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giovedì 16 luglio 2009
Tg1: da Riotta alla brace
In pochi mesi può cambiare un paese? Forse non può cambiare, ma si può definitivamente consolidare e istituzionalizzare un modo di fare che è coltivato accuratamente da tempo. Cose prima inaccettabili diventano pian piano normali nella coscienza della gente, spesso distratta da altri problemi.
Oggi qui dalla Norvegia ho guardato il TG1 delle 13:30. Chi è informato sa che il Tg1 è un telegiornale politico che riflette molto chiaramente la maggioranza di governo, nonostante il fatto che si consideri come il Tg più imparziale. Sciocchezze.
Una volta era più difficile, più sottile, cogliere la parzialità delle notizie, il taglio dato all'intero TG. Oggi è talmente evidente che mi ha fatto davvero sobbalzare. Il paese che appare allo spettatore, durante tutti i 27 minuti di durata, sembra un paese guidato da un governo forte, deciso, con un percorso costellato di successi, che ha eliminato ogni piaga, dal'immigrazione alla crisi economica, dai problemi che tutti gli italiani conoscono da anni.
Maroni da Stoccolma assicura che il decreto sicurezza verrà applicato immediatamente, le ronde attivate, i respingimenti continueranno, il Governo è con voi, cittadini.
Napolitano ha confermato il decreto ma ha scritto una lettera, probabilmente contiene delle critiche e osservazioni, ma ai telespetattori non è dato percepire l'opposizione. Una manciata di secondi a Italia dei Valori e al PD, che poi spariscono per tutto il resto del telegiornale.
Berlusconi fa un sopralluogo all'Aquila, stiamo battendo tutti i record di velocità, stiamo costruendo case vere, eterne. Immagini del cantiere, stranamente manca il bagno di folla, chissà perchè? Cosa ne pensano gli aquilani della gestione del governo? Nessuna intervista, nessuna immagine...agli spettatori del Tg1 basta sapere che Silvio è entusiasta e contento.
Sacconi, ministro del welfare, presenta la riforma delle pensioni. Il Governo Italiano obbedisce alla sentenza della Corte di Giustizia europea, e aumenterà l'età pensionabile delle donne nel settore pubblico entro il 2018, evitando aumenti della spesa per le pensioni. Curioso che il governo italiani ignori le sentenze che non gli vanno a genio, come quella del 31 gennaio 2008 che dichiara il sistema televisivo italiano no nconforme alle normative europee, confermando l'illegalità di rete 4 che dovrebbe liberare la frequenza ad Europa 7. Ma si sa, Silvio-Mediaset ha la priorità sulla Corte di Giustizia.
Decreto anti-anticrisi. Ieri il TG1 ha riportato la notizia sui conti pubblici italiani: PIL meno 5,2%,deficit al 5,3%, debito a 115,4%. Un pezzo esemplare per ogni scuola di giornalismo: come far percepire al pubblico che il paese sta andando bene, nonostante i numeri siano terribili.
Dovrebbero imparare anche i giornalisti dell'altra parte politica, che durante il governo Prodi, che diminuì il debito pubblico, diminuì il deficit, non riuscirono nell'impresa. Gli italiani ogni giorno sentivano malumori, e le cifre della ripresa venivano completamente oscurate. Nessuno ricorderà Padoa Schioppa per i suoi meriti oggettivi nel migliorare i conti pubblici.
Nel Tg1 di oggi Italo Bocchino, impresentabile megafono del governo, difendeva lo scudo fiscale con una capriola linguistica incredibile. Lo Scudo fiscale è una misura che permette a chi ha capitali nei paradisi fiscali, di dichiararli e farli rientrare in Italia SENZA subire processi per i reati finanziari commessi (evasione fiscale, falso in bilancio, etc...).
Bene, quest'uomo è riuscito a dire che lo Scudo "non c'è alcuna sanatoria" ma un "sistema per portare denari freschi nelle casse dello Stato e far rientrare i capitali italiani che sono a creare ricchezza all'estero". Chiaro italiani? Imbrogliate, truffate, evadete, fregate gli altri italiani fessi, che prima o poi Tremonti vi aiuterà a farla franca senza pericolo.
Tornaimo all'Aquila. Il Ministro delle politiche Agricole, Zaia, promette di anticipare i fondi europei per aiutare gli agricoltori danneggiati dalle pioggie.
Voliamo per l'ultima notizia a Milano. L'ex ministro Moratti e il presidente della regione Formigoni parlano di Expo, Berlusconi ha promesso i fondi, si creeranno nuovi posti di lavoro. Nessun cenno ai problemi, alle proteste e ai rischi connessi alle infiltrazioni mafiose. Anche se si è a favore dell'Expo, non sarebbe compito di un Tg dare voce anche a chi è contrario?
Ovviamente l'informazione non deve essere per definizione contro il governo, ci mancherebbe. Riportare nel modo più oggettivo possibile dati e fatti è l'unico faro da seguire. Se ci sono meriti, evidenziarli. Il Tg1 però più che un telegiornale sembra uno strumento di propaganda, costruito per lasciare nello spettatore una precisa percezione. Lo era anche sotto Riotta, ma con il nuovo direttore Minzolini è diventato talmente evidente che ci fa rimpiangere la passata gestione e la sua propaganda morbida. Opposizione scomparse, che comunque si occupano di altro nella loro sterilità. Silenzio assordante sulle vere questioni della politica. Propaganda efficace e molto esplicita. La conclusione di un lungo percorso iniziato nel 1994?
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sabato 31 maggio 2008
Reato di clandestinità? Non Pervenuto (parte 2)
Continuiamo l'analisi sul reato di clandestinità, iniziato qualche giorno fa. Come promesso, oggi "Vedremo perchè la strada scelta non solo non risolverà il problema, ma sarà controproducente e comporterà anche un costo per tutti i contribuenti."
Le argomentazioni a supporto di questo scenario le voglio affidare ad un articolo del procuratore aggiunto di Torino Bruno Tinti, già autore del libro "Toghe Rotte", dove spiega al cittadino qualunque perchè in Italia il sistema giudiziario non funziona, e perchè l'impunità è la norma.
(La Stampa - 26 maggio 2008)
Riassumo i punti principali.
Se oggi l'espulsione è un atto amministrativo, che quindi potrebbe essere affidato ai sindaci (come già chiesto da molti), ai prefetti o ai questori, dopo il decreto diventerà un atto giudiziario, e quindi la competenza passerà al sistema giudiziario. Una macchina già lenta e in difficoltà, che rischia di implodere. Anche l'Associazione Nazionale Magistrati ha espresso questo timore.
I costi del decreto saranno enormi: basti pensare che per ogni processo ad un immigrato servirà mobilitare un Pubblico Ministero, un giudice, due segretari, vari poliziotti e la Polizia penitenziaria, un funzionario amministrativo, e ovviamente un interprete. Moltiplicate questo per il numero di immigrati clandestini, e avrete una misura di quanto costerà il tutto, ammesso che la macchina non si inceppi prima.
L'efficacia è il punto più scandaloso. Nello scorso articolo avevo fatto questo esempio: "E' come se parlassimo di cani randagi e scrivessimo una legge sui gatti". Perchè?
Semplice, basta leggere il testo del decreto: "Lo straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del Testo Unico è punito etc etc...".
Quindi, gli immigrati clandestini già presenti in Italia non saranno considerati nel reato, ma solo quelli che entreranno in futuro. Che ovviamente si metteranno al riparo dichiarando che erano già presenti in Italia prima del 2008, e sarà difficile provare il contrario.
Insomma, studiando a fondo il problema vediamo che la realtà è ben diversa dalla percezione diffusa dai mezzi di informazione, che hanno lasciato intendere che tutti i clandestini saranno perseguiti; ancora una volta la macchina sforna propaganda, più che di verità.
Le argomentazioni a supporto di questo scenario le voglio affidare ad un articolo del procuratore aggiunto di Torino Bruno Tinti, già autore del libro "Toghe Rotte", dove spiega al cittadino qualunque perchè in Italia il sistema giudiziario non funziona, e perchè l'impunità è la norma.
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(La Stampa - 26 maggio 2008)
Riassumo i punti principali.
Se oggi l'espulsione è un atto amministrativo, che quindi potrebbe essere affidato ai sindaci (come già chiesto da molti), ai prefetti o ai questori, dopo il decreto diventerà un atto giudiziario, e quindi la competenza passerà al sistema giudiziario. Una macchina già lenta e in difficoltà, che rischia di implodere. Anche l'Associazione Nazionale Magistrati ha espresso questo timore.
I costi del decreto saranno enormi: basti pensare che per ogni processo ad un immigrato servirà mobilitare un Pubblico Ministero, un giudice, due segretari, vari poliziotti e la Polizia penitenziaria, un funzionario amministrativo, e ovviamente un interprete. Moltiplicate questo per il numero di immigrati clandestini, e avrete una misura di quanto costerà il tutto, ammesso che la macchina non si inceppi prima.
L'efficacia è il punto più scandaloso. Nello scorso articolo avevo fatto questo esempio: "E' come se parlassimo di cani randagi e scrivessimo una legge sui gatti". Perchè?
Semplice, basta leggere il testo del decreto: "Lo straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del Testo Unico è punito etc etc...".
Quindi, gli immigrati clandestini già presenti in Italia non saranno considerati nel reato, ma solo quelli che entreranno in futuro. Che ovviamente si metteranno al riparo dichiarando che erano già presenti in Italia prima del 2008, e sarà difficile provare il contrario.
Insomma, studiando a fondo il problema vediamo che la realtà è ben diversa dalla percezione diffusa dai mezzi di informazione, che hanno lasciato intendere che tutti i clandestini saranno perseguiti; ancora una volta la macchina sforna propaganda, più che di verità.
martedì 27 maggio 2008
Reato di clandestinità? Non Pervenuto
Sull'immigrazione si è vinta una campagna elettorale. Troppi riflettori puntati, e ora il governo non poteva certo deludere.
Titolone in prima pagina del Giornale, 21 maggio 2008: "La svolta: galera per i clandestini". "L'immigrazione clandestina diventa reato (da 6 mesi a 4 anni di carcere". E il giorno dopo rincara la dose: "Parola d'ordine, rigore e fermezza" (con annessa foto di Silvio), "Via libera al pacchetto sicurezza: linea dura contro i clandestini." Fantastico. Finalmente un governo del fare, che decide di affrontare un problema vero in modo efficace. Via tutti i clandestini irregolari dall'Italia (si accontenti, per ora, chi proprio non tollera gli stranieri, siano essi tedeschi o albanesi)!
Ma il Giornale, da anni megafono di Berlusconi (e di proprietà della stessa famiglia), sembra che dialoghi a distanza con gli altri quotidiani, che partecipano alla pubblicità:
La Repubblica, super titolone: "Carcere per i clandestini". Poi però, per fortuna, approfondisce un po' più seriamente la cosa all'interno, con un articolo del Procuratore Torinese Bruno Tinti, che conosce bene il sistema giudiziario.
Il Corriere, più seriamente, riporta: "Il governo: sarà reato l'immigrazione clandestina", riconoscendo nel Governo la responsabilità di chi fa certe affermazioni.
La Stampa, altro titolone: "Un reato essere clandestini". "Berlusoni: lo Stato torna Stato"..."e batte il pugno sul tavolo".
Sole 24 Ore: "Il reato di clandestinità resta, ma non nel decreto"
Il Messaggero: "Maroni, la clandestinità sarà reato". E sullo stesso quotidiano, il 22 maggio, Carlo Fusi scrive: "Governo del fare: Silvio centra il primo obiettivo.[...] La sensazione trasmessa ai cittadini, infatti, è quella di un esecutivo che prende di petto alcune emergenze innegabili e di forte impatto sull'opinione pubblica".
E sul versante TV, lo spazio non si conta: via a talk-show, TG, commenti di esperti, Bruno Vespa. Una massa di comunicazione che serve a sostenere e dare forza alla scelta del governo. Prendo davvero un esempio a caso, tra i mille: un editoriale in prima pagina, di una persona seria come Angelo Panebianco, che sul Corriere, in una riflessione più ampia sul ruolo dello Stato, fa questa affermazione: "Anche la discussione sul reato di clandestinità ha molto a che fare con il livello di statualità ritenuto accettabile, opportuno, nonchè compatibile con la democrazia. Il reato, di clandestinità, com'è noto, è vigente in altre democrazie occidentali. Da noi alcuni vi si oppongono solo per ragioni pragmatiche."
A me pare che invece, la maggioranza di chi si oppone, lo faccia per ragioni ideologiche. Un rifiuto, che fa parte di una corrente di pensiero tipicamente di sinistra, che vede nel multiculturalismo una cosa sempre positiva, anche se viene affrontato in modo disordinato, confuso e senza regole come in Italia. Un atteggiamento che però è stato adottato da tutti i governi negli ultimi 10 anni, compreso i 5 anni di governo Berlusconi.
Ora, che la clandestinità debba essere punita riflettendoci sembra quasi ovvio, nel termine stesso è compresa una situazione di illegalità. Nel caso di stranieri, la pena dovrebbe coincidere con l'espulsione o la regolarizzazione. Ogni anno devono essere ammessi solo il numero di stranieri compresi nei flussi migratori calcolati, e cioè che il nostro paese è capace di assorbire e integrare nel mondo del lavoro. Altrimenti il resto inizia a delinquere, non c'è scelta. Come qualsiasi italiano disperato e senza lavoro.
Il problema quindi non è nell'obiettivo dichiarato dal governo "Via tutti gli irregolari", che personalmente condivido, ma è nel fatto che l'intervento in programma non solo è discutibile, ma è totalmente inefficace perchè non si occuperà degli immigrati clandestini che si trovano già in Italia. E' come se parlassimo di cani randagi e scrivessimo una legge sui gatti. Vedremo la prossima volta perchè la strada scelta non solo non risolverà il problema, ma sarà controproducente e comporterà anche un costo per tutti i contribuenti.
Titolone in prima pagina del Giornale, 21 maggio 2008: "La svolta: galera per i clandestini". "L'immigrazione clandestina diventa reato (da 6 mesi a 4 anni di carcere". E il giorno dopo rincara la dose: "Parola d'ordine, rigore e fermezza" (con annessa foto di Silvio), "Via libera al pacchetto sicurezza: linea dura contro i clandestini." Fantastico. Finalmente un governo del fare, che decide di affrontare un problema vero in modo efficace. Via tutti i clandestini irregolari dall'Italia (si accontenti, per ora, chi proprio non tollera gli stranieri, siano essi tedeschi o albanesi)!
Ma il Giornale, da anni megafono di Berlusconi (e di proprietà della stessa famiglia), sembra che dialoghi a distanza con gli altri quotidiani, che partecipano alla pubblicità:
La Repubblica, super titolone: "Carcere per i clandestini". Poi però, per fortuna, approfondisce un po' più seriamente la cosa all'interno, con un articolo del Procuratore Torinese Bruno Tinti, che conosce bene il sistema giudiziario.
