Obama...Osama...Hussein...Saddam? Il nome lascia spazio all'immaginazione, è "piccolo e nero", ma Barack Hussein Obama sta correndo alle presidenziali rivoluzionando gli Stati Uniti d'America; sarà il primo presidente nero? Forse, ma anche se fosse sconfitto a sostituirlo non sarebbe un tipico presidente bianco, bensì una donna, Hillary Clinton.
E' chiaro che gli USA stanno, consapevolmente o no, cercando di incrinare quella storica abitudine ad avere solo presidenti maschi e bianchi, cosa che non sorprende data la connotazione in parte razzista e sessista della società americana [1], come rilevato da una certa mole di articoli e commenti sull'argomento.[2,3]
D'altronde in un paese dove le imprese private, controllate per la maggiore da maschi bianchi, dettano legge, non c'è da meravigliarsene.
Mi inserisco anche io tra i sostenitori di Obama, non solo per questo motivo, ma per curiosità. Finora ho ritenuto che le differenze nella politica dei democratici e dei repubblicani non siano tali da giustificare campagne elettorali milionarie, dal momento che qualunque candidato avesse vinto sarebbe stato costretto comunque a portare avanti determinate scelte politiche, soprattutto in campo economico. Mi piace citare un pensiero di Noam Chomsky, che con una solida base teorica alle spalle afferma:
“Vedete, finché ci sarà il controllo privato dell'economia non importano le forme di governo, perché i governi sono impotenti. Si potranno avere partiti a cui la gente aderisce mobilitandosi per determinare una linea d'azione, ma sulla politica questo avrà sempre un ruolo assolutamente marginale. Il fatto è che il potere sta sempre altrove”.
Insomma, nessuna differenza sostanziale, e solo diverse politiche superficiali per giustificare la presenza di due partiti e dare un senso formale alla democrazia.
Può sembrare una visione estrema, ma è confermata da un'analisi soprattutto della politica estera statunitense del secolo appena trascorso: nè il presidente più democratico nè quello repubblicano hanno mai tolto il loro supporto, ad esempio in america latina, ai regimi dittatoriali che permettevano alle imprese americane di sfruttare le risorse dei paese a scapito della popolazione.
Obama ha preso posizioni importanti, distinguendosi anche dalla collega democratica Hillary; quella che più mi ha colpito riguarda la volontà di ammorbidire l'embargo economico che da 45 anni ostacola l'indipendenza e il libero sviluppo di Cuba [4] e di normalizzare i rapporti tra i due Stati. Chi conosce la storia statunitense sà che non è una decisione da poco, ma radicale e innovativa.
Dietro una posizione del genere c'è più che il particolare rapporto tra Cuba, paese socialista, e gli Stati Uniti, patria del liberismo. L'embargo rappresentava nient'altro che l'intolleranza, e anche la prepotenza, che gli Stati Uniti avevano nei confronti di un paese che con tutti i suoi difetti aveva deciso di scegliere un diverso modello di sviluppo ed era stato punito per questo.
L'ONU vota annualmente per togliere l'embargo su Cuba, che è illegale, e puntualmente gli USA pongono il veto opponendosi alla volontà di tutte le altre nazioni del mondo. Se Obama vincerà forse l'anno prossimo avremo qualche sorpresa, chissà.
Note
[1] http://en.wikipedia.org/wiki/Racism_in_the_United_States
[2] http://www.citylights.com/book/?GCOI=87286100508640&fa=author&person_id=4975&publishergcoicode=87286
[3] http://www.zmag.org/sustainers/content/2007-02/11jensen.cfm
[4] http://www.zmag.org/italy/herrera-embargocuba.htm
http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/esteri/cuba-embargo/cuba-embargo/cuba-embargo.html
In una dura canzone contro gli USA, il cantante Morrissey diceva che la sua avversione non sarebbe passata fin quando non avessero eletto un presidente "black, female or gay". Non so se McCain sia gay, ma una delle prime due possibilità, se vincono i democratici, si realizzerà.
RispondiEliminabella citazione :) Dopo un periodo in cui sembrava che Obama avesse la vittoria in pungo, ora la situazione è di nuovo in bilico. Staremo a vedere...
RispondiElimina