appiccica addosso sono una mera illusione (la modestia è dono di pochi). Nessuno si vede come lo vedono gli altri, e non tutti ti vedono allo stesso modo. Quindi perché ciarlare su come si è o come non si è? Chi vuole, può scoprirmi pian piano, sempre se riesce a vedere oltre il muro di cinta che mi son costruita. Non per cattiveria, senso di superiorità od altro, semplicemente perché più è morbido e debole il "cuore" che ci sta dentro, più devono essere spesse le difese che lo ricoprono. E così passo per un tipo taciturno, timido all'ennesima potenza, apparentemente distaccato e così via. Ma chi guarda solo superficialmente, chi etichetta alla prima occhiata e si ferma qui, non può certo dire di conoscere effettivamente qualcuno. Il che sinceramente, non è una grande perdita (anzi) né per loro, né per me. "Pochi ma buoni" è il mio motto preferito, non solo in questo campo. Concludendo, chi avrà il gran coraggio di scambiare qualche parolina con me, scoprirà ben altro di questa bizzarra personalità che nemmeno io oso descrivere.
Fake Plastic Tree (canzone dei Radiohead, che altro sennò!)
So che sembrerà banale ma arrovellarmi il cervello non mi ha mai portato a grandi risultati. è per questo che scelgo di lasciarmi rappresentare da una canzone, per sua stessa natura, espressione di un cambiamento in chi per una vita intera ha scelto la complessità come traguardo e non valutando gli effetti collaterali che essa ha in termini di distanza dal mondo e da quei bisogni elementari che muovono ognuno di noi.
Spero che potremo avvalerci del reciproco apporto nel recupero di queste cose attraverso il blog l'isola di krino. I suoi membri ora come in passato si distinguono per profondità ed esaustività dedicate all'affrontare ciascuna tematica nel rispetto dell'individuo e della sua propria intelligenza e sensibilità. ce n'è per tutti i gusti: dalla vivace sobrietà di individui del calibro di TenderSurrender all' impeccabile moderatezza nei toni di LuthienTinuvie, per sconfinare nella luminosa saggezza di ShaiKailash. ne segue che per ogni reale esigenza c'è solo Aerelin come affidabile ancora a cui rivolgersi dal momento che io stesso sconsiglio le mie eventuali perle di filosofia o psicologia, affinate, ormai, dagli anni di militanza in queste discipline....
...but gravity always wins
T3nd3rSurr3nd3r Salve ragazzi. Come avrete modo di capire sono un grande appassionato di musica, e il mio nick infatti è dedicato ad un pezzo di Steve Vai, il mio chitarrista preferito, che considero un concentrato di adrenalina pura. Studio Relazioni Internazionali a Napoli, e mi ritengo fortunato perché ciò mi permette di stare sempre in contatto con i miei cari e di non trascurare la rock band! Tra le mie altre passioni c'è quella dell'indagine, ma su cosa, direte voi?
Sulla realtà del mondo e le sue contraddizioni, sui suoi misteri, sulle sue bugie. Cercherò di analizzare soprattutto la realtà contemporanea, il mondo dei mass media e il mercato globale. Molti di questi temi, tra l'altro, sono collocabili entro un discorso generale, altri saranno più specifici e tratteranno di politica, spettacolo e musica.
Penso che avere la possibilità di comunicare sempre, in ogni momento, i nostri pensieri e punti di vista sulla realtà che ci circonda, su tutto ciò che riguarda il nostro mondo e soprattutto il nostro futuro, sia una grande cosa. E questo spazio web è creato appositamente per poterci confrontare e dibattere per l'appunto sui più disparati argomenti, dalla politica all' economia, dallo spettacolo al cinema e qualsiasi altro tema avrà il suo spazio e il suo approfondimento. Detto questo, non resta che darci appuntamento sul blog, sperando che apprezzerete i miei contributi.
“Disapprovo ciò che dici, ma difenderò alla morte il tuo diritto di dirlo” (Voltaire)
LuthienTinuvie Beh che dire di me, sono semplicemente un ragazzo di poche parole e la comunicazione non è il mio forte...quindi sarò breve.
Credo che oggi l'informazione sui media praticamente non esista, o meglio, non quella che mi interessa e dovrebbe interessare la popolazione; ci sono cose leggermente più importanti da sapere rispetto a chi è uscito dalla casa del grande fratello, alle ultime tendenze della D&G o se Del Piero andrà o meno in nazionale.