Il Corriere, più seriamente, riporta: "Il governo: sarà reato l'immigrazione clandestina", riconoscendo nel Governo la responsabilità di chi fa certe affermazioni.
La Stampa, altro titolone: "Un reato essere clandestini". "Berlusoni: lo Stato torna Stato"..."e batte il pugno sul tavolo".
Sole 24 Ore: "Il reato di clandestinità resta, ma non nel decreto"
Il Messaggero: "Maroni, la clandestinità sarà reato". E sullo stesso quotidiano, il 22 maggio, Carlo Fusi scrive: "Governo del fare: Silvio centra il primo obiettivo.[...] La sensazione trasmessa ai cittadini, infatti, è quella di un esecutivo che prende di petto alcune emergenze innegabili e di forte impatto sull'opinione pubblica".
E sul versante TV, lo spazio non si conta: via a talk-show, TG, commenti di esperti, Bruno Vespa. Una massa di comunicazione che serve a sostenere e dare forza alla scelta del governo. Prendo davvero un esempio a caso, tra i mille: un editoriale in prima pagina, di una persona seria come Angelo Panebianco, che sul Corriere, in una riflessione più ampia sul ruolo dello Stato, fa questa affermazione: "Anche la discussione sul reato di clandestinità ha molto a che fare con il livello di statualità ritenuto accettabile, opportuno, nonchè compatibile con la democrazia. Il reato, di clandestinità, com'è noto, è vigente in altre democrazie occidentali. Da noi alcuni vi si oppongono solo per ragioni pragmatiche."
Read this doc on Scribd: 08-27-05 - se lo stato fallisce
A me pare che invece, la maggioranza di chi si oppone, lo faccia per ragioni ideologiche. Un rifiuto, che fa parte di una corrente di pensiero tipicamente di sinistra, che vede nel multiculturalismo una cosa sempre positiva, anche se viene affrontato in modo disordinato, confuso e senza regole come in Italia. Un atteggiamento che però è stato adottato da tutti i governi negli ultimi 10 anni, compreso i 5 anni di governo Berlusconi.
Ora, che la clandestinità debba essere punita riflettendoci sembra quasi ovvio, nel termine stesso è compresa una situazione di illegalità. Nel caso di stranieri, la pena dovrebbe coincidere con l'espulsione o la regolarizzazione. Ogni anno devono essere ammessi solo il numero di stranieri compresi nei flussi migratori calcolati, e cioè che il nostro paese è capace di assorbire e integrare nel mondo del lavoro. Altrimenti il resto inizia a delinquere, non c'è scelta. Come qualsiasi italiano disperato e senza lavoro.
Il problema quindi non è nell'obiettivo dichiarato dal governo "Via tutti gli irregolari", che personalmente condivido, ma è nel fatto che l'intervento in programma non solo è discutibile, ma è totalmente inefficace perchè non si occuperà degli immigrati clandestini che si trovano già in Italia. E' come se parlassimo di cani randagi e scrivessimo una legge sui gatti. Vedremo la prossima volta perchè la strada scelta non solo non risolverà il problema, ma sarà controproducente e comporterà anche un costo per tutti i contribuenti.
sabato 10 maggio 2008
Lavagna della Libertà - Micci-chi?

"Io sarò sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Mezzogiorno e al Cipe."
(GianFranco Micciché - Repubblica.it - 25 Aprile 2008)
Indagini per droga
"L'11 gennaio 1988 GianFranco Micciché, che all'epoca lavorava presso Publitalia, venne interrogato nell'ambito di un'inchiesta sul traffico di droga a Palermo, in quanto sospettato di essere uno spacciatore. Miccichè rispose: "Non sono uno spacciatore ma solo un assuntore di cocaina". Non comportando il fatto reato, la posizione venne archiviata mentre gli spacciatori vennero arrestati il successivo 14 aprile.L' 8 agosto 2002 venne invece diramata un'informativa dei Carabinieri che sostanzialmente accusava Gianfranco Micciché di farsi recapitare periodicamente della cocaina presso gli uffici del ministero delle Finanze, in cui all'epoca ricopriva il ruolo di vice ministro. L'informativa fu emessa in seguito ad indagini testimonianti, anche tramite supporti audiovisivi, le "visite" che il presunto corriere Alessandro Martello faceva indisturbato presso il ministero, pur non essendo un soggetto accreditato ad entrarvi. Anche le intercettazioni confermerebbero la versione degli organi di polizia. Dal canto suo, Miccichè ha smentito categoricamente, avanzando a sua volta l'ipotesi di un servizio d'ordine deviato. "
(Wikipedia + Repubblica.it - 9 agosto 2002 )
Nell'ottobre 2007 ha affermato che l'intitolazione dell'aeroporto di Palermo a Falcone e Borsellino trasmette a chiunque arrivi per la prima volta nell'isola un'immagine negativa della Sicilia. Dopo le proteste provocate dalle sue tesi, Miccichè si è scusato e ha ritirato la frase, placando solo in parte le polemiche.
Aeroporto Falcone-Borsellino. Che immagine negativa trasmettiamo subito col nome dell'aeroporto"
(Da Wikipedia - 11 Ottobre 2007)
"Noi trasmettiamo sempre un messaggio negativo. Se qualcuno in viaggio per Palermo in aereo, non ricorda che l’immagine della Sicilia è legata alla mafia, noi lo evidenziamo subito già con il nome dell’Aeroporto di Punta Raisi."
(Gianfranco Micciché, FI, Presidente Assemblea Regionale Siciliana, 10 ottobre 2007)
"Uomo ottimista e positivo che associa all'isola, piuttosto, il pensiero del latte di mandorle e dei fichi d'India oltre che quello dei milioni di voti con cui è stato eletto, recordman di preferenze e artefice del celebre 61 a 0, tutti voti antimafia fino all'ultimo, va da sé. Poi, quando Maria Falcone sorella del magistrato ucciso, una donna che da anni passa le mattine nelle scuole dell'isola a parlare ai ragazzi di legalità, gli ha fatto con fermezza notare che l'aeroporto non è intitolato a Riina o a Provenzano "ma a due eroi italiani che credevano nel riscatto della nostra terra combattendo le cosche" persino Micciché si è reso conto. Si è scusato della "frase infelice", l'ha "ritirata".
(Repubblica.it - Ottobre 2007 - )
"E in queste ore si conferma che la delega sarà affidata a Gianfranco Micciché, che lunedi sarà nominato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio o, in alternativa, al Ministero dell'economia.[...] A palazzo Chigi Micciché dovrebbe avere anche la delega al mezzogiorno"
(Sole 24 Ore - 9 maggio 2008)
"Io sarò sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Mezzogiorno e al Cipe."
(Gianfranco Micciché - Repubblica.it - 25 Aprile 2008)
Note
1. http://www.repubblica.it/online/cronaca/cocafinanze/verbali/verbali.html
2. http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/cronaca/micciche/micciche/micciche.html
3. http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2002/08_Agosto/09/micciche.shtml
4.http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/politica/formazione-governo/squadra-governo/squadra-governo.html)
mercoledì 19 marzo 2008
Attenti al..Ciarrapico
Ricordate il candidato Ciarrapico, divenuto noto alle cronache per aver scosso gli animi all'interno del Popolo della Libertà? [1] Questo signore, proprietario di un piccolo impero editoriale, è stato scelto come candidato alle prossime elezioni da Berlusconi, sollevando le proteste di alcuni esponenti del partito, tra cui Fini, che nel 2007 fu definito "un ometto impettito e deprecabile, un islamico-sionista, un furbetto". Non un bel complimento.
Inutili le proteste, Berlusconi che si sente tutti i media avversi (evidentemente tre reti televisive e un mucchio di giornali non gli bastano) ha zittito gli alleati affermando che "Dobbiamo fare una campagna elettorale per vincere. L'editore Ciarrapico ha giornali importanti a noi non ostili ed è meglio che continuino a esserlo, visto che tutti i grandi giornali stanno dall'altra parte". E fin qui, non ci meravigliamo più di tanto, conoscendo l'individuo. Perlomeno ne possiamo apprezzare la sincerità. Questa vicenda è stata in scena un paio di giorni sui Tg nazionali, e ora è rientrata insieme alla polemica.
Il caso ha però permesso ad alcuni giornalisti di non fermarsi a questo fatto, e di approfondire un attimo la storia di questo personaggio. Naturalmente tutte queste interessanti informazioni non sono passate in TV, forse per non turbare le coscienze degli italiani che si apprestano a votare.
Dunque, quali orrori si nascondono dietro il Ciarrapico?
Al di là del la sua passione per il fascismo, trascorso a stampare volantini e libri ideologici nella sua tipografia di Cassino, su cui ognuno può avere la sua opinione personale, sarebbe utile informare gli elettori delle sue invece affatto trascurabili avventure giudiziarie che non si possono ignorare.
Giuseppe Ciarrapico [2] può già vantare 4 condanne definitive, per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta alla ricettazione fallimentare, dallo sfruttamento del lavoro minorile alla truffa pluriaggravata.
A questo punto un cittadino normale si chiede: perchè non è in carcere? La risposta è "grazie al codice penale italiano", costruito per non punire i criminali e soprattutto per salvare chi può permettersi di pagare i 3 gradi di giudizio. Risultato: questo delinquente (termine tecnico per chi delinque) è libero e pronto ad entrare in Parlamento.
Un tale curriculum non poteva certo essere ignorato da Berlusconi, vista la sua particolare affezione ai tribunali. Solidarietà tra pregiudicati.
L'ultima vicenda che coinvolge il delinquente riguarda l'evasione fiscale, ed è recentissima. A quanto risulta il primo giornale a parlarne è stato "Italia Oggi" il 12 marzo 2008 [3]. Secondo l'articolo, Ciarrapico sarebbe stato scoperto dal fisco italiano per non aver pagato 1,4 milioni di euro, anticipati gentilmente dai contribuenti italiani onesti. L'editore per fortuna ha riconosciuto quello che, a voler essere un po' ingenui, è stato un errore involontario, e ha fatto domanda a Equitalia (agenzia pubblica che riscuote i tributi) per avere la possibilità di pagare la somma dovuta in 72 rate, un po' come nei centri commerciali; tutto ciò in nome di un nuovissimo decreto, il "milleproroghe", approvato il 28 febbraio.[4] Questo testo prevede, tra i tanti provvedimenti, che “L’agente della riscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili“; insomma, aiutiamo chi è rimasto indietro...col fisco; almeno paga, ed è già una vittoria per le tasche dei contribuenti onesti.
Per chi avesse voglia di approfondire, oltre alle specifiche delle 4 condanne definitive, tutte le altre condanne pendenti, processi vari e altri orrori, segnalo 3 articoli completi [5,6,7]. Uno al giorno a stomaco vuoto.
"Attenti al Lupo", cantava Lucio Dalla. I lupi oggi sono in parlamento. Io voglio ancora sperare, in uno slancio di ottimismo, che gli italiani non vogliano gente di questo tipo nel paese, e soprattutto non in parlamento, né con la destra né con la sinistra. Voglio sperare che, se avessimo un'informazione corretta, questa persona sarebbe costretta a nascondersi e non ad essere candidata in Parlamento. Voglio sperare...e, come diceva un tale, "la speranza è l'ultima ad evadere".
Note
[1] http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/politica/verso-elezioni-9/reazioni-ciarrapico/reazioni-ciarrapico.html
[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Ciarrapico
[3] http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=29279565
[4] Legge 28 febbraio 2008, n.31 - http://www.camera.it/parlam/leggi/08031l.htm
[5] http://vivamarcotravaglio.splinder.com/post/16318407/Ciarrapico%3A+camicia+nera%2C+fedi
[6] http://vivamarcotravaglio.splinder.com/post/16367734/Il+Ciarra+del+vincitore
[7] http://www.lavocedellevoci.it/inchieste.php?id=137
Inutili le proteste, Berlusconi che si sente tutti i media avversi (evidentemente tre reti televisive e un mucchio di giornali non gli bastano) ha zittito gli alleati affermando che "Dobbiamo fare una campagna elettorale per vincere. L'editore Ciarrapico ha giornali importanti a noi non ostili ed è meglio che continuino a esserlo, visto che tutti i grandi giornali stanno dall'altra parte". E fin qui, non ci meravigliamo più di tanto, conoscendo l'individuo. Perlomeno ne possiamo apprezzare la sincerità. Questa vicenda è stata in scena un paio di giorni sui Tg nazionali, e ora è rientrata insieme alla polemica.
Il caso ha però permesso ad alcuni giornalisti di non fermarsi a questo fatto, e di approfondire un attimo la storia di questo personaggio. Naturalmente tutte queste interessanti informazioni non sono passate in TV, forse per non turbare le coscienze degli italiani che si apprestano a votare.
Dunque, quali orrori si nascondono dietro il Ciarrapico?
Al di là del la sua passione per il fascismo, trascorso a stampare volantini e libri ideologici nella sua tipografia di Cassino, su cui ognuno può avere la sua opinione personale, sarebbe utile informare gli elettori delle sue invece affatto trascurabili avventure giudiziarie che non si possono ignorare.
Giuseppe Ciarrapico [2] può già vantare 4 condanne definitive, per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta alla ricettazione fallimentare, dallo sfruttamento del lavoro minorile alla truffa pluriaggravata.
A questo punto un cittadino normale si chiede: perchè non è in carcere? La risposta è "grazie al codice penale italiano", costruito per non punire i criminali e soprattutto per salvare chi può permettersi di pagare i 3 gradi di giudizio. Risultato: questo delinquente (termine tecnico per chi delinque) è libero e pronto ad entrare in Parlamento.
Un tale curriculum non poteva certo essere ignorato da Berlusconi, vista la sua particolare affezione ai tribunali. Solidarietà tra pregiudicati.
L'ultima vicenda che coinvolge il delinquente riguarda l'evasione fiscale, ed è recentissima. A quanto risulta il primo giornale a parlarne è stato "Italia Oggi" il 12 marzo 2008 [3]. Secondo l'articolo, Ciarrapico sarebbe stato scoperto dal fisco italiano per non aver pagato 1,4 milioni di euro, anticipati gentilmente dai contribuenti italiani onesti. L'editore per fortuna ha riconosciuto quello che, a voler essere un po' ingenui, è stato un errore involontario, e ha fatto domanda a Equitalia (agenzia pubblica che riscuote i tributi) per avere la possibilità di pagare la somma dovuta in 72 rate, un po' come nei centri commerciali; tutto ciò in nome di un nuovissimo decreto, il "milleproroghe", approvato il 28 febbraio.[4] Questo testo prevede, tra i tanti provvedimenti, che “L’agente della riscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili“; insomma, aiutiamo chi è rimasto indietro...col fisco; almeno paga, ed è già una vittoria per le tasche dei contribuenti onesti.
