sabato 29 settembre 2007

Per una Birmania migliore

E' trascorso un lungo periodo di pausa. Me ne scuso, ma periodi di riflessione sono sempre necessari, soprattutto quando si ha la possibilità di farlo dal momento che questo non è un lavoro. Negli ultimi periodi prima della sospensione, le visite al blog sono state molto basse, e questo non ha certo aiutato. In diverse occasioni ho invitato a scrivere al nostro indirizzo di posta (isoladikrino@gmail.com), inviando commenti e consigli per migliorare il blog, ma purtroppo non ho mai ricevuto un email. Colgo l'occasione per invitare a scrivere, a dire cosa non piace, come migliorare, fare richieste su temi da affrontare, proporre una collaborazione, etc. Di blog pieni di chiacchiere, in cui ognuno esprime la propria opinione senza basarsi su fatti, ce ne sono fin troppi, e l'Isola di Krino vuole provare ad essere qualcosa di diverso e utile all'informazione, anche col vostro aiuto. Spero che questo fine venga apprezzato maggiormente.
Detto questo, ho deciso di riprendere l'attività parlando dei fatti in Birmania. Buona lettura. (L'Immagine è Copyright ANSA)





I fatti sono noti anche sulla stampa italiana. Nella ex-Birmania, ora Myanmar, nel sud est asiatico, è in corso una mobilitazione di monaci, studenti e gente comune, circa 50.000 secondo le stime, contro il regime militare al potere chiamato in modo piuttosto grottesco "Consiglio statale per la pace e lo sviluppo" (SPDC).

Le proteste sono iniziate da circa 10 giorni, ma nella sola giornata di ieri sono state uccise 9 persone dai militari che stanno tentando di reprimere duramente la rivolta. Secondo fonti locali, ormai i militari sparano ad altezza d'uomo, e negli ultimi giorni hanno sgomberato 6 monasteri, arrestando circa 850 monaci che si vanno ad aggiungere ai più dei 1000 detenuti politici rinchiusi nelle carceri del regime.[1] Possiamo immaginare il trattamento riservatogli, visto che nell'ultimo rapporto di Amnesty si parla di torture e maltrattamenti sistematici durante processi e interrogatori, e di precarie condizioni carcerarie, senza assistenza medica e un'alimentazione carente.[2]

Star dietro i numeri di questo scontro è però molto difficile, dal momento che le fonti primarie sono gli organi di informazione controllati dal regime militare, e quindi molto parziali. E contare su fonti indipendenti è sempre più impensabile. Uno degli aspetti più gravi di tutta la vicenda riguarda proprio il diritto all'informazione, negato brutalmente in questo paese. Certo, anche nei nostri paesi democratici siamo abituati al controllo dell'informazione, ai filtri, e alla propaganda. ma leggere che il regime militare Birmano sta uccidendo e scacciando tutti i giornalisti stranieri (ultimi morti un tedesco e un giapponese), oscurando blog, impedendo l'accesso ad internet, controllando le linee di cellulari, è qualcosa di troppo grave e, ritengo, sconcertante.

Nonostante questi fatti, un diplomatico anonimo del SPDC ha anche il coraggio di affermare che 'Il governo si sta impegnando a mostrarsi moderato nel rispondere alle provocazioni'. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se si fossero mostrati decisi nella risposta.[3]

La Birmania è sotto dittatura militare dal 1962, e l'attuale capo è il Generale Than Shwe. Nel 1990 la giunta militare concesse una sorta di elezioni fantocce, che furono stravinte dal Fronte di Aung San Suu Kyi con l'80% dei consensi, nonostante le minacce e i rastrellamenti da parte dell'esercito. Suu Kyi fu ricompensata con gli arresti domiciliari, che continuano ormai da 12 anni, e con l'assoluto isolamento dal resto del mondo.

E' lecito chiedersi come è possibile che il mondo che si definisce "democratico", USA in testa, tolleri regimi militari del genere ancora oggi nel 2007. Ed è anche lecito pensare che ci siano interessi troppo forti che spiegano la situazione e l'immobilità internazionale, e vanno ricercati negli scambi economici che buona parte del mondo intrattiene con questo paese. Anche l'Europa partecipa specialmente nel settore petrolifero e del gas, come possiamo leggere in una risoluzione del 2002 del Parlamento europeo.[4] Ma questo è un argomento da approfondire prossimamente.

Cosa possiamo fare per supportare questa popolazione nella loro battaglia per un Myanmar migliore?
Innanzitutto, chi ha attività in Birmania dovrebbe ritirarsi al più presto, e fermare ogni forma di finanziamento, diretto e indiretto, del regime militare. Ma anche noi semplici cittadini possiamo fare qualcosa anche a distanza, firmando gli appelli che in questi giorni sono stati promossi da varie associazioni. Voglio segnalarne due che ritengo più importanti e incisivi.

Il primo è ovviamente di Amnesty International, la più impegnata e seria organizzazione al mondo sui diritti umani.
http://www.amnesty.it/appelli/azioni_urgenti/Myanmar?page=azioni_urgenti

Il secondo è di una organizzazione nata di recente, chiamata Avaaz, formata da più di un milione di cittadini di tutto il mondo che agiscono attraverso petizioni e altre forme di pressione via internet, su temi come l'ambiente, i diritti umani, la politica mondiale, etc. La Petizione è rivolta a tutti i membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, alla stampa
http://www.avaaz.org/en/stand_with_burma/

Agire via internet con una firma è un gesto ma che può essere molto incisivo, ed è una cosa, come abbiamo visto, che non è scontata in tutti i paesi del mondo. Approfittiamone, e continuiamo a tenerci aggiornati leggendo, ad esempio, i siti di Amnesty International italiana e internazionale[5], o semplicemente un agenzia come l'ANSA[6].

Note

[1] Agenzie di stampa e giornali italiani online (Corriere, Repubblica, Ansa, etc)
[2] http://www.amnesty.it/pressroom/ra2007/myanmar.html?page=ra2007
[3] http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/news_collection/awnplus_ticker/2007-09-27_127130994.html
[4] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P5-TA-2002-0186+0+DOC+XML+V0//IT
[5] http://www.amnesty.it/home/index.html
[6] http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mondo/mondo.html