Per questo motivo ho deciso di collaborare con tutti i limiti imposti dallo studio universitario, alla creazione di un posto dove la gente può dire la sua e parlare di ciò che gli interessa realmente...
Sono molto orgoglioso di poter stare al fianco di persone come T3nd3rSurr3nd3r, FakePlasticTree e ShaiKailash, con cui ho condiviso la mia adolescenza e gli anni di liceo...la mia presenza è fondamentale per portare un pò di scienza in mezzo a questi “grandi filosofi"
Studio Geologia all'università di Pisa, è un po' dura ma enormemente affascinante...inoltre questo tipo di studi mi ha permesso di vedere la natura da tutt'altro punto di vista, ed è mia intenzione proporlo anche a voi utenti; per vivere meglio sulla terra basta solo un po' più di riconoscenza nei suoi confronti!
“la terra è piu nobile del mondo che le abbiamo costruito sopra” (john Boynton Priestley)
Se c'è un intellettuale che più ha influenzato il mio modo di osservare la società che ci circonda, questo è senza dubbio Noam Chomsky, da cui ho appreso il modo di argomentare in modo dettagliato le proprie interpretazioni.
So che sembrerà banale ma arrovellarmi il cervello non mi ha mai portato a grandi risultati. è per questo che scelgo di lasciarmi rappresentare da una canzone, per sua stessa natura, espressione di un cambiamento in chi per una vita intera ha scelto la complessità come traguardo e non valutando gli effetti collaterali che essa ha in termini di distanza dal mondo e da quei bisogni elementari che muovono ognuno di noi.
Spero che potremo avvalerci del reciproco apporto nel recupero di queste cose attraverso il blog l'isola di krino. I suoi membri ora come in passato si distinguono per profondità ed esaustività dedicate all'affrontare ciascuna tematica nel rispetto dell'individuo e della sua propria intelligenza e sensibilità. ce n'è per tutti i gusti: dalla vivace sobrietà di individui del calibro di TenderSurrender all' impeccabile moderatezza nei toni di LuthienTinuvie, per sconfinare nella luminosa saggezza di ShaiKailash. ne segue che per ogni reale esigenza c'è solo Aerelin come affidabile ancora a cui rivolgersi dal momento che io stesso sconsiglio le mie eventuali perle di filosofia o psicologia, affinate, ormai, dagli anni di militanza in queste discipline....
...but gravity always wins
Sulla realtà del mondo e le sue contraddizioni, sui suoi misteri, sulle sue bugie. Cercherò di analizzare soprattutto la realtà contemporanea, il mondo dei mass media e il mercato globale. Molti di questi temi, tra l'altro, sono collocabili entro un discorso generale, altri saranno più specifici e tratteranno di politica, spettacolo e musica.
Penso che avere la possibilità di comunicare sempre, in ogni momento, i nostri pensieri e punti di vista sulla realtà che ci circonda, su tutto ciò che riguarda il nostro mondo e soprattutto il nostro futuro, sia una grande cosa. E questo spazio web è creato appositamente per poterci confrontare e dibattere per l'appunto sui più disparati argomenti, dalla politica all' economia, dallo spettacolo al cinema e qualsiasi altro tema avrà il suo spazio e il suo approfondimento. Detto questo, non resta che darci appuntamento sul blog, sperando che apprezzerete i miei contributi.
“Disapprovo ciò che dici, ma difenderò alla morte il tuo diritto di dirlo” (Voltaire)
Credo che oggi l'informazione sui media praticamente non esista, o meglio, non quella che mi interessa e dovrebbe interessare la popolazione; ci sono cose leggermente più importanti da sapere rispetto a chi è uscito dalla casa del grande fratello, alle ultime tendenze della D&G o se Del Piero andrà o meno in nazionale.
Per questo motivo ho deciso di collaborare con tutti i limiti imposti dallo studio universitario, alla creazione di un posto dove la gente può dire la sua e parlare di ciò che gli interessa realmente...
Sono molto orgoglioso di poter stare al fianco di persone come T3nd3rSurr3nd3r, FakePlasticTree e ShaiKailash, con cui ho condiviso la mia adolescenza e gli anni di liceo...la mia presenza è fondamentale per portare un pò di scienza in mezzo a questi “grandi filosofi"
Studio Geologia all'università di Pisa, è un po' dura ma enormemente affascinante...inoltre questo tipo di studi mi ha permesso di vedere la natura da tutt'altro punto di vista, ed è mia intenzione proporlo anche a voi utenti; per vivere meglio sulla terra basta solo un po' più di riconoscenza nei suoi confronti!