Per chi avesse voglia di approfondire, oltre alle specifiche delle 4 condanne definitive, tutte le altre condanne pendenti, processi vari e altri orrori, segnalo 3 articoli completi [5,6,7]. Uno al giorno a stomaco vuoto.
"Attenti al Lupo", cantava Lucio Dalla. I lupi oggi sono in parlamento. Io voglio ancora sperare, in uno slancio di ottimismo, che gli italiani non vogliano gente di questo tipo nel paese, e soprattutto non in parlamento, né con la destra né con la sinistra. Voglio sperare che, se avessimo un'informazione corretta, questa persona sarebbe costretta a nascondersi e non ad essere candidata in Parlamento. Voglio sperare...e, come diceva un tale, "la speranza è l'ultima ad evadere".
Note
[1] http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/politica/verso-elezioni-9/reazioni-ciarrapico/reazioni-ciarrapico.html
[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Ciarrapico
[3] http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=29279565
[4] Legge 28 febbraio 2008, n.31 - http://www.camera.it/parlam/leggi/08031l.htm
[5] http://vivamarcotravaglio.splinder.com/post/16318407/Ciarrapico%3A+camicia+nera%2C+fedi
[6] http://vivamarcotravaglio.splinder.com/post/16367734/Il+Ciarra+del+vincitore
[7] http://www.lavocedellevoci.it/inchieste.php?id=137
sabato 19 gennaio 2008
Dossier: Ciclo dei rifiuti
In questi giorni il problema rifiuti è sulla bocca di tutti, perlomeno qui in provincia di Napoli. Per fortuna, aggiungerei, perchè finora i distratti mass media italiani l'hanno considerato solo come una crisi temporanea. Qualche giorno di copertura, poi silenzio.
La situazione è ora esplosa forse come non mai. Un amico di Caserta mi confessa che non ha mai visto tanta spazzatura accumulata nelle strade. Perfino nelle sempre pulite zone turistiche della provincia, come la penisola Sorrentina dove la raccolta differenziata [1,2] pur sfiora il 30%, le buste giacciono ormai accumulate al di fuori dei cassonetti. La massiccia dose di immagini che ci proviene dalle televisioni ci mostra uno spettacolo da terzo mondo, anzi peggio, visto che nei paesi che non conoscono il consumo di massa di spazzatura se ne produce poca.
L'argomento si può approfondire da tanti punti di vista: economico, criminale, politico, sociale, sanitario. Proverò a farlo nel prossimo periodo, seguendo gli sviluppi della vicenda.
Quel che mi preoccupa ora sono alcune convinzioni molto presenti nel sentire comune, come ho potuto constatare discutendo con amici e conoscenti. La prima convinzione è che l'inceneritore, c.d.t. termovalorizzatore, sia:
a) conveniente da vari punti di vista.
b) non nocivo
c) l'unica soluzione praticabile
La seconda, che è più una carenza di informazione, riguarda lo smaltimento dei rifiuti tossici delle altre regioni italiane nelle terre campane, che oggi costituiscono il 45% del territorio italiano inquinato. Entrambi i punti richiedono tempo e spazio, quindi ora mi occuperò solo del primo.
a) Gli inceneritori bruciano rifiuti e producono energia elettrica e calore in alcuni casi, in un processo che è a rendimento negativo [3], cioè richiede più energia di quanto se ne guadagna. Il riciclaggio, il riuso e il compostaggio fanno risparmiare 3-5 volte più energia dell'incenerimento. La “valorizzazione” è una cosa falsa inventata in Italia, non si valorizza niente, e il vocabolo “termovalorizzatore “ non è mai menzionato nei documenti europei. Potremmo dire che è una geniale trovata per vendere meglio il prodotto al pubblico.
Anche economicamente non conviene, e la prova è che finora è stato fatto solo grazie ai contributi Cip6 pagati da noi cittadini sulla bolletta Enel con destinazione energie rinnovabili e assimilate (in cui sono stati inseriti gli inceneritori), della cui abolizione si è finalmente discusso l'anno scorso (2007). Tanto per fare un esempio, l'inceneritore di Brescia ha ricevuto 71ml di euro nel 2006.[4]
Ci sono tanti altri aspetti legati agli inceneritori: la produzione di ceneri tossiche, l'impatto sul lavoro, la loro diffusione nelle altre regioni dì'Italia e nel mondo, etc...ognuno di questi temi richiederà un articolo dedicato.
b) Si dice che le emissioni sono nulle e comunque non nocive , perchè le polveri sottili e altri inquinanti sono filtrate da appositi strumenti. Parzialmente vero, ma la situazione va compresa bene.
Il dottor Stefano Montanari, divenuto famoso per la vicenda del microscopio elettronico [5], ha rilevato l'estrema nocività di nanoparticelle che arrivano a misure di 2.5 (PM2,5), 1(PM1) o addirittura 0,1 micron (PM0,1).
La legge prescrive limiti solo ai PM10, quindi quelle “relativamente meno pericolose”, e in questo modo i responsabili degli inceneritori possono affermare, secondo i dati delle emissioni, di non inquinare. Il problema è che tutte le particelle più piccole di 10 micron sono ignorate dalla legge e dalle tecnologie. Infatti non esistono filtri in grado di trattenere le polveri da 2.5 e minori, che vengono prodotte dalle alte temperature raggiunte [6]. Le emissioni zero non esistono.
La legge si può aggirare, ma il corpo umano no. La prova di questo è nell'impatto sulla salute che esiste ed è documentato. L'Istituto Superiore di Sanità ha recentemente presentato una tabella con 10 studi effettuati in zone in cui è presente un inceneritore. Tutti gli studi hanno rilevato un aumento dell'incidenza e del rischio di tumori, in particolare polmoni, linfomi non hodgins e sarcoma. [7]
L'altro giorno in Rai un professore parlava dell'inceneritore di Venezia elogiandone l'efficacia. Dimenticava di dire che secondo due studi nell'area è aumentato il rischio di sarcoma, tumori del connettivo e di altri tessuti molli.
Questi aspetti in TV purtroppo non saranno mai approfonditi: al massimo ci sarà qualche raro intervento assorbito nel vortice delle dichiarazioni.
c) Costruire impianti a grande capacità come quello di Acerra (700.000 tonnellate) richiederà una grande quantità di rifiuti da bruciare, disincentivando tutte le altre misure per un ciclo di rifiuti più moderno e civile. Queste esistono, e costituiscono tutte alternative concrete e praticabili da subito[8,9]:
- Riduzione dei rifiuti a monte: basta fare un giro al supermercato per rendersi conto di quanto materiale inutile viene utilizzato in imballaggi proposti dal marketing per aumentare le vendite e creare una diversa percezione del prodotto sugli scaffali e nelle pubblicità (ricordate le prugne imbustate una ad una?). Le imprese lo fanno perchè scaricano il costo dei loro megaimballaggi sul servizio di smaltimento di rifiuti pagato da tutti noi cittadini.
Pensiamo anche all'enorme consumo di bottiglie di plastica per l'acqua minerale.
- Raccolta differenziata: Novara [10] è riuscita a raggiungere il 70% di riciclaggio, ha cancellato il progetto di un inceneritore e una discarica, e i cittadini hanno uno sconto del 10% sulla bolletta dei rifiuti, che è già più bassa rispetto a Napoli. Il futuro passa per la raccolta differenziata, è fondamentale. Napoli si attesta a meno del 10%, sotto qualsiasi indice di civiltà. Gli amministratori dovrebbero almeno vergognarsi di questo, che è una loro precisa responsabilità.
- Riuso: E' una delle abitudini più antiche e sagge, utilizzare di nuovo cose già usate destinandole ad usi anche diversi dal primitivo (esempio: un giornale vecchio per incartare). I nostri nonni applicavano il riuso ogni giorno, facendo durare di più un bene, diminuendo i rifiuti prodotti e le materie prime necessarie.
L'esempio peggiore di NON riuso può essere tutto ciò che è monouso, si usa e si getta.
- Riciclaggio: Differenziando i rifiuti si possono recuperare facilmente carta e plastica (i principali rifiuti secchi). Il riciclaggio della carta rende più dell’energia che se ne può ricavare, e anche quello della plastica è conveniente e fa risparmiare il doppio dell´energia che si ricava bruciandola.
- Compostaggio: buona parte dei rifiuti che produciamo sono composti da materiale umido, che tramite un processo biologico naturale di ossidazione si può ridurre, in impianti o anche in giardino, in una terriccio nutriente che può essere usato per arricchire i terreni, vasi, etc. [11]
La Campania è in crisi, ma ha l'opportunità di progettare e costruire un futuro ciclo dei rifiuti efficiente e all'avanguardia, superando anche le altre regioni italiane che hanno costruito inceneritori ed ora iniziano a pentirsene. Si può decidere di costruire un inceneritore che aumenterà il rischio già alto di tumori e produrrà ceneri tossiche che saranno sversate nei campi dalla camorra, oppure impianti per riciclare, produrre compost e bioessiccare i rifiuti residui.
Non c'è dubbio su quale scelta faranno i pessimi amministratori politici. Mi preoccupa però che i cittadini li stiano seguendo senza approfondire l'argomento. Spero di aver svolto un modesto lavoro utile a molti, e spero che si formi un'opinione pubblica in grado di costringere chi ci amministra a progettare un futuro migliore per questa regione già troppo martoriata.
P.S. Vi invito a leggere i documenti delle note, contengono molte più informazioni di quanto ne abbia riportate.
Note
[1] http://www2.comune.sorrento.na.it/sor/deliveryweb?dwid=738
[2] http://www.comune.massalubrense.na.it/italiano/comunecifre.asp
[3] http://www.youtube.com/watch?v=c663Tm_oK9Y& (Conferenza prof. Paul Connet)
[4] http://www.aem.it/repository/ContentManagement/node/N1799067182/Bilancio_2006.pdf
[5] http://www.beppegrillo.it/2006/03/la_ricerca_imba.html
[6] http://www.stefanomontanari.net/images/pdf/nanopatologie.pdf
http://www.nanodiagnostics.it/FontiInquinamento.aspx?ID=2
http://www.nanodiagnostics.it/images/086-06.pdf
[7] http://www.arpa.piemonte.it/upload/dl/Pubblicazioni/Gli_impianti_di_termovalorizzazione_dei_RSU/Comba.pdf
http://www.beppegrillo.it/2008/01/inceneritori_no.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Inceneritore
[8] http://www.allarmerifiutitossici.org/rifiutitossici/docs/17.pdf
[9] http://www.beppegrillo.it/2008/01/il_tandem_dei_r.html
[10] http://www.ifogli.it/cen_online.php?id_cen=273&archivio=1&arg
[11] http://it.wikipedia.org/wiki/Compost
La situazione è ora esplosa forse come non mai. Un amico di Caserta mi confessa che non ha mai visto tanta spazzatura accumulata nelle strade. Perfino nelle sempre pulite zone turistiche della provincia, come la penisola Sorrentina dove la raccolta differenziata [1,2] pur sfiora il 30%, le buste giacciono ormai accumulate al di fuori dei cassonetti. La massiccia dose di immagini che ci proviene dalle televisioni ci mostra uno spettacolo da terzo mondo, anzi peggio, visto che nei paesi che non conoscono il consumo di massa di spazzatura se ne produce poca.
L'argomento si può approfondire da tanti punti di vista: economico, criminale, politico, sociale, sanitario. Proverò a farlo nel prossimo periodo, seguendo gli sviluppi della vicenda.
Quel che mi preoccupa ora sono alcune convinzioni molto presenti nel sentire comune, come ho potuto constatare discutendo con amici e conoscenti. La prima convinzione è che l'inceneritore, c.d.t. termovalorizzatore, sia:
a) conveniente da vari punti di vista.
b) non nocivo
c) l'unica soluzione praticabile
La seconda, che è più una carenza di informazione, riguarda lo smaltimento dei rifiuti tossici delle altre regioni italiane nelle terre campane, che oggi costituiscono il 45% del territorio italiano inquinato. Entrambi i punti richiedono tempo e spazio, quindi ora mi occuperò solo del primo.
a) Gli inceneritori bruciano rifiuti e producono energia elettrica e calore in alcuni casi, in un processo che è a rendimento negativo [3], cioè richiede più energia di quanto se ne guadagna. Il riciclaggio, il riuso e il compostaggio fanno risparmiare 3-5 volte più energia dell'incenerimento. La “valorizzazione” è una cosa falsa inventata in Italia, non si valorizza niente, e il vocabolo “termovalorizzatore “ non è mai menzionato nei documenti europei. Potremmo dire che è una geniale trovata per vendere meglio il prodotto al pubblico.
Anche economicamente non conviene, e la prova è che finora è stato fatto solo grazie ai contributi Cip6 pagati da noi cittadini sulla bolletta Enel con destinazione energie rinnovabili e assimilate (in cui sono stati inseriti gli inceneritori), della cui abolizione si è finalmente discusso l'anno scorso (2007). Tanto per fare un esempio, l'inceneritore di Brescia ha ricevuto 71ml di euro nel 2006.[4]
Ci sono tanti altri aspetti legati agli inceneritori: la produzione di ceneri tossiche, l'impatto sul lavoro, la loro diffusione nelle altre regioni dì'Italia e nel mondo, etc...ognuno di questi temi richiederà un articolo dedicato.
b) Si dice che le emissioni sono nulle e comunque non nocive , perchè le polveri sottili e altri inquinanti sono filtrate da appositi strumenti. Parzialmente vero, ma la situazione va compresa bene.
Il dottor Stefano Montanari, divenuto famoso per la vicenda del microscopio elettronico [5], ha rilevato l'estrema nocività di nanoparticelle che arrivano a misure di 2.5 (PM2,5), 1(PM1) o addirittura 0,1 micron (PM0,1).
La legge prescrive limiti solo ai PM10, quindi quelle “relativamente meno pericolose”, e in questo modo i responsabili degli inceneritori possono affermare, secondo i dati delle emissioni, di non inquinare. Il problema è che tutte le particelle più piccole di 10 micron sono ignorate dalla legge e dalle tecnologie. Infatti non esistono filtri in grado di trattenere le polveri da 2.5 e minori, che vengono prodotte dalle alte temperature raggiunte [6]. Le emissioni zero non esistono.
La legge si può aggirare, ma il corpo umano no. La prova di questo è nell'impatto sulla salute che esiste ed è documentato. L'Istituto Superiore di Sanità ha recentemente presentato una tabella con 10 studi effettuati in zone in cui è presente un inceneritore. Tutti gli studi hanno rilevato un aumento dell'incidenza e del rischio di tumori, in particolare polmoni, linfomi non hodgins e sarcoma. [7]
L'altro giorno in Rai un professore parlava dell'inceneritore di Venezia elogiandone l'efficacia. Dimenticava di dire che secondo due studi nell'area è aumentato il rischio di sarcoma, tumori del connettivo e di altri tessuti molli.
