26 Giugno 2006, era un caldo ed afoso pomeriggio qui nella pianura padana. La ventola del computer faceva del suo meglio per raffreddare gli spiriti bollenti del processore, e il modem, nonostante la calura, faceva il suo lavoro tenendomi aggiornato costantemente sugli scrutini del referendum. Una volta tanto il sito del ministero degli interni ha pensato agli utenti, funzionava tutto alla perfezione senza un minimo rallentamento. Si stavano ormai concludendo gli scrutini, che avrebbero decretato la netta vittoria del No, con 61,3% di votanti contro un 38,7% di Sì. Il 53,7% degli aventi diritto al voto si è espresso su uno dei referendum più importanti degli ultimi decenni. Qui non si trattava di qualche leggina, o qualche diritto civile, ma di una cosa chiamata Costituzione. Ce ne stavamo dimenticando dopo 5 anni di un governo che la considerava una “palla al piede”.
Il rumore del traffico venne all'improvviso scosso da urla scomposte, cori da stadio, motociclisti e guidatori impazziti che suonavano all'impazzata il clacson.
Che accadeva?
Qualcuno mi informò che l'Italia aveva appena vinto la partita contro l'Australia...Sarà stato il caldo, ma ho chiuso gli occhi e, cercando di isolarmi da quelle grida forsennate, per un attimo ho voluto immaginare un mondo dove le persone festeggiassero in quel modo non per un gioco in cui 11 milionari straviziati e spesso ignoranti rincorrono una sfera, ma per una importante vittoria per la loro Repubblica e il loro paese.
Per un attimo ho immaginato la gente nei bar, nelle sale, a discutere di democrazia, uguaglianza, cultura, ad organizzarsi per aiutarsi reciprocamente, a cercare insieme di capire cosa non va nel mondo, e cosa si può fare per cambiarlo, e non a giocare al fantacalcio e a fare scommesse.
Per un attimo ho immaginato un mondo in cui 22 persone, di ogni sesso, si riuniscono in un piccolo campetto di una piccola parrocchia di paese per giocare loro direttamente a calcio, muoversi e fare sport, divertirsi, e dopo la partita radunarsi e parlare, scambiarsi idee e opinioni, e non stare 90 minuti davanti ad una scatola nera che emana radiazione e immagini, e risucchia, come un buco nero, quella poca cultura e immaginazione che ci rimane. O peggio andare allo stadio a lanciare sedili e lacrimogeni.
Un mondo in cui lo sport sia una parte importante della vita, ma non l'unico interesse “culturale” per milioni e milioni di persone, indifferenti a tutto il resto.
Ho riaperto gli occhi, mentre gli schiamazzi continuavano; sarebbero andati avanti per ancora qualche ora.
Il giorno dopo, leggendo il quotidiano, ho scoperto che il Tg2 delle 13 aveva dedicato 7 minuti e mezzo alla partita di calcio e 3 minuti e mezzo al risultato del referendum. E lo share per la partita di lunedi pomeriggio è stato dell'80%, mentre la partecipazione elettorale, lo ricordo, del 53,7%.
Non sarebbe il caso di pensare un po' più al paese in cui viviamo tutti i giorni e che non è in una situazione del tutto piacevole, invece di concentrare gran parte delle energie in un'attività che resta comunque un gioco? Cari lettori, calciofili e calciofobi, a voi la parola.
Bell'articolo come sempre anche se un pò troppo pessimista se me lo concedi.
RispondiEliminaIl referendum purtroppo è coinciso con il giorno della partita di un mondiale.Che per i calciofili come li chiamo tu non è avvenimento di tutti i giorni.Il calcio ha questo potere si sa nel bene e nel male.Potrebbe essere usato come messaggiero di solidarietà molto ma molto di più di come viene occasionalemnte fatto ma purtroppo sappiamo che non è così.Tu mi conosci e te lo raccontai giusto un anno fa,per la mia squadra del cuore ho lottato e ho rischato pure le manganellate della polizia e di dissi pure come era strano il fatto che una vicenda calcistica potesse smuovere e determinare tanta gente mentre altre cose ben più importanti sembrano lasciare il tempo che trovano finendo rapidamente in secondo piano.Ma così è la vita purtroppo.Io pur essendo un tifoso tiepido della nazionale ti chiedo di non essere troppo severo nel tuo giudizio verso quei tifosi e appassionati anche un pò traditi dalle note vicende di calciopoli che si illudono che con qualche ora di festa si possa dimenticare la reale e direi miserevole condizione socio intellettuale della vita odierna.