“la terra è piu nobile del mondo che le abbiamo costruito sopra” (john Boynton Priestley)
Editoriale
...poi la strada la trovi da te, porta all'isola che non c'è...
L'informazione va costruita autonomamente. Non è vero che la verità non esiste, c'è e va cercata. Purtroppo ciò richiede un po' di lavoro in più rispetto ad accendere la TV od aprire un giornale e leggere le notizie pronte, ma inevitabilmente filtrate da qualcun altro per noi.
L'intera nostra vita, dall'infanzia alla vecchiaia, è quotidianamente influenzata da una massiccia dose di informazioni, proveniente dai più disparati mezzi di comunicazione. Il punto è che queste informazioni, quotidiane e continue,(non vanno semplicemente a far parte del nostro bagaglio culturale, o semplicemente dimenticate, ma in entrambi i casi) possono avere effetti affatto trascurabili sulla formazione della intera nostra personalità. A tal proposito si può citare un pensiero tratto da un intervista a Noam Chomsky:
“Fin dall’infanzia sei raggiunto dalla propaganda che ti dice che la tua vita, i tuoi valori, il tuo stato sociale dipendono da quanti beni inutili consumi. Così hai una famiglia lavoratrice; come sai marito e moglie lavorano per portare il cibo sulla tavola e i loro figli vogliono comprare qualsiasi cosa ci sia sebbene non gli serva o non la desiderino neppure.”
E questa è soltanto una delle infinite sfaccettature della nostra personalità, delle nostre abitudini quotidiane e del nostro modo di vivere, su cui troppo spesso non ci soffermiamo abbastanza, o per niente. Trascorriamo così la nostra intera vita facendo cose che ci sembrano normali, soltanto perché “le fanno tutti” ed è in gran parte la televisione e decretare ciò che è normale e cioè che è anormale, epiteto spesso presentato nella sua accezione negativa.
Spesso invece dietro le cose “anormali”, non comuni o stravaganti, c'è semplicemente una maggiore attenzione e riflessione; dietro un differente modo di pensare non c'è una persona strana o da isolare, ma semplicemente qualcuno che ha deciso di fare un passo importante (che a nostro parere dovrebbero fare tutti): fermarsi e riflettere.
E' questo ciò che manca nella società odierna, permeata di superficialità e banalità, costruita su “idee” e opinioni che provengono da personaggi sterili e spesso insulsi, ma che hanno ampia visibilità sui media e influenzano direttamente le personalità di tutti noi.
E allora cari lettori, la nostra domanda è questa: si può permettere che la nostra vita, il bene più prezioso che abbiamo, sia predeterminata e inquadrata in certi canoni e modelli di comportamento e di pensiero definiti, da altri, come “normali”?
La nostra risposta è naturalmente no; non è giusto permettere che siano altri a prendere le decisioni per noi, non possiamo delegare il nostro pensiero ad altri, in nessun campo e per nessuna ragione. Oggi viviamo invece in un mondo dove tutto ciò accade, spesso senza che ce accorgiamo, e dove tutti noi siamo portati a credere che possiamo, appunto, delegare la nostra capacità di giudicare autonomamente ad altri, che giudichino e pensino al posto nostro.
Giudicare vuol dire sottoporre a giudizio, valutare. Possiamo e dobbiamo farlo tutti, è un imperativo da non poter ignorare, soprattuto perché, e lo ricordo nuovamente, riguarda la nostra vita, e merita attenzione e priorità sempre.
Noi abbiamo deciso di fermarci e riflettere; tutto ciò non si riduce ad una sterile critica della società che ci circonda, ma intende proporsi come strumento di rinnovamento.
E' la conoscenza che deve promuovere un cambiamento, più o meno radicale che esso voglia essere. E la conoscenza non può dipendere solo da altri, non ci può essere proposta, preconfezionata e superficiale, come un dogma da accettare per fede, e non si può, in nessun modo, delegare ad altri. Per questo noi riteniamo fondamentale, e base per qualsiasi miglioramento della attuale situazione della società in cui viviamo, iniziare proprio dall'informazione, e diffondere una nuova coscienza basata sulla critica all'informazione e non ad una forma di accettazione passiva. L'autonomia e l'indipendenza, che solo un'informazione costruita da noi stessi può dare,deve essere il primo strumento di difesa e di costruzione di una società davvero libera ed autonoma.