Questi aspetti in TV purtroppo non saranno mai approfonditi: al massimo ci sarà qualche raro intervento assorbito nel vortice delle dichiarazioni.
c) Costruire impianti a grande capacità come quello di Acerra (700.000 tonnellate) richiederà una grande quantità di rifiuti da bruciare, disincentivando tutte le altre misure per un ciclo di rifiuti più moderno e civile. Queste esistono, e costituiscono tutte alternative concrete e praticabili da subito[8,9]:
- Riduzione dei rifiuti a monte: basta fare un giro al supermercato per rendersi conto di quanto materiale inutile viene utilizzato in imballaggi proposti dal marketing per aumentare le vendite e creare una diversa percezione del prodotto sugli scaffali e nelle pubblicità (ricordate le prugne imbustate una ad una?). Le imprese lo fanno perchè scaricano il costo dei loro megaimballaggi sul servizio di smaltimento di rifiuti pagato da tutti noi cittadini.
Pensiamo anche all'enorme consumo di bottiglie di plastica per l'acqua minerale.
- Raccolta differenziata: Novara [10] è riuscita a raggiungere il 70% di riciclaggio, ha cancellato il progetto di un inceneritore e una discarica, e i cittadini hanno uno sconto del 10% sulla bolletta dei rifiuti, che è già più bassa rispetto a Napoli. Il futuro passa per la raccolta differenziata, è fondamentale. Napoli si attesta a meno del 10%, sotto qualsiasi indice di civiltà. Gli amministratori dovrebbero almeno vergognarsi di questo, che è una loro precisa responsabilità.
- Riuso: E' una delle abitudini più antiche e sagge, utilizzare di nuovo cose già usate destinandole ad usi anche diversi dal primitivo (esempio: un giornale vecchio per incartare). I nostri nonni applicavano il riuso ogni giorno, facendo durare di più un bene, diminuendo i rifiuti prodotti e le materie prime necessarie.
L'esempio peggiore di NON riuso può essere tutto ciò che è monouso, si usa e si getta.
- Riciclaggio: Differenziando i rifiuti si possono recuperare facilmente carta e plastica (i principali rifiuti secchi). Il riciclaggio della carta rende più dell’energia che se ne può ricavare, e anche quello della plastica è conveniente e fa risparmiare il doppio dell´energia che si ricava bruciandola.
- Compostaggio: buona parte dei rifiuti che produciamo sono composti da materiale umido, che tramite un processo biologico naturale di ossidazione si può ridurre, in impianti o anche in giardino, in una terriccio nutriente che può essere usato per arricchire i terreni, vasi, etc. [11]
La Campania è in crisi, ma ha l'opportunità di progettare e costruire un futuro ciclo dei rifiuti efficiente e all'avanguardia, superando anche le altre regioni italiane che hanno costruito inceneritori ed ora iniziano a pentirsene. Si può decidere di costruire un inceneritore che aumenterà il rischio già alto di tumori e produrrà ceneri tossiche che saranno sversate nei campi dalla camorra, oppure impianti per riciclare, produrre compost e bioessiccare i rifiuti residui.
Non c'è dubbio su quale scelta faranno i pessimi amministratori politici. Mi preoccupa però che i cittadini li stiano seguendo senza approfondire l'argomento. Spero di aver svolto un modesto lavoro utile a molti, e spero che si formi un'opinione pubblica in grado di costringere chi ci amministra a progettare un futuro migliore per questa regione già troppo martoriata.
P.S. Vi invito a leggere i documenti delle note, contengono molte più informazioni di quanto ne abbia riportate.
Note
[1] http://www2.comune.sorrento.na.it/sor/deliveryweb?dwid=738
[2] http://www.comune.massalubrense.na.it/italiano/comunecifre.asp
[3] http://www.youtube.com/watch?v=c663Tm_oK9Y& (Conferenza prof. Paul Connet)
[4] http://www.aem.it/repository/ContentManagement/node/N1799067182/Bilancio_2006.pdf
[5] http://www.beppegrillo.it/2006/03/la_ricerca_imba.html
[6] http://www.stefanomontanari.net/images/pdf/nanopatologie.pdf
http://www.nanodiagnostics.it/FontiInquinamento.aspx?ID=2
http://www.nanodiagnostics.it/images/086-06.pdf
[7] http://www.arpa.piemonte.it/upload/dl/Pubblicazioni/Gli_impianti_di_termovalorizzazione_dei_RSU/Comba.pdf
http://www.beppegrillo.it/2008/01/inceneritori_no.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Inceneritore
[8] http://www.allarmerifiutitossici.org/rifiutitossici/docs/17.pdf
[9] http://www.beppegrillo.it/2008/01/il_tandem_dei_r.html
[10] http://www.ifogli.it/cen_online.php?id_cen=273&archivio=1&arg
[11] http://it.wikipedia.org/wiki/Compost
lunedì 31 dicembre 2007
Napoli, festeggia per una nuova mentalità
La tragedia di Torino sembra aver portato alla luce un problema che esiste da decenni ma di cui gli italiani non erano informati a dovere: i morti sul lavoro, migliaia ogni anno.
Oggi è deceduto il settimo operaio ferito alla Thyssenkrupp. Il sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha detto che "In segno di rispetto per il dolore della famiglia, degli amici, dei compagni di lavoro e della comunità cittadina, ho disposto l'annullamento dei festeggiamenti per la notte di S.Silvestro - il concerto in piazza Castello e lo spettacolo pirotecnico. Invito la nostra comunità cittadina ad una moderazione nei festeggiamenti privati per dare un segnale del grande dolore che questo mese di dicembre ci ha portato."[1]
Mi sembra una decisione di civiltà e di buonsenso, che condivido in pieno. La solidarietà si esprime anche attraverso decisioni come queste, che a qualcuno potrà sembrare eccessiva ma che almeno è concreta e con una certa valenza simbolica capace di attirare l'attenzione su un problema esistente.
A Napoli invece ci si prepara al capodanno contando altri morti, oltre a quelli sul lavoro: 115 morti ammazzati dalla mafia nel 2007, 18 faide aperte attualmente tra le varie cosche della città [2] e provincia che continueranno a fare morti non solo tra i membri della mafia, ma anche tra persone civili che si troveranno nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Non si possono inoltre dimenticare i problemi di vivibilità quotidiana di questa grande città, e il cronico permanere ormai da anni di una situazione intollerabile per quel che riguarda i rifiuti.
Insomma, una situazione non certo positiva, e che non presenta forti segni di cambiamento. Ma allora, che motivi ci sono per festeggiare in modo cosi plateale, quasi provocatorio, come solo Napoli sa fare?
L'immagine della città avvolta dalla nebbia dei fumi e dallo scintillio dei botti accompagna ogni anno le cronache televisive. I “botti”, che sono in altre città una tradizione marginale, a Napoli sono il simbolo stesso del capodanno, e ne evidenziano tutte le contraddizioni. La voglia di festeggiare, nonostante la situazione in cui si vive, forse riflette la mentalità dell'”arrangiarsi”, del tirare avanti, che da sempre accompagna gli abitanti di queste zone.
Un nuovo modo di pensare, che porti a responsabilizzarsi e ad organizzarsi collettivamente per affrontare i problemi, e non a festeggiare per scongiurarli aspettando l'intervento dall'alto che non verrà mai, forse è l'unica strada per risolvere i problemi: dalla corruzione, al clientelismo, alla camorra infiltrata in ogni ambito della società, fino al problema rifiuti.
Questo nuovo modo di pensare deve partire dalle istituzioni, dallo Stato, che deve riacquistare il significato perso in questi territori abbandonati. Stato come strumento della collettività per il benessere di tutti.
Se il sindaco di Napoli avesse seguito l'esempio di Torino, sarebbe stato un segnale forte e importante in questa direzione e forse avrebbe scosso un po' di coscienze. Si sarebbe dovuto presentare a fine anno per dire che “non possiamo festeggiare in un modo cosi ostentato e appariscente, mentre sulle nostre strade giacciono tonnellate di rifiuti che compromettono per sempre le nostre vite e la salubrità dell'ambiente. Napoli quest'anno deve festeggiare in silenzio e riflettere sul da farsi”.
Il festeggiamento può rimandare i problemi per un poco. Problemi che però torneranno il giorno dopo, più gravi che mai, e che bisogna affrontare e non evitare.
Il mio augurio è che nel prossimo anno la mentalità inizi a cambiare in questa direzione, e chissà che prima o poi non se ne vedranno anche i risultati.
P.S. Parlo e di Napoli e ne critico la mentalità essendo nato in questa provincia, e non da osservatore esterno.
Note
[1] http://www.comune.torino.it/torinoplus/italiano/news/Torinoplus-CapodannodelDesign.html
[2] http://www.internapoli.it/articolo.asp?id=10388
Oggi è deceduto il settimo operaio ferito alla Thyssenkrupp. Il sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha detto che "In segno di rispetto per il dolore della famiglia, degli amici, dei compagni di lavoro e della comunità cittadina, ho disposto l'annullamento dei festeggiamenti per la notte di S.Silvestro - il concerto in piazza Castello e lo spettacolo pirotecnico. Invito la nostra comunità cittadina ad una moderazione nei festeggiamenti privati per dare un segnale del grande dolore che questo mese di dicembre ci ha portato."[1]
Mi sembra una decisione di civiltà e di buonsenso, che condivido in pieno. La solidarietà si esprime anche attraverso decisioni come queste, che a qualcuno potrà sembrare eccessiva ma che almeno è concreta e con una certa valenza simbolica capace di attirare l'attenzione su un problema esistente.
A Napoli invece ci si prepara al capodanno contando altri morti, oltre a quelli sul lavoro: 115 morti ammazzati dalla mafia nel 2007, 18 faide aperte attualmente tra le varie cosche della città [2] e provincia che continueranno a fare morti non solo tra i membri della mafia, ma anche tra persone civili che si troveranno nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Non si possono inoltre dimenticare i problemi di vivibilità quotidiana di questa grande città, e il cronico permanere ormai da anni di una situazione intollerabile per quel che riguarda i rifiuti.
Insomma, una situazione non certo positiva, e che non presenta forti segni di cambiamento. Ma allora, che motivi ci sono per festeggiare in modo cosi plateale, quasi provocatorio, come solo Napoli sa fare?
L'immagine della città avvolta dalla nebbia dei fumi e dallo scintillio dei botti accompagna ogni anno le cronache televisive. I “botti”, che sono in altre città una tradizione marginale, a Napoli sono il simbolo stesso del capodanno, e ne evidenziano tutte le contraddizioni. La voglia di festeggiare, nonostante la situazione in cui si vive, forse riflette la mentalità dell'”arrangiarsi”, del tirare avanti, che da sempre accompagna gli abitanti di queste zone.
Un nuovo modo di pensare, che porti a responsabilizzarsi e ad organizzarsi collettivamente per affrontare i problemi, e non a festeggiare per scongiurarli aspettando l'intervento dall'alto che non verrà mai, forse è l'unica strada per risolvere i problemi: dalla corruzione, al clientelismo, alla camorra infiltrata in ogni ambito della società, fino al problema rifiuti.
Questo nuovo modo di pensare deve partire dalle istituzioni, dallo Stato, che deve riacquistare il significato perso in questi territori abbandonati. Stato come strumento della collettività per il benessere di tutti.
Se il sindaco di Napoli avesse seguito l'esempio di Torino, sarebbe stato un segnale forte e importante in questa direzione e forse avrebbe scosso un po' di coscienze. Si sarebbe dovuto presentare a fine anno per dire che “non possiamo festeggiare in un modo cosi ostentato e appariscente, mentre sulle nostre strade giacciono tonnellate di rifiuti che compromettono per sempre le nostre vite e la salubrità dell'ambiente. Napoli quest'anno deve festeggiare in silenzio e riflettere sul da farsi”.
Il festeggiamento può rimandare i problemi per un poco. Problemi che però torneranno il giorno dopo, più gravi che mai, e che bisogna affrontare e non evitare.
Il mio augurio è che nel prossimo anno la mentalità inizi a cambiare in questa direzione, e chissà che prima o poi non se ne vedranno anche i risultati.
P.S. Parlo e di Napoli e ne critico la mentalità essendo nato in questa provincia, e non da osservatore esterno.
Note
[1] http://www.comune.torino.it/torinoplus/italiano/news/Torinoplus-CapodannodelDesign.html
[2] http://www.internapoli.it/articolo.asp?id=10388
venerdì 16 novembre 2007
Pizza Pepperoni, thank you
L'ultima lettura che ho consigliato è Fast Food Nation, il saggio del giornalista Eric Schlosser sull'industria del fast food, dalle origini ai giorni nostri. Nella recensione [1] ho parlato del capitolo dedicato a "Cosa c'è nella carne", che vi riporto per introdurre l'argomento di oggi:
Ovviamente anche la qualità del cibo ne risente, e un capitolo è dedicato proprio a "Cosa c'è nella Carne", riportando numerosi casi di intossicazioni da Escherichia Coli 015:H7 per capire come si intrecciano gli interessi delle aziende e i deboli controlli da parte delle agenzie governtive, private sempre più dei loro poteri da amministrazioni ampiamente finanziate dalla industria della carne, che oggi è una delle più potenti e influenti. Basti pensare che il Dipartimento dell'agricoltura oggi può ritirare dal mercato dei giocattoli difettosi ma non una partita di carne contaminata.
Quel che è peggio è scoprire che fino al 2001 le mense scolastiche di molti stati americani si rifornivano da produttori di carne ripetutamente denunciati per la presenza di batteri e salmonella. Il risultato di queste enormi pressioni e di leggi che favoriscono i produttori è che oggi negli Stati Uniti ogni anno ci sono circa 37.000 casi di intossicazione alimentare,e l'uso indiscriminato di antibiotici nell'allevamento ne aumenta la resistenza e la pericolosità. Non a caso uno dei pericoli concreti che corre l'umanità e di essere colpita da una pandemia sviluppatasi proprio negli allevamenti intensivi di animali.
Correva l'anno 2001. Si potrebbe pensare che oggi questi problemi siano superati, che l'igiene delle "catene di smontaggio", i macelli, sia scontata. I fatti però smentiscono l'ipotesi, e dimostrano ancora una volta che quando gli interessi economici diventano enormi e ben radicati, la situazione non cambia e sono i consumatori a pagarne le conseguenze.
Poche settimane fa negli Stati Uniti sono state ritirate dal mercato 5 milioni di pizze surgelate a causa di una possibile contaminazione di Escherichia Coli, il batterio di cui si parla anche nel saggio e che si trova nell'intestino degli animali e nelle feci. L'ingrediente imputato è un salamino piccante di carne di maiale, che si trova su pizze chiamate "pepperoni", ma che niente hanno a che fare con l'ortaggio.[2,3] Il batterio provoca dissenteria e problemi vari, ma può essere mortale su alcuni soggetti.
