L'essere umano nasce predisposto all'uso della parola, il suo emisfero sinistro (in altri casi il destro: la lateralizzazione delle funzioni cerebrali è relativa) sembra progettato soprattuto per questo scopo. I dizionari italiani sono stracolmi di sinonimi e contrari, sostantivi ed aggettivi: possiamo scegliere tra più modi diversi per definire lo stesso concetto. E' proprio la parola che ci distingue da tutto il regno animale, la capacità di formare discorsi più o meno articolati ci ha sempre dato la convinzione di essere superiori a qualsiasi altra creatura vivente sul pianeta terra. Ma se così non fosse?Con le parole si possono raggiungere alte forme descrittive, si possono dipingere mille sfumature su quella tela che può essere un foglio di quaderno, un foglio elettronico o, più semplicemente, l'aria in cui queste si spargono. Primo esempio tra tutti, le poesie, un tempo opere imbrigliate in strette regole da rispettare ferreamente, ora più semplicemente parole in sequenze di versi più o meno lunghe, con o senza rime. Ma la poesia, o qualsiasi altro componimento, nella maggior parte dei casi non nasce spontaneamente, ha bisogno di ispirazione, di una meditazione (più o meno lunga) per riformulare in parole quello che si prova, quelle emozioni e quelle realtà che si deve descrivere e che si vuole trasmettere.
Nel concetto comune e nella vita di tutti i giorni, invece, la parola serve per comunicare con gli altri in questa società sempre più complessa, ma sempre più spesso di tratta di parole di circostanza, vuote, usate solo per convenzione. Un esempio che salta subito in mente, è quello delle abbreviazioni che tanto vanno di moda in questi anni, tra le quali spicca indiscussa la forma tvb, nata per recuperare spazio negli sms, che è acronimo di Ti Voglio Bene. Eppure, per quel che mi è capitato di vedere, se ne abbonda, in ogni messaggio se ne infila uno, quasi fosse anche questa una convenzione -non ti voglio veramente bene, lo scrivo solo perché è un riflesso condizionato- e questo la svuota del suo significato, la rende sterile ed inutile, fa sprecare ben tre lettere nello scrivere un sms. Non è certo l'unico esempio, nonostante dipenda esclusivamente dalle persone in questione, ma la tendenza generale ormai è questa. Son ben pochi coloro che usano la parola con cognizione di causa: parlare è così naturale che nessuno ci fa più caso.
La parola è universale, tutti la usano, ma non con lo stesso idioma. Questo è un grande ostacolo per la comunicazione globale, così tanto da dover usare convenzionalmente una lingua come internazionale. Vengono anche create delle "classi" di traduttori, per traslitterare testi nella propria lingua, ma ciò inevitabilmente impoverisce ogni composizione: qualsiasi lingua ha il suo ritmo, la sua cadenza e proprio per questo chi scrive effettua una scelta ben ponderata su quale termine usare piuttosto di un altro. I traduttori, per quanti sforzi possano compiere, non saranno mai in grado di render giustizia ad un testo in lingua originale.
Dopo tutte queste considerazioni, pensate ancora sia così indispensabile la parola? È questo che ci rende esseri superiori? Questi suoni che sono pronti ad abbandonarci quando siamo in preda a forti stati emotivi? Felicità, tristezza, rabbia, disperazione: alcuni esempi di ciò che ci lascia senza parole. Perché le parole non servono a nulla quando ci sono di mezzo le emozioni. Basta uno sguardo per sentire confluire dentro di se ciò che l'altro trasmette. Che dire invece quando proviamo a trasformare in parole ciò che ci ha colpito, positivamente o negativamente? Quando cerchiamo di far uscire dalla bocca ciò che si dibatte nel cuore? In questo breve tragitto le emozioni si raffreddano, le parole le spogliano. Raramente siamo soddisfatti del risultato della descrizione. Semplicemente riduttiva, limitata, addirittura inappropriata in alcuni casi. Al contrario, il linguaggio emotivo è unico, mondiale, non fa distinzione tra animali e uomini, non mente, non è mai vuoto, sempre istintivo. Ed è quello che si dovrebbe ascoltare, ma oramai sembra che siamo tutti ciechi, non si riesce più a leggere i sentimenti altrui. Eppure dovrebbe esser così semplice capirsi in questo modo. Inutile arrovellarsi, la parte del cervello dedicata a questo pare si stia atrofizzando.
Quello che vorrei trasmettere con questo articolo non è certo che possiamo anche smettere di comunicare utilizzando il linguaggio verbale, ma che questo è solo una piccola parte di ciò che serve per “parlare” davvero. Di per se la comunicazione verbale è inutile. È bene dunque tenere a mente una cosa: le parole, figlie della logica, sono solo serve delle emozioni, figlie dell'istinto.
Aerelin
Bell'articolo, quanto scrivi è molto appropriato inserito nel contesto del mondo in cui viviamo.
RispondiEliminaLa parola, immenso dono della natura, si è trasformata in un mezzo o mezzuccio per gli arrampicatori e per quelli in cerca di gloria televisiva.In una realtà dove tutti parlano e straparlano a sproposito, esortati da "imbonitori" di bassa lega, a spararla più grossa per fare cagnara a più non posso e fare audience ad ogni costo.
Dov'è finito il vero senso della parola?
Forse è come scrivi tu:è diventata inutile.
Maury
bell'articolo,meglio che un uomo prima di parlare impara ad ascoltare!
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