L'immaginazione però non deve sembrare un elemento utopico, di un qualcosa che non si potrà realizzare mai, e per cui non conviene impegnare le proprie energie. Il sottotitolo del nostro blog è tratto da un verso di una canzone scritta nel 1980, stupenda a nostro parere, di Edoardo Bennato, intitolata “L'Isola che non c'è”, che possiamo considerare un po l'Inno di questo nostro progetto.
Naturalmente su questo blog troverete opinioni su molti e argomenti di ogni tipo, tante riflessioni personali e anche articoli più analitici, quando ci sarà tempo per farli. Infatti uno dei nostri obiettivi è cercare di presentare le nostre posizioni in modo oggettivo, rendendo possibile al lettore di verificare da sé le fonti, anche se naturalmente far ciò richiederà un lavoro più impegnativo.
Siamo un gruppo di studenti, cercheremo di mantenere un'attività costante ma non vi garantiamo nulla, soprattuto se siamo tutti in periodi di esame, ma comunque non dovrebbe accadere visto che siamo in 5. Gli articoli che troverete su questo blog voglio essere un modo di fare informazione, secondo le modalità e le finalità discusse finora, esprimere le nostre idee e soprattutto spronare la curiosità dei lettori proponendo argomenti su cui fermarsi, e riflettere. Saremo sempre aperti ai dibattiti, tutti possono commentare gli articoli e creare una discussione, o proporre approfondimenti e opinioni personali, dati, e quant'altro possa contribuire a cercare la strada che porta all'”isola di Krino”. Come è giusto che sia, potremo avere opinioni discordanti, sia all'interno della nostra redazione, sia con voi lettori; ed è questa componente apparentemente negativa, la discordia, che dobbiamo utilizzare in modo costruttivo per migliorarci, tutti, e ampliare le nostre vedute e soprattuto acquisire nuovi strumenti critici per analizzare, autonomamente, ciò che ci circonda, e valorizzare al massimo la qualità culturale della nostra vita. E' questa “la strada” che bisogna trovare da sé.
Edoardo Bennato - L'Isola che non c'è
Seconda stella a destra
questo è il cammino
e poi dritto, fino al mattino
poi la strada la trovi da te
porta all'isola che non c'è.
Forse questo ti sembrerà strano
ma la ragione
ti ha un po' preso la mano
ed ora sei quasi convinto che
non può esistere un'isola che non c'è
E a pensarci, che pazzia
è una favola, è solo fantasia
e chi è saggio, chi è maturo lo sa
non può esistere nella realtà!....
Son d'accordo con voi
non esiste una terra
dove non ci son santi né eroi
e se non ci son ladri
se non c'è mai la guerra
forse è proprio l'isola
che non c'è. che non c'è
E non è un'invenzione
e neanche un gioco di parole
se ci credi ti basta perché
poi la strada la trovi da te
Son d'accordo con voi
niente ladri e gendarmi
ma che razza di isola è?
Niente odio e violenza
né soldati né armi
forse è proprio l'isola
che non c'è.... che non c'è
Seconda stella a destra
questo è il cammino
e poi dritto, fino al mattino
poi la strada la trovi da te
porta all'isola che non c'è.
E ti prendono in giro
se continui a cercarla
ma non darti per vinto perché
chi ci ha già rinunciato
e ti ride alle spalle
forse è ancora più pazzo di te
Seconda stella a destra
questo è il cammino
e poi dritto, fino al mattino
poi la strada la trovi da te
porta all'isola che non c'è.
Forse questo ti sembrerà strano
ma la ragione
ti ha un po' preso la mano
ed ora sei quasi convinto che
non può esistere un'isola che non c'è
E a pensarci, che pazzia
è una favola, è solo fantasia
e chi è saggio, chi è maturo lo sa
non può esistere nella realtà!....
Son d'accordo con voi
non esiste una terra
dove non ci son santi né eroi
e se non ci son ladri
se non c'è mai la guerra
forse è proprio l'isola
che non c'è. che non c'è
E non è un'invenzione
e neanche un gioco di parole
se ci credi ti basta perché
poi la strada la trovi da te
Son d'accordo con voi
niente ladri e gendarmi
ma che razza di isola è?
Niente odio e violenza
né soldati né armi
forse è proprio l'isola
che non c'è.... che non c'è
Seconda stella a destra
questo è il cammino
e poi dritto, fino al mattino
poi la strada la trovi da te
porta all'isola che non c'è.
E ti prendono in giro
se continui a cercarla
ma non darti per vinto perché
chi ci ha già rinunciato
e ti ride alle spalle
forse è ancora più pazzo di te
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