Il produttore delle pizze è la General Mills, una delle maggiori aziende statunitensi in campo alimentare, e ha deciso di ritirare "volontariamente" i propri prodotti,[4] proprio perchè come spiega Schlosser nel saggio, lo Stato non può tutelare la salute pubblica imponendo un ritiro, ma solo invitare l'azienda ad agire volontariamente se c'è un rischio accertato. Questo succede quando si lascia libero il mercato, come tanti sognano di fare senza pensare alle conseguenze.
Per queste aziende il bilancio viene prima di tutto, e in ogni campo.
Ad esempio, un rapporto dell'istituto di Medicina ha denunciato che dall'80 al 97% dei prodotti indirizzati ai bambini ha una scarsa qualità nutrizionale. La General Mills, insieme alla Kellogs, è una delle corporation che fa maggiore resistenza ad una migliore regolamentazione della pubblicità, perchè la sua spesa principale è proprio nel marketing rivolto ai minori di 12 anni. La sua idea migliore di cibo nutriente è un pacco di cereali da colazione con il 40% di zuccheri e una fantastica pubblicità colorata per attirare i tanti bambini che guardano la televisione.[5]
Questo è solo uno dei tanti esempi che descrivono una situazione in cui è contrapposta la salute delle persone con gli interessi economici di chi produce cibo. Quando si permette a queste industrie di acquisire un potere così grande, diventa in seguito sempre più difficile emanare leggi e regolamentazioni che tutelino i consumatori. Bisogna quindi agire prima, anche nel nostro paese che si trova nella stessa situazione pur non avendo imponenti aziende come questa. Perchè il bene di tutti non venga trascurato a favore di pochi.
Note
[1] http://isoladikrino.splinder.com/post/14227584/ [2] http://www.nytimes.com/2007/11/02/us/02brfs-FROZENPIZZAS_BRF.html
[3] http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_02/Pizze_contaminate.shtml
[4] http://www.generalmills.com/corporate/media_center/news_release_detail.aspx?itemID=29007&catID=227
[5] http://www.nytimes.com/2005/12/16/business/16food.html
Ovviamente anche la qualità del cibo ne risente, e un capitolo è dedicato proprio a "Cosa c'è nella Carne", riportando numerosi casi di intossicazioni da Escherichia Coli 015:H7 per capire come si intrecciano gli interessi delle aziende e i deboli controlli da parte delle agenzie governtive, private sempre più dei loro poteri da amministrazioni ampiamente finanziate dalla industria della carne, che oggi è una delle più potenti e influenti. Basti pensare che il Dipartimento dell'agricoltura oggi può ritirare dal mercato dei giocattoli difettosi ma non una partita di carne contaminata.
Quel che è peggio è scoprire che fino al 2001 le mense scolastiche di molti stati americani si rifornivano da produttori di carne ripetutamente denunciati per la presenza di batteri e salmonella. Il risultato di queste enormi pressioni e di leggi che favoriscono i produttori è che oggi negli Stati Uniti ogni anno ci sono circa 37.000 casi di intossicazione alimentare,e l'uso indiscriminato di antibiotici nell'allevamento ne aumenta la resistenza e la pericolosità. Non a caso uno dei pericoli concreti che corre l'umanità e di essere colpita da una pandemia sviluppatasi proprio negli allevamenti intensivi di animali.
Correva l'anno 2001. Si potrebbe pensare che oggi questi problemi siano superati, che l'igiene delle "catene di smontaggio", i macelli, sia scontata. I fatti però smentiscono l'ipotesi, e dimostrano ancora una volta che quando gli interessi economici diventano enormi e ben radicati, la situazione non cambia e sono i consumatori a pagarne le conseguenze.
Poche settimane fa negli Stati Uniti sono state ritirate dal mercato 5 milioni di pizze surgelate a causa di una possibile contaminazione di Escherichia Coli, il batterio di cui si parla anche nel saggio e che si trova nell'intestino degli animali e nelle feci. L'ingrediente imputato è un salamino piccante di carne di maiale, che si trova su pizze chiamate "pepperoni", ma che niente hanno a che fare con l'ortaggio.[2,3] Il batterio provoca dissenteria e problemi vari, ma può essere mortale su alcuni soggetti.
Il produttore delle pizze è la General Mills, una delle maggiori aziende statunitensi in campo alimentare, e ha deciso di ritirare "volontariamente" i propri prodotti,[4] proprio perchè come spiega Schlosser nel saggio, lo Stato non può tutelare la salute pubblica imponendo un ritiro, ma solo invitare l'azienda ad agire volontariamente se c'è un rischio accertato. Questo succede quando si lascia libero il mercato, come tanti sognano di fare senza pensare alle conseguenze.
Per queste aziende il bilancio viene prima di tutto, e in ogni campo.
Ad esempio, un rapporto dell'istituto di Medicina ha denunciato che dall'80 al 97% dei prodotti indirizzati ai bambini ha una scarsa qualità nutrizionale. La General Mills, insieme alla Kellogs, è una delle corporation che fa maggiore resistenza ad una migliore regolamentazione della pubblicità, perchè la sua spesa principale è proprio nel marketing rivolto ai minori di 12 anni. La sua idea migliore di cibo nutriente è un pacco di cereali da colazione con il 40% di zuccheri e una fantastica pubblicità colorata per attirare i tanti bambini che guardano la televisione.[5]
Questo è solo uno dei tanti esempi che descrivono una situazione in cui è contrapposta la salute delle persone con gli interessi economici di chi produce cibo. Quando si permette a queste industrie di acquisire un potere così grande, diventa in seguito sempre più difficile emanare leggi e regolamentazioni che tutelino i consumatori. Bisogna quindi agire prima, anche nel nostro paese che si trova nella stessa situazione pur non avendo imponenti aziende come questa. Perchè il bene di tutti non venga trascurato a favore di pochi.
Note
[1] http://isoladikrino.splinder.com/post/14227584/ [2] http://www.nytimes.com/2007/11/02/us/02brfs-FROZENPIZZAS_BRF.html
[3] http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_02/Pizze_contaminate.shtml
[4] http://www.generalmills.com/corporate/media_center/news_release_detail.aspx?itemID=29007&catID=227
[5] http://www.nytimes.com/2005/12/16/business/16food.html
giovedì 4 ottobre 2007
V-Day, io c'ero
E' passato quasi un mese dal V-Day, l'iniziativa promossa da Beppe Grillo e ormai nota in Italia e oltre. Ho avuto la possibilità di partecipare proprio a Bologna, dove si è svolto lo spettacolo principale che ha visto un inaspettato e come sempre piacevole Grillo conduttore, e tanti altri ospiti alternarsi sul palco per brevi discorsi.
La copertura mediatica successiva all'evento francamente mi ha molto stupito, dal momento che fino al 7 settembre i media avevano completamente taciuto la notizia, e solo su internet c'era un gran fermento di gruppi, volontari e persone comuni che organizzavano i tanti eventi in giro per l'Italia.
Ho ascoltato pazientemente e in silenzio le inevitabili polemiche e discussioni trasmesse dai media nazionali per le settimane successive, e che hanno infiammato animi e telegiornali. Compresi i direttori, vedi il prevedibile Emilio Fede (Tg4) o la rivelazione Mauro Mazza (Tg2) che in un editoriale video ha commentato il V-day accusando Grillo di fomentare violenza e addirittura ha messo in guardia da un nuovo pericolo di terrorismo contro la classe politica. Altri commenti sono inutili.[1]
Anche i politici, primi destinatari del v-day, hanno reagito quasi tutti negativamente. Critiche costruttive al V-day e alla proposta di legge popolare non se ne sono viste, e alcune accuse infondate e al limite della diffamazione sono state amplificate, approfondite e rese serie, credibili, da giornalisti e commentatori vari. Sono le magie dell'informazione italiana.
Grillo non ha certo bisogno di difese, il suo blog ha più di 200.000 lettori al giorno, il mio 10 se va bene, ma anche io ero in quella piazza, e quindi voglio difendere me stesso e gli altri presenti. Non voglio aggiungermi alle migliaia di commenti sul V-day, ma vorrei concentrarmi sul caso di "magia dell'informazione" più grottesco di tutti, perchè contiene tutti gli elementi più notevoli per capire come funziona il meccanismo della disinformazione in Italia.
Senza dubbio la palma d'oro va all'accusa, lanciata da Casini [2] e ripresa a ruota da altri, secondo la quale Beppe Grillo e la piazza del V-day avrebbero insultato e offeso la persona di Marco Biagi.[3 ] Una pura fantasia. L'8 settembre si è parlato della LEGGE Biagi, e non si è mai nominato il signor Biagi. Se la legge si chiama così è solo colpa del governo Berlusconi che intitolò abusivamente la legge, scritta da Maroni, al professore assassinato.[4 ] Biagi, tral'altro, prima di morire aveva scritto a vari politici tra cui Casini, dicendosi preoccupato e chiedendo invano la scorta.[3 ] Ovviamente i tg hanno evitato di riportare questi particolari non da poco.
Queste polemiche mostrano molto bene come l'informazione è capace di strumentalizzare e distrarre il discorso per evitare di parlare dei contenuti del V-Day, dei problemi che ha sollevato, e delle proposte che sono sorte con forza da tutte le piazze.
E si, perchè il V-Day non è stato solo un grande "vaffanculo" ad una classe politica per la maggiore corrotta, clientelare, chiusa su se stessa. Ha proposta una legge popolare, che ha raccolto oltre 300.000 firme, per licenziare dal parlamento tutti i politici condannati, per limitare a 2 il numero di legislature possibili, e per tornare alla elezione diretta dei politici. Ma non solo, Grillo ci ha anche ricordato che un anno fa si è presentato da Prodi portando un libro di proposte concrete fatte da esperti e cittadini. Una "fabbrica del programma" parallela a quella dell'Unione che invece ha prodotto un programma fatto di illusioni. I Tg non hanno mai parlato di questi contenuti, che avrebbero presentato il V-day per quello che è stato: un importante momento di partecipazione popolare alla vita pubblica, e che quindi riguarda tutti noi.
Termino riportando il post di Beppe che secondo a mio parere meglio risponde a tutte le accuse mosse finora. Poche frasi, ma chiare e incisive.
Ieri sera a "Porta a Porta", il presidente del Consiglio, definito ormai dagli stessi giornalisti "Valium-Prodi" parlava seduto dietro a una gigantografia con la mia faccia. Belin, è come se la BBC trasmettesse un discorso alla nazione di Gordon Brown che si rivolge a Mr. Bean.
Prodi mi ha colpito, ha detto una cosa qualunquista: "I cittadini non sono migliori dei politici". Credo che intendesse tutti i cittadini e tutti i politici. Insomma, siamo un Paese senza speranza.
Valium ha poi continuato dicendo di me: "Ora cambia perchè dalla critica deve arrivare alla proposta?.
Qui mi sono molto preoccupato.
Le proposte infatti ci sono: quelle dei cittadini che per mesi hanno scritto commenti e mail al blog. Non sono mie, sono dei datori di lavoro di Prodi. Le ho consegnate personalmente a Alzheimer-Prodi a Palazzo Chigi l'8 giugno del 2006. Gli lasciai una lettera di licenziamento nel caso non le avesse tenute in considerazione. Mi rassicurò che le avrebbe trasmesse ai ministri competenti. Ho il filmato integrale.
Il programma lo hanno scritto i cittadini, non Grillo.
L'Italia cambierà grazie ai suoi cittadini, non grazie a Grillo.
Si parla di vuoto da riempire, ma chi l'ha creato se non l'assenza della politica? Se non la partitocrazia? Attaccano me, ma in realtà attaccano il loro (ex) elettorato.
Sono dei pugili suonati.
http://www.beppegrillo.it/2007/09/le_proposte_dei_cittadini.html
Note
[1] http://www.beppegrillo.it/2007/09/informazione_di.html
[2] http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/grillo-v-day/v-day-reazioni/v-day-reazioni.html
[3] http://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Biagi
[4] http://www.beppegrillo.it/2007/09/gli_intellettua.html
sabato 29 settembre 2007
Per una Birmania migliore
E' trascorso un lungo periodo di pausa. Me ne scuso, ma periodi di riflessione sono sempre necessari, soprattutto quando si ha la possibilità di farlo dal momento che questo non è un lavoro. Negli ultimi periodi prima della sospensione, le visite al blog sono state molto basse, e questo non ha certo aiutato. In diverse occasioni ho invitato a scrivere al nostro indirizzo di posta (isoladikrino@gmail.com), inviando commenti e consigli per migliorare il blog, ma purtroppo non ho mai ricevuto un email. Colgo l'occasione per invitare a scrivere, a dire cosa non piace, come migliorare, fare richieste su temi da affrontare, proporre una collaborazione, etc. Di blog pieni di chiacchiere, in cui ognuno esprime la propria opinione senza basarsi su fatti, ce ne sono fin troppi, e l'Isola di Krino vuole provare ad essere qualcosa di diverso e utile all'informazione, anche col vostro aiuto. Spero che questo fine venga apprezzato maggiormente.
Detto questo, ho deciso di riprendere l'attività parlando dei fatti in Birmania. Buona lettura. (L'Immagine è Copyright ANSA)

I fatti sono noti anche sulla stampa italiana. Nella ex-Birmania, ora Myanmar, nel sud est asiatico, è in corso una mobilitazione di monaci, studenti e gente comune, circa 50.000 secondo le stime, contro il regime militare al potere chiamato in modo piuttosto grottesco "Consiglio statale per la pace e lo sviluppo" (SPDC).
Le proteste sono iniziate da circa 10 giorni, ma nella sola giornata di ieri sono state uccise 9 persone dai militari che stanno tentando di reprimere duramente la rivolta. Secondo fonti locali, ormai i militari sparano ad altezza d'uomo, e negli ultimi giorni hanno sgomberato 6 monasteri, arrestando circa 850 monaci che si vanno ad aggiungere ai più dei 1000 detenuti politici rinchiusi nelle carceri del regime.[1] Possiamo immaginare il trattamento riservatogli, visto che nell'ultimo rapporto di Amnesty si parla di torture e maltrattamenti sistematici durante processi e interrogatori, e di precarie condizioni carcerarie, senza assistenza medica e un'alimentazione carente.[2]
Star dietro i numeri di questo scontro è però molto difficile, dal momento che le fonti primarie sono gli organi di informazione controllati dal regime militare, e quindi molto parziali. E contare su fonti indipendenti è sempre più impensabile. Uno degli aspetti più gravi di tutta la vicenda riguarda proprio il diritto all'informazione, negato brutalmente in questo paese. Certo, anche nei nostri paesi democratici siamo abituati al controllo dell'informazione, ai filtri, e alla propaganda. ma leggere che il regime militare Birmano sta uccidendo e scacciando tutti i giornalisti stranieri (ultimi morti un tedesco e un giapponese), oscurando blog, impedendo l'accesso ad internet, controllando le linee di cellulari, è qualcosa di troppo grave e, ritengo, sconcertante.