Alla fine del mondiale si risveglieranno e avranno da fare i loro conti e le loro considerazioni sempre che ne siano in grado.
ciao
Maury :)
Ciao Maury, e grazie dell'intervento che mi permette di fare alcune precisazioni in risposta alle tue osservazioni, che condivido e faccio mie in modo costruttivo, e che ho naturalmente molto apprezzato.
RispondiEliminaSono d'accordo con te, il tono dell'articolo è "pessimista" e certamente traspare una critica verso chi, dopo la vittoria della nazionale, esterna la propria felicità in modo un po' troppo "esplosivo" potremmo dire ^^. La mia intenzione nascosta non era però di invitare ad abolire del tutto tali pratiche, che esistono, esisteranno e sono parte integrante dello sport. Da sportivo, ma non calciofilo, posso confermarlo. In fondo sono momenti di incontenibile gioia, sarebbe sbagliato reprimerli e non era questo il mio invito di fondo. Le mie parole puntavano piuttosto a far riflettere sul problema di chi resta indifferente ai momenti importanti di un paese, o peggio alle vicende che ogni giorno accadono del mondo e che ci riguardano indirettamente e non.
Stavolta è capitato al calcio il ruolo di "distrattore sociale", ma è solo un caso che i risultati del referendum siano capitati contemporaneamente al risultato della partita dei mondiali. E da lì è partita la riflessione ;)
Per concludere, come mi sembra di aver detto nell'articolo, non dico certo che vadano abolite tutte le attività diverse dall'impegno sociale/politico. Ribadisco che lo sport deve essere un momento fondamentale della vita di ognuno, ma il mio personale invito era a viverlo un po' più in prima persona, senza passare per questi eventi sempre più commerciali, e soprattutto di non farne una ragione di vita, perchè ci sono cose molto più importanti e che riguardano tutti, calciofili e non ;)
Grazie ancora del commento ^^
Certo condivido in pieno questa tua ultima analisi dell'articolo e le mie erano semplici osservazioni per altro nemmeno critiche in quanto in verità non vedo come possa essere criticato un articolo che in fin dei conti descrive esattamente la situazone nell'occasione citata.Semmai volevo rimarcare il fatto (concetto comunque da te già bene espresso) che a fronte di una mera vittoria calcistica ogni cosa passa in secondo piano in questo nostro paese che a volte si comporta come un paese da operetta (in realtà credevo che qualcosa potesse cambiare ma anche se siamo solo all'inizio io non riesco a decifrare segnali positivi)quale sia la parte politica al potere,dove ognuno si sente intellettuale a modo suo e che usa la sua padronanza dialettica per infangare l'avversario di turno.
RispondiEliminaResta il fatto che lo strumento del referendum,massimo organo democratico di un paese moderno sia stato ancora una volta un fallimento perchè non sentito proprio dalla gente che lo dovrebbe usare per suo diritto e dovere.Questa volta un effetto almeno di cifre si è avuto perchè non c'era il vincolo del quorum e questa è stata un'altra trovata per poter mettere in condizione chi vinceva (termine che odio in politica dove dovrebbero prevalere gli interessi del popolo e non di una squadra) di stombazzare a destra e sinistra i soliti e noiosi bla,bla...
Per questo penso che se gli italiani non hanno una certa cultura per poter valutare i poteri che possono esercitare sulla classe politica difficilmente potranno mettere un risultato di un referendum davanti al risultato della nazionale di calcio.Anche se onestamente io faccio molta fatica a sentirmi rappresentato da una nazionale che in qualche modo incarna quel mondo marcio che tutti ormai anche i meno calciofili dovrebbero aver imparato a conoscere.
un abbraccio
Maury :)
Due brevi considerazioni
RispondiElimina1-La politica oggi è poco seguita dai giovani e dovremmo tutti chiederci come mai.
2-Il calcio può essere veicolo di messaggi positivi, come pace e speranza. Ma il passaggio dal "può essere" al "è" bisogna ancora compierlo. Troppi soldi e troppi vizi per giocatori miliardari e ignoranti.
Personalmente credo che tutta questa esaltazione popolare testimoni un triste andazio.
3- Detto questo, w l' Italia.
Non solo quella calcistica però.