Nonostante questi fatti, un diplomatico anonimo del SPDC ha anche il coraggio di affermare che 'Il governo si sta impegnando a mostrarsi moderato nel rispondere alle provocazioni'. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se si fossero mostrati decisi nella risposta.[3]
La Birmania è sotto dittatura militare dal 1962, e l'attuale capo è il Generale Than Shwe. Nel 1990 la giunta militare concesse una sorta di elezioni fantocce, che furono stravinte dal Fronte di Aung San Suu Kyi con l'80% dei consensi, nonostante le minacce e i rastrellamenti da parte dell'esercito. Suu Kyi fu ricompensata con gli arresti domiciliari, che continuano ormai da 12 anni, e con l'assoluto isolamento dal resto del mondo.
E' lecito chiedersi come è possibile che il mondo che si definisce "democratico", USA in testa, tolleri regimi militari del genere ancora oggi nel 2007. Ed è anche lecito pensare che ci siano interessi troppo forti che spiegano la situazione e l'immobilità internazionale, e vanno ricercati negli scambi economici che buona parte del mondo intrattiene con questo paese. Anche l'Europa partecipa specialmente nel settore petrolifero e del gas, come possiamo leggere in una risoluzione del 2002 del Parlamento europeo.[4] Ma questo è un argomento da approfondire prossimamente.
Cosa possiamo fare per supportare questa popolazione nella loro battaglia per un Myanmar migliore?
Innanzitutto, chi ha attività in Birmania dovrebbe ritirarsi al più presto, e fermare ogni forma di finanziamento, diretto e indiretto, del regime militare. Ma anche noi semplici cittadini possiamo fare qualcosa anche a distanza, firmando gli appelli che in questi giorni sono stati promossi da varie associazioni. Voglio segnalarne due che ritengo più importanti e incisivi.
Il primo è ovviamente di Amnesty International, la più impegnata e seria organizzazione al mondo sui diritti umani.
http://www.amnesty.it/appelli/azioni_urgenti/Myanmar?page=azioni_urgenti
Il secondo è di una organizzazione nata di recente, chiamata Avaaz, formata da più di un milione di cittadini di tutto il mondo che agiscono attraverso petizioni e altre forme di pressione via internet, su temi come l'ambiente, i diritti umani, la politica mondiale, etc. La Petizione è rivolta a tutti i membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, alla stampa
http://www.avaaz.org/en/stand_with_burma/
Agire via internet con una firma è un gesto ma che può essere molto incisivo, ed è una cosa, come abbiamo visto, che non è scontata in tutti i paesi del mondo. Approfittiamone, e continuiamo a tenerci aggiornati leggendo, ad esempio, i siti di Amnesty International italiana e internazionale[5], o semplicemente un agenzia come l'ANSA[6].
Note
[1] Agenzie di stampa e giornali italiani online (Corriere, Repubblica, Ansa, etc)
[2] http://www.amnesty.it/pressroom/ra2007/myanmar.html?page=ra2007
[3] http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/news_collection/awnplus_ticker/2007-09-27_127130994.html
[4] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P5-TA-2002-0186+0+DOC+XML+V0//IT
[5] http://www.amnesty.it/home/index.html
[6] http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mondo/mondo.html
Detto questo, ho deciso di riprendere l'attività parlando dei fatti in Birmania. Buona lettura. (L'Immagine è Copyright ANSA)

I fatti sono noti anche sulla stampa italiana. Nella ex-Birmania, ora Myanmar, nel sud est asiatico, è in corso una mobilitazione di monaci, studenti e gente comune, circa 50.000 secondo le stime, contro il regime militare al potere chiamato in modo piuttosto grottesco "Consiglio statale per la pace e lo sviluppo" (SPDC).
Le proteste sono iniziate da circa 10 giorni, ma nella sola giornata di ieri sono state uccise 9 persone dai militari che stanno tentando di reprimere duramente la rivolta. Secondo fonti locali, ormai i militari sparano ad altezza d'uomo, e negli ultimi giorni hanno sgomberato 6 monasteri, arrestando circa 850 monaci che si vanno ad aggiungere ai più dei 1000 detenuti politici rinchiusi nelle carceri del regime.[1] Possiamo immaginare il trattamento riservatogli, visto che nell'ultimo rapporto di Amnesty si parla di torture e maltrattamenti sistematici durante processi e interrogatori, e di precarie condizioni carcerarie, senza assistenza medica e un'alimentazione carente.[2]
Star dietro i numeri di questo scontro è però molto difficile, dal momento che le fonti primarie sono gli organi di informazione controllati dal regime militare, e quindi molto parziali. E contare su fonti indipendenti è sempre più impensabile. Uno degli aspetti più gravi di tutta la vicenda riguarda proprio il diritto all'informazione, negato brutalmente in questo paese. Certo, anche nei nostri paesi democratici siamo abituati al controllo dell'informazione, ai filtri, e alla propaganda. ma leggere che il regime militare Birmano sta uccidendo e scacciando tutti i giornalisti stranieri (ultimi morti un tedesco e un giapponese), oscurando blog, impedendo l'accesso ad internet, controllando le linee di cellulari, è qualcosa di troppo grave e, ritengo, sconcertante.
Nonostante questi fatti, un diplomatico anonimo del SPDC ha anche il coraggio di affermare che 'Il governo si sta impegnando a mostrarsi moderato nel rispondere alle provocazioni'. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se si fossero mostrati decisi nella risposta.[3]
La Birmania è sotto dittatura militare dal 1962, e l'attuale capo è il Generale Than Shwe. Nel 1990 la giunta militare concesse una sorta di elezioni fantocce, che furono stravinte dal Fronte di Aung San Suu Kyi con l'80% dei consensi, nonostante le minacce e i rastrellamenti da parte dell'esercito. Suu Kyi fu ricompensata con gli arresti domiciliari, che continuano ormai da 12 anni, e con l'assoluto isolamento dal resto del mondo.
E' lecito chiedersi come è possibile che il mondo che si definisce "democratico", USA in testa, tolleri regimi militari del genere ancora oggi nel 2007. Ed è anche lecito pensare che ci siano interessi troppo forti che spiegano la situazione e l'immobilità internazionale, e vanno ricercati negli scambi economici che buona parte del mondo intrattiene con questo paese. Anche l'Europa partecipa specialmente nel settore petrolifero e del gas, come possiamo leggere in una risoluzione del 2002 del Parlamento europeo.[4] Ma questo è un argomento da approfondire prossimamente.
Cosa possiamo fare per supportare questa popolazione nella loro battaglia per un Myanmar migliore?
Innanzitutto, chi ha attività in Birmania dovrebbe ritirarsi al più presto, e fermare ogni forma di finanziamento, diretto e indiretto, del regime militare. Ma anche noi semplici cittadini possiamo fare qualcosa anche a distanza, firmando gli appelli che in questi giorni sono stati promossi da varie associazioni. Voglio segnalarne due che ritengo più importanti e incisivi.
Il primo è ovviamente di Amnesty International, la più impegnata e seria organizzazione al mondo sui diritti umani.
http://www.amnesty.it/appelli/azioni_urgenti/Myanmar?page=azioni_urgenti
Il secondo è di una organizzazione nata di recente, chiamata Avaaz, formata da più di un milione di cittadini di tutto il mondo che agiscono attraverso petizioni e altre forme di pressione via internet, su temi come l'ambiente, i diritti umani, la politica mondiale, etc. La Petizione è rivolta a tutti i membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, alla stampa
http://www.avaaz.org/en/stand_with_burma/
Agire via internet con una firma è un gesto ma che può essere molto incisivo, ed è una cosa, come abbiamo visto, che non è scontata in tutti i paesi del mondo. Approfittiamone, e continuiamo a tenerci aggiornati leggendo, ad esempio, i siti di Amnesty International italiana e internazionale[5], o semplicemente un agenzia come l'ANSA[6].
Note
[1] Agenzie di stampa e giornali italiani online (Corriere, Repubblica, Ansa, etc)
[2] http://www.amnesty.it/pressroom/ra2007/myanmar.html?page=ra2007
[3] http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/news_collection/awnplus_ticker/2007-09-27_127130994.html
[4] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P5-TA-2002-0186+0+DOC+XML+V0//IT
[5] http://www.amnesty.it/home/index.html
[6] http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mondo/mondo.html
domenica 19 agosto 2007
L'intolleranza del tifo Italiano
Mi scuso per la lenta (e prevista) frequenza di aggiornamento del blog, ma come un po' tutti anche noi ci stiamo godendo le brevi vacanze estive, ridotte ormai al solo mese di Agosto.
Pubblico questa riflessione sulla violenza negli stadi inviatami da TenderSurrender. Buona lettura, e buon proseguimento di vacanze.
Ormai quasi tutte le partite che si giocano all'Olimpico e che vedono impegnate le romane nell'ambito di manifestazioni internazionali sono teatro di spiacevoli scontri fra clan di tifosi o ancor peggio fra tifosi e forze dell'ordine. Gli accoltellamenti non si contano, così com' è impossibile fare ammenda di tutte le tragedie finora sfiorate. Le diffide del campo e le multe a Roma e Lazio sembrano inutili tentativi di risolvere questa orribile tendenza. Si dovrebbe andare alla radice del problema e combattere definitivamente questa piaga sociale, a mio parere, tipica di Roma e della sua cultura sportiva quantomai insesistente.
Molti politici, pervasi dalla loro capacità imbonitoria ed inclini per natura ad esaltare solo la merce più pregiata per mostrarla in giro per le piazze, finiscono per dimenticarsi con altrettanta futilità di quante figuracce sono capaci di collezionare ogni anno. Peccato che propio nella terra dove si dice sia nata la civiltà occidentale oggi si registri un degrado sociale, almeno nell'ambito sportivo, tanto deprimente e preoccupante.
Senza fare del facile qualunquismo o del prevedibile associazionismo, vi sembra normale che ancora oggi la maggior parte del tifo Laziale sia connivente con frange dell'estrema destra o rifiuti quantomeno l'idea di combatterle?
Vi sembra mai possibile e al tempo stesso tollerabile che dopo i fatti della monetina [http://www.aicovis.it/legginews.asp?Id=526¯oarea=] che videro coinvolto l'arbitro Frisk non si siano attuate le dovute precauzioni e che un vile gesto del genere sia ancora potenzialmente replicabile?
Domande, amici miei, che non trovano una facile risposta. Quesiti destinati a rieccheggiare a lungo in questo limbo dantesco sperando che un giorno un anima candida come quella di Virgilio c'illumini d'immenso mostrandoci la via della speranza.
Pubblico questa riflessione sulla violenza negli stadi inviatami da TenderSurrender. Buona lettura, e buon proseguimento di vacanze.
Ormai quasi tutte le partite che si giocano all'Olimpico e che vedono impegnate le romane nell'ambito di manifestazioni internazionali sono teatro di spiacevoli scontri fra clan di tifosi o ancor peggio fra tifosi e forze dell'ordine. Gli accoltellamenti non si contano, così com' è impossibile fare ammenda di tutte le tragedie finora sfiorate. Le diffide del campo e le multe a Roma e Lazio sembrano inutili tentativi di risolvere questa orribile tendenza. Si dovrebbe andare alla radice del problema e combattere definitivamente questa piaga sociale, a mio parere, tipica di Roma e della sua cultura sportiva quantomai insesistente.
Molti politici, pervasi dalla loro capacità imbonitoria ed inclini per natura ad esaltare solo la merce più pregiata per mostrarla in giro per le piazze, finiscono per dimenticarsi con altrettanta futilità di quante figuracce sono capaci di collezionare ogni anno. Peccato che propio nella terra dove si dice sia nata la civiltà occidentale oggi si registri un degrado sociale, almeno nell'ambito sportivo, tanto deprimente e preoccupante.
Senza fare del facile qualunquismo o del prevedibile associazionismo, vi sembra normale che ancora oggi la maggior parte del tifo Laziale sia connivente con frange dell'estrema destra o rifiuti quantomeno l'idea di combatterle?
Vi sembra mai possibile e al tempo stesso tollerabile che dopo i fatti della monetina [http://www.aicovis.it/legginews.asp?Id=526¯oarea=] che videro coinvolto l'arbitro Frisk non si siano attuate le dovute precauzioni e che un vile gesto del genere sia ancora potenzialmente replicabile?
Domande, amici miei, che non trovano una facile risposta. Quesiti destinati a rieccheggiare a lungo in questo limbo dantesco sperando che un giorno un anima candida come quella di Virgilio c'illumini d'immenso mostrandoci la via della speranza.
venerdì 8 giugno 2007
Discorso Speciale
Scusate il lungo periodo di silenzio. Speravo che la petizione avesse qualche adesione (al di fuori dei collaboratori di questo blog), ma evidentemente non è stato così. Forse si preferisce impiegare il tesoretto in riforme che, spero di sbagliarmi, non arriveranno mai nelle case e nelle tasche degli italiani.
Chiusa la parentesi sul tesoretto che non c'è più, vorrei proporvi l'articolo di ieri di Marco Travaglio, che spiega in modo chiaro la vicenda Visco, di cui tutti parlano ma pochi sanno di cosa si tratta davvero.
Quelli di sinistra non ci capiscono nulla sentendo i loro leader, mentre quelli di destra pensano che sia l'ennesima presa di potere da parte dei comunisti, delle cooperative rosse e delle banche rosse. Berlusconi&Co nella propaganda sono mille volte più bravi dei comunisti, non c'è da discutere.
L'articolo è un'ipotetica lettera di Prodi agli italiani. Di un Prodi presidente di una sinistra che nella realtà non esiste, ma è incapace e succube dell'opposizione. Che ha taciuto alle nefandezze del cavaliere e che ora si fa travolgere dalle polemiche innescate dall'opposizione e giornali al seguito. Alla fine della storia, chi è stato più ipocrita e scorretto? La sinistra, la destra, o entrambi?
Spero che questo aiuti a non prendere mai posizioni per partito preso, ma a diffidare SEMPRE dei politici, siano essi di destra o di sinistra.
Buona lettura
*************************************
Questo è il discorso che ieri Prodi NON ha pronunciato al Senato
Gentili senatrici e senatori, abbiamo sbagliato. Ha sbagliato Visco a non spiegare subito, nel luglio scorso, perché voleva il cambio della guardia al vertice delle Fiamme Gialle milanesi.
Come viceministro delegato ne aveva il potere (quando le stesse cose le faceva Tremonti non fiatava nessuno, anche perché all’opposizione c’eravamo noi, e dormivamo). Ma ha sbagliato il modo: se pensava che quegli ufficiali avessero fatto qualcosa di male, doveva dire cosa; se li riteneva colpevoli della fuga di notizie sulla telefonata Fassino-Consorte al Giornale, non aveva che da dirlo. Invece ha fatto tutto in via riservata, alimentando sospetti di conflitti d’interessi su Unipol e fidandosi del comandante Speciale, uno che basta guardarlo in faccia per capire che ti frega.
L’errore di partenza ne ha prodotti altri a catena: sabato abbiamo cacciato Speciale, ma nemmeno stavolta abbiamo spiegato chi è e perché lo Stato non può fidarsi di lui. Solo oggi il ministro Padoa-Schioppa analizzando vita e opere non edificanti del comandante licenziato ci ha fatto capire quel perché. Costui fa parte del giro del generale Pollari, che ha trasformato il Sismi in una palude di dossier illegali, veline fasulle e stecche a giornalisti compiacenti e, pare, addirittura di sequestri di persona. Ma anche su Pollari abbiamo sbagliato: scaduto al Sismi, l’abbiamo nominato giudice del Consiglio di Stato, lui che è imputato di sequestro di persona; l’abbiamo coperto col segreto di Stato, salvo poi fare retromarcia; e l’abbiamo pure nominato consulente di Palazzo Chigi anziché spedirlo a casa.
Idem per Pio Pompa, pure lui coinvolto nei dossier e nel sequestro Abu Omar: l’abbiamo tolto dal Sismi e promosso dirigente del ministero della Difesa. Lo stesso errore abbiamo commesso con Speciale offrendogli un posto alla Corte dei Conti, come se questa fosse la discarica pubblica, anziché spedirlo a casa e spiegare al Paese perché non poteva più comandare la Guardia di Finanza, anche se piace molto a Fiorello.
Ecco: in tutti i nostri errori s’è incuneato come lama incandescente nel burro il centrodestra. Che, diversamente da noi, sa come fare l’opposizione. Quando l’Unità e altri giornali amici denunciavano le porcate della Banda Berlusconi, infinitamente più gravi dei nostri recenti errori, noi li invitavamo a non «demonizzare». Quando i girotondi scendevano in piazza contro le leggi vergogna, li snobbavamo o li accusavamo di radicalismo e giustizialismo, alla ricerca di un fantomatico «dialogo col Cavaliere».
Ora ce lo insegna lui come si fa l’opposizione: il suo Giornale racconta le nostre pagliuzze, la Cdl ne fa una battaglia politica, e noi che potremmo rispondere con le sue travi ce ne stiamo zitti. Se penso che Berlusconi solo un mese fa veniva applaudito al congressi Ds e Dl e addirittura invitato a entrare in Telecom, mi viene da piangere. Così lui oggi ci dà lezioni di morale, con i suoi Previti, i suoi Dell’Utri, i suoi 7 reati prescritti, i suoi fondi neri, il suo processo per evasione fiscale, i suoi condoni. E atteggiarsi a difensore della Gdf, lui che la definiva «associazione a delinquere».
Ma ora basta. D’ora in poi ricorderemo chi sono Berlusconi e la sua banda. Comincio subito.
Il capo dei servizi fiscali della Fininvest Salvatore Sciascia fu condannato in Cassazione per corruzione della GdF. Credete che l’abbiano cacciato? Come scriverà domani Franco Bechis su Italia Oggi, è socio di Michela Vittoria Brambilla nella Vittoria Media Partners Srl, editrice del Giornale delle Libertà. Se l’on. Massimo Maria Berruti volesse, potrebbe raccontarci di quando, capitano delle Fiamme Gialle, condusse un’ispezione valutaria all’Edilnord e interrogò Berlusconi sulle sigle svizzere retrostanti le sue società. Era il 1979. Lui si spacciò per «un semplice consulente», mentre era il proprietario. Berruti bevve tutto, archiviò e si dimise dal corpo. E andò a lavorare in Fininvest.
Nel ‘94 fu arrestato e poi condannato a 1 anno e 8 mesi per i depistaggi sulle tangenti alla Gdf, dunque è deputato di Forza Italia. Per ora basta così, il resto alla prossima puntata. Ora scusate, ma devo correre a cancellare le leggi vergogna, perché non resti traccia del berlusconismo.
Marco Travaglio, dalla sua rubrica "Uliwood Party" su L'Unità del 7 giugno 2007
(Grazie a Frank per il suo continuo lavoro di trascrittura sul blog http://vivamarcotravaglio.splinder.com/ )
Chiusa la parentesi sul tesoretto che non c'è più, vorrei proporvi l'articolo di ieri di Marco Travaglio, che spiega in modo chiaro la vicenda Visco, di cui tutti parlano ma pochi sanno di cosa si tratta davvero.
Quelli di sinistra non ci capiscono nulla sentendo i loro leader, mentre quelli di destra pensano che sia l'ennesima presa di potere da parte dei comunisti, delle cooperative rosse e delle banche rosse. Berlusconi&Co nella propaganda sono mille volte più bravi dei comunisti, non c'è da discutere.
L'articolo è un'ipotetica lettera di Prodi agli italiani. Di un Prodi presidente di una sinistra che nella realtà non esiste, ma è incapace e succube dell'opposizione. Che ha taciuto alle nefandezze del cavaliere e che ora si fa travolgere dalle polemiche innescate dall'opposizione e giornali al seguito. Alla fine della storia, chi è stato più ipocrita e scorretto? La sinistra, la destra, o entrambi?
Spero che questo aiuti a non prendere mai posizioni per partito preso, ma a diffidare SEMPRE dei politici, siano essi di destra o di sinistra.
Buona lettura
*************************************
Questo è il discorso che ieri Prodi NON ha pronunciato al Senato
Gentili senatrici e senatori, abbiamo sbagliato. Ha sbagliato Visco a non spiegare subito, nel luglio scorso, perché voleva il cambio della guardia al vertice delle Fiamme Gialle milanesi.
Come viceministro delegato ne aveva il potere (quando le stesse cose le faceva Tremonti non fiatava nessuno, anche perché all’opposizione c’eravamo noi, e dormivamo). Ma ha sbagliato il modo: se pensava che quegli ufficiali avessero fatto qualcosa di male, doveva dire cosa; se li riteneva colpevoli della fuga di notizie sulla telefonata Fassino-Consorte al Giornale, non aveva che da dirlo. Invece ha fatto tutto in via riservata, alimentando sospetti di conflitti d’interessi su Unipol e fidandosi del comandante Speciale, uno che basta guardarlo in faccia per capire che ti frega.
L’errore di partenza ne ha prodotti altri a catena: sabato abbiamo cacciato Speciale, ma nemmeno stavolta abbiamo spiegato chi è e perché lo Stato non può fidarsi di lui. Solo oggi il ministro Padoa-Schioppa analizzando vita e opere non edificanti del comandante licenziato ci ha fatto capire quel perché. Costui fa parte del giro del generale Pollari, che ha trasformato il Sismi in una palude di dossier illegali, veline fasulle e stecche a giornalisti compiacenti e, pare, addirittura di sequestri di persona. Ma anche su Pollari abbiamo sbagliato: scaduto al Sismi, l’abbiamo nominato giudice del Consiglio di Stato, lui che è imputato di sequestro di persona; l’abbiamo coperto col segreto di Stato, salvo poi fare retromarcia; e l’abbiamo pure nominato consulente di Palazzo Chigi anziché spedirlo a casa.
Idem per Pio Pompa, pure lui coinvolto nei dossier e nel sequestro Abu Omar: l’abbiamo tolto dal Sismi e promosso dirigente del ministero della Difesa. Lo stesso errore abbiamo commesso con Speciale offrendogli un posto alla Corte dei Conti, come se questa fosse la discarica pubblica, anziché spedirlo a casa e spiegare al Paese perché non poteva più comandare la Guardia di Finanza, anche se piace molto a Fiorello.
Ecco: in tutti i nostri errori s’è incuneato come lama incandescente nel burro il centrodestra. Che, diversamente da noi, sa come fare l’opposizione. Quando l’Unità e altri giornali amici denunciavano le porcate della Banda Berlusconi, infinitamente più gravi dei nostri recenti errori, noi li invitavamo a non «demonizzare». Quando i girotondi scendevano in piazza contro le leggi vergogna, li snobbavamo o li accusavamo di radicalismo e giustizialismo, alla ricerca di un fantomatico «dialogo col Cavaliere».
Ora ce lo insegna lui come si fa l’opposizione: il suo Giornale racconta le nostre pagliuzze, la Cdl ne fa una battaglia politica, e noi che potremmo rispondere con le sue travi ce ne stiamo zitti. Se penso che Berlusconi solo un mese fa veniva applaudito al congressi Ds e Dl e addirittura invitato a entrare in Telecom, mi viene da piangere. Così lui oggi ci dà lezioni di morale, con i suoi Previti, i suoi Dell’Utri, i suoi 7 reati prescritti, i suoi fondi neri, il suo processo per evasione fiscale, i suoi condoni. E atteggiarsi a difensore della Gdf, lui che la definiva «associazione a delinquere».
Ma ora basta. D’ora in poi ricorderemo chi sono Berlusconi e la sua banda. Comincio subito.
Il capo dei servizi fiscali della Fininvest Salvatore Sciascia fu condannato in Cassazione per corruzione della GdF. Credete che l’abbiano cacciato? Come scriverà domani Franco Bechis su Italia Oggi, è socio di Michela Vittoria Brambilla nella Vittoria Media Partners Srl, editrice del Giornale delle Libertà. Se l’on. Massimo Maria Berruti volesse, potrebbe raccontarci di quando, capitano delle Fiamme Gialle, condusse un’ispezione valutaria all’Edilnord e interrogò Berlusconi sulle sigle svizzere retrostanti le sue società. Era il 1979. Lui si spacciò per «un semplice consulente», mentre era il proprietario. Berruti bevve tutto, archiviò e si dimise dal corpo. E andò a lavorare in Fininvest.
Nel ‘94 fu arrestato e poi condannato a 1 anno e 8 mesi per i depistaggi sulle tangenti alla Gdf, dunque è deputato di Forza Italia. Per ora basta così, il resto alla prossima puntata. Ora scusate, ma devo correre a cancellare le leggi vergogna, perché non resti traccia del berlusconismo.
Marco Travaglio, dalla sua rubrica "Uliwood Party" su L'Unità del 7 giugno 2007
(Grazie a Frank per il suo continuo lavoro di trascrittura sul blog http://vivamarcotravaglio.splinder.com/ )
sabato 19 maggio 2007
L'assassinio legalizzato
Il 14 maggio scorso i ministri degli Esteri di tutti gli Stati membri dell'Unione Europea si sono riuniti per discutere della moratoria universale sulla pena di morte.
Massimo D'Alema al termine dell'incontro ha dichiarato che "i ministri dell'Unione europea hanno conferito all'Italia e alla presidenza tedesca il mandato unanime per preparare il testo della risoluzione sulla moratoria per la pena di morte da presentare all'Assemblea generale dell'Onu in corso'.
Questa Italia, sempre fanalino di coda, finalmente insieme alla "Große" Germania, almeno su un importante battaglia civile. Un merito che va riconosciuto? Per una volta sembra proprio che la politica Italiana, unita, stia portando avanti una buona battaglia.
Per il ministro, e per tanti italiani, "E' un'iniziativa importante la moratoria delle esecuzioni come primo passo per l'abolizione della pena di morte. E' un grande tema italiano, abbiamo sviluppato una grande campagna internazionale, non solo per iniziativa del governo, ma anche per l'impegno di Pannella e dei Radicali, che ne hanno fatto una bandiera importante". E' da diversi mesi che un po' in tutta Italia si raccolgono firme per sostenere questa proposta. Possiamo dire che è un prima vittoria dell'intera classe politica che, almeno stavolta, ha collaborato quasi all'unanimità. Ma è anche il risultato dell'impegno di migliaia di cittadini che da anni cercano spazi per arrivare all'Organizzazione delle Nazioni Unite e proporre l'abolizione della pena di morte. Tentativo già proposto ma fallito ben tre volte nel corso della storia.
All'Italia e alla Germania ora spettano tre compiti: scrivere il testo della risoluzione, trovare altri paesi che vogliano co-sponsorizzare la proposta e infine avviare contatti con la presidenza generale delle Nazioni Unite per ottenere che la risoluzione venga messa all'ordine del giorno e adottata a maggioranza.
Nel 2006, secondo i dati (sottostimati a causa della difficoltà a reperire informazioni) di Amnesty International, ci sono stati 3.861 esecuzioni capitali in 25 paesi del mondo e il 91% si è svolto in Cina (1010), Iran (177), Iraq (65), Sudan (65), Pakistan (82) e Stati Uniti (53). Secondo fonti credibili in Cina il numero di esecuzioni, che rimane segreto di Stato, si aggira intorno a 8000. E in tutto il mondo tra i 19,185 e i 24,646 uomini, a seconda delle stime, è stato condannato a morte ed è in attesa dell'esecuzione.[1,2]
Sessantanove paesi continuano a mantenere la pena di morte eseguendola nei modi più disparati: decapitazione, fucilazione, impiccagione, iniezione letale, lapidazione, sedia elettrica, pugnale. Cosa si può fare, oltre a sperare che l'ONU non respinga per la quarta volta la proposta? Si ci può informare e restare aggiornati seguendo il sito di Amnesty International, storica associazione per i diritti umani nel mondo.[3]
Scriveva Cesare Beccaria nel 1764: "Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio."
La pena di morte è un assassinio legalizzato. Giusto o sbagliato? Si possono avere diverse opinioni, si possono scrivere saggi, articoli, libri, e discutere all'infinito, ma il fatto resta: un uomo uccide un altro uomo eseguendo una legge. La giustizia nei fatti non è universale nè egualitaria, e come tutte le creazioni umane commette errori.
[1] http://www.amnesty.it/campagne/pena_di_morte/temi/index.html
[2] http://web.amnesty.org/library/Index/ENGACT500122007?open&of=ENG-392
[3] http://web.amnesty.org/pages/deathpenalty-actnow-eng
Massimo D'Alema al termine dell'incontro ha dichiarato che "i ministri dell'Unione europea hanno conferito all'Italia e alla presidenza tedesca il mandato unanime per preparare il testo della risoluzione sulla moratoria per la pena di morte da presentare all'Assemblea generale dell'Onu in corso'.
Questa Italia, sempre fanalino di coda, finalmente insieme alla "Große" Germania, almeno su un importante battaglia civile. Un merito che va riconosciuto? Per una volta sembra proprio che la politica Italiana, unita, stia portando avanti una buona battaglia.
Per il ministro, e per tanti italiani, "E' un'iniziativa importante la moratoria delle esecuzioni come primo passo per l'abolizione della pena di morte. E' un grande tema italiano, abbiamo sviluppato una grande campagna internazionale, non solo per iniziativa del governo, ma anche per l'impegno di Pannella e dei Radicali, che ne hanno fatto una bandiera importante". E' da diversi mesi che un po' in tutta Italia si raccolgono firme per sostenere questa proposta. Possiamo dire che è un prima vittoria dell'intera classe politica che, almeno stavolta, ha collaborato quasi all'unanimità. Ma è anche il risultato dell'impegno di migliaia di cittadini che da anni cercano spazi per arrivare all'Organizzazione delle Nazioni Unite e proporre l'abolizione della pena di morte. Tentativo già proposto ma fallito ben tre volte nel corso della storia.
All'Italia e alla Germania ora spettano tre compiti: scrivere il testo della risoluzione, trovare altri paesi che vogliano co-sponsorizzare la proposta e infine avviare contatti con la presidenza generale delle Nazioni Unite per ottenere che la risoluzione venga messa all'ordine del giorno e adottata a maggioranza.
Nel 2006, secondo i dati (sottostimati a causa della difficoltà a reperire informazioni) di Amnesty International, ci sono stati 3.861 esecuzioni capitali in 25 paesi del mondo e il 91% si è svolto in Cina (1010), Iran (177), Iraq (65), Sudan (65), Pakistan (82) e Stati Uniti (53). Secondo fonti credibili in Cina il numero di esecuzioni, che rimane segreto di Stato, si aggira intorno a 8000. E in tutto il mondo tra i 19,185 e i 24,646 uomini, a seconda delle stime, è stato condannato a morte ed è in attesa dell'esecuzione.[1,2]
Sessantanove paesi continuano a mantenere la pena di morte eseguendola nei modi più disparati: decapitazione, fucilazione, impiccagione, iniezione letale, lapidazione, sedia elettrica, pugnale. Cosa si può fare, oltre a sperare che l'ONU non respinga per la quarta volta la proposta? Si ci può informare e restare aggiornati seguendo il sito di Amnesty International, storica associazione per i diritti umani nel mondo.[3]
Scriveva Cesare Beccaria nel 1764: "Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio."
La pena di morte è un assassinio legalizzato. Giusto o sbagliato? Si possono avere diverse opinioni, si possono scrivere saggi, articoli, libri, e discutere all'infinito, ma il fatto resta: un uomo uccide un altro uomo eseguendo una legge. La giustizia nei fatti non è universale nè egualitaria, e come tutte le creazioni umane commette errori.
[1] http://www.amnesty.it/campagne/pena_di_morte/temi/index.html
[2] http://web.amnesty.org/library/Index/ENGACT500122007?open&of=ENG-392
[3] http://web.amnesty.org/pages/deathpenalty-actnow-eng
martedì 15 maggio 2007
Ipocrity day
La famiglia è in pericolo. Meno figli, meno matrimoni, più divorzi, sembra una nuova formula elettorale invece è un dato di fatto secondo gli istituti di ricerca.
Ma la colpa di chi è? La televisione e la propaganda son capaci di fare miracoli, di ribaltare la realtà o inventare di sana pianta un caprio espiatorio. Ci sono riusciti benissimo con i Dico, la fonte di tutti i mali e della deriva mangiapreti dell'Italia, senza però mai spiegare perchè. Eppure smontare questa tesi è semplicissimo, basta leggere i rapporti statistici dell'Istat e si noterà che la crisi della famiglia tradizionale ha avuto inizio più di dieci anni fa, periodo in cui i Dico erano inesistenti.
E' un po' come l'astrologia. Come si fa a credere che un pianeta o una stella distante centinaia di anni luce possa emanare influssi che determinano sfortuna, amore e lavoro di noi miseri terrestri? Pura megalomania.
Allo stesso modo, e ignorando i dati, come si fa a dire che i Dico, una legge che non tocca la famiglia ma estende solo alcuni diritti alle coppie conviventi, minano la stabilità della famiglia? Se i conviventi dopo la legge avranno diritto alla pensione del coniuge o all'assistenza sanitaria, come può questo fatto distruggere le unioni tradizionali? Mistero a cui nessuno darà mai una risposta semplicemente perchè non esiste, o è irrazionale come nel caso dell'astrologia.
Un'altra semplice dimostrazione, stavolta non scientifica. I politici usufruiscono dal 1993 dei Dico negati al resto della popolazione, eppure nonostante questo in parlamento, a parte un po' di divorziati patologici, vivono tante coppie di eterossesuali felicemente sposate, e mi risulta che Luxuria sia ancora un caso isolato e non abbia "contagiato" ancora nessuno. Quale più chiara dimostrazione che i Dico non mettono in pericolo la famiglia?
Il Family Day è stato il corteo dell'ipocrisia. Non per quei partecipanti che hanno sfilato, credendoci davvero, e che vanno apprezzati, ma per la classe politica che, forse come mai in tutti questi anni, ha raggiunto davvero il culmine. La vergogna è un sentimento estraneo a questi personaggi, che sono capaci di dichiarare "io non rubo" mentre svaligiano una banca, o di dire "io amo tutti gli animali" mentre addentano una bistecca al sangue.
Non è più un mistero per nessuno che la gran parte dei politici che hanno partecipato al Family day e che osteggiano la legge sui Dico siano divorziati, conviventi, o peggio sposati con rito celtico come nel caso dei drudi padani Calderoli e Castelli. Sia chiaro, per tante persone, me compreso, non c'è niente di male nell'essere divorziati o sposati in nome di Odino. Ma il predicare bene e razzolare male è intollerabile, ed è ancor più ingiustificabile quando proviene da uomini politici che dovrebbero fare della coerenza la loro prima bandiera. E' evidente invece che il primo valore è racimolare voti, e non essere coerenti e giusti.
Gli Italiani sono ben informati di questa ipocrisia, leggendo i giornali, internet, e ormai anche in televisione dove comici come la Litizzetto hanno fatto filtrare battute su questa grottesca situazione. Nonostante ciò, la capacità di indignarsi e reagire sembra non appartenere più ad una buona parte del popolo italico che chiude gi occhi, si tappa le orecchie e va a sfilare sorridendo e difendendo la famiglia insieme ai divorziati.
Se l'ipocrisia esce dalle stanze della politica e si fa sistema, diventa popolo, allora le speranze di migliorare il paese e dare una svolta al futuro diminuiscono, proprio come i matrimoni stabili.
Ma la colpa di chi è? La televisione e la propaganda son capaci di fare miracoli, di ribaltare la realtà o inventare di sana pianta un caprio espiatorio. Ci sono riusciti benissimo con i Dico, la fonte di tutti i mali e della deriva mangiapreti dell'Italia, senza però mai spiegare perchè. Eppure smontare questa tesi è semplicissimo, basta leggere i rapporti statistici dell'Istat e si noterà che la crisi della famiglia tradizionale ha avuto inizio più di dieci anni fa, periodo in cui i Dico erano inesistenti.
E' un po' come l'astrologia. Come si fa a credere che un pianeta o una stella distante centinaia di anni luce possa emanare influssi che determinano sfortuna, amore e lavoro di noi miseri terrestri? Pura megalomania.
Allo stesso modo, e ignorando i dati, come si fa a dire che i Dico, una legge che non tocca la famiglia ma estende solo alcuni diritti alle coppie conviventi, minano la stabilità della famiglia? Se i conviventi dopo la legge avranno diritto alla pensione del coniuge o all'assistenza sanitaria, come può questo fatto distruggere le unioni tradizionali? Mistero a cui nessuno darà mai una risposta semplicemente perchè non esiste, o è irrazionale come nel caso dell'astrologia.
Un'altra semplice dimostrazione, stavolta non scientifica. I politici usufruiscono dal 1993 dei Dico negati al resto della popolazione, eppure nonostante questo in parlamento, a parte un po' di divorziati patologici, vivono tante coppie di eterossesuali felicemente sposate, e mi risulta che Luxuria sia ancora un caso isolato e non abbia "contagiato" ancora nessuno. Quale più chiara dimostrazione che i Dico non mettono in pericolo la famiglia?
Il Family Day è stato il corteo dell'ipocrisia. Non per quei partecipanti che hanno sfilato, credendoci davvero, e che vanno apprezzati, ma per la classe politica che, forse come mai in tutti questi anni, ha raggiunto davvero il culmine. La vergogna è un sentimento estraneo a questi personaggi, che sono capaci di dichiarare "io non rubo" mentre svaligiano una banca, o di dire "io amo tutti gli animali" mentre addentano una bistecca al sangue.
Non è più un mistero per nessuno che la gran parte dei politici che hanno partecipato al Family day e che osteggiano la legge sui Dico siano divorziati, conviventi, o peggio sposati con rito celtico come nel caso dei drudi padani Calderoli e Castelli. Sia chiaro, per tante persone, me compreso, non c'è niente di male nell'essere divorziati o sposati in nome di Odino. Ma il predicare bene e razzolare male è intollerabile, ed è ancor più ingiustificabile quando proviene da uomini politici che dovrebbero fare della coerenza la loro prima bandiera. E' evidente invece che il primo valore è racimolare voti, e non essere coerenti e giusti.
Gli Italiani sono ben informati di questa ipocrisia, leggendo i giornali, internet, e ormai anche in televisione dove comici come la Litizzetto hanno fatto filtrare battute su questa grottesca situazione. Nonostante ciò, la capacità di indignarsi e reagire sembra non appartenere più ad una buona parte del popolo italico che chiude gi occhi, si tappa le orecchie e va a sfilare sorridendo e difendendo la famiglia insieme ai divorziati.
Se l'ipocrisia esce dalle stanze della politica e si fa sistema, diventa popolo, allora le speranze di migliorare il paese e dare una svolta al futuro diminuiscono, proprio come i matrimoni stabili.
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giovedì 3 maggio 2007
1 Maggio a Sorrento: due morti
1 Maggio, festa dei lavoratori. A Sorrento, uno di quei "beautiful village" nominati da Rutelli nel suo famoso video, paese situato su una delle coste più belle della nostra penisola, sono morte 2 persone.
Un braccio elevatore, utilizzato da tre operai per montare l'illuminazione nei pressi della Chiesa, si è spezzato cadendo su Claudia Russo, 86 anni e Teresa Reale, 50, morte sul colpo. Avevano appena assistito alla messa e osservavano, come tanti, i preparativi annuali alla festa di paese. Feriti anche i tre operai, tra cui i due figli del titolare della ditta, e l'autista di un autobus.
L'impresa incaricata dei lavori si chiama Donnarumma, cognome di una ricca famiglia locale. In zona tutti la conoscono perchè da anni monta insegne luminose in occasione delle feste e sagre di paese. Una sorta di appalto a vita, nonostante il servizio piuttosto scadente: tante lampadine fulminate e illuminazione spesso non gradita dalla popolazione.
Chi vive in queste realtà del Sud, piccole oasi turistiche lontane dal caos dei quartieri devastati dalla mafia, sa come vanno le cose quando si parla di lavori pubblici. E non mi riferisco a questo caso, ma in generale. Molto spesso si tratta di favori tra politici e imprenditori: i primi chiudono un occhio quando si tratta di rispettare le regole sulla sicurezza o di impatto ambientale, e i secondo ripagano con voti o con altro. Di indagni giudiziarie sembrano essercene poche, e alla popolazione arrivano solo gli echi di arresti o denunce.
Non sono ancora chiare le responsabilità dell'incidente, e sarebbe sbagliato accusare qualcuno. Le ipotesi in campo per spiegare il cedimento del braccio meccanico sono due: usura della macchina o carico eccessivo.
In entrambi i casi si tratta di un errore che si poteva evitare perchè la zona in cui si trovavano il camion e la gru meccanica era evidentemente aperta e non delimitata al traffico pedonale, esponendo così i tanti passanti al prevedibile pericolo di caduta oggetti. Non solo le leggi, ma anche il buonsenso imporrebbe a chi lavora in alto di non mettere in pericolo chi si trova sotto.
Il magistrato richiamato sul luogo dell'incidente ha immediatamente disposto accertamenti per verificare se la zona era stata messa in sicurezza. Qualcuno ha parlato di ipotesi di omicidio colposo, ma bisogna attendere che la giustizia indaghi, raccolga prove ed emetta la sua sentenza.
La vita del paese continuerà ancora indisturbata? Senza che nulla cambi o qualcuno prenda coscienza dei problemi e si impegni a risolverli.
E' questo i principale problema dell'Italia, e non interessa solo il Sud: il tipico qualunquismo italiano della serie "tutti i potenti fanno imbrogli" unito ad una terribile rassegnazione di non poter cambiare nulla e di contare sempre meno.
I cittadini devono diventare osservatori diretti del territorio in cui vivono, e organizzarsi in gruppi civici per denunciare e segnalare tutti i problemi. Forse si può sopportare e sorvolare su tante piccole cose quotidiane, ma di fronte alla morte bisogna reagire con forza, per evitare tragedie future e risolvere tutti quelle situazioni pericolose prima che portino ad altri incidenti.
Un braccio elevatore, utilizzato da tre operai per montare l'illuminazione nei pressi della Chiesa, si è spezzato cadendo su Claudia Russo, 86 anni e Teresa Reale, 50, morte sul colpo. Avevano appena assistito alla messa e osservavano, come tanti, i preparativi annuali alla festa di paese. Feriti anche i tre operai, tra cui i due figli del titolare della ditta, e l'autista di un autobus.
L'impresa incaricata dei lavori si chiama Donnarumma, cognome di una ricca famiglia locale. In zona tutti la conoscono perchè da anni monta insegne luminose in occasione delle feste e sagre di paese. Una sorta di appalto a vita, nonostante il servizio piuttosto scadente: tante lampadine fulminate e illuminazione spesso non gradita dalla popolazione.
Chi vive in queste realtà del Sud, piccole oasi turistiche lontane dal caos dei quartieri devastati dalla mafia, sa come vanno le cose quando si parla di lavori pubblici. E non mi riferisco a questo caso, ma in generale. Molto spesso si tratta di favori tra politici e imprenditori: i primi chiudono un occhio quando si tratta di rispettare le regole sulla sicurezza o di impatto ambientale, e i secondo ripagano con voti o con altro. Di indagni giudiziarie sembrano essercene poche, e alla popolazione arrivano solo gli echi di arresti o denunce.
Non sono ancora chiare le responsabilità dell'incidente, e sarebbe sbagliato accusare qualcuno. Le ipotesi in campo per spiegare il cedimento del braccio meccanico sono due: usura della macchina o carico eccessivo.
In entrambi i casi si tratta di un errore che si poteva evitare perchè la zona in cui si trovavano il camion e la gru meccanica era evidentemente aperta e non delimitata al traffico pedonale, esponendo così i tanti passanti al prevedibile pericolo di caduta oggetti. Non solo le leggi, ma anche il buonsenso imporrebbe a chi lavora in alto di non mettere in pericolo chi si trova sotto.
Il magistrato richiamato sul luogo dell'incidente ha immediatamente disposto accertamenti per verificare se la zona era stata messa in sicurezza. Qualcuno ha parlato di ipotesi di omicidio colposo, ma bisogna attendere che la giustizia indaghi, raccolga prove ed emetta la sua sentenza.
La vita del paese continuerà ancora indisturbata? Senza che nulla cambi o qualcuno prenda coscienza dei problemi e si impegni a risolverli.
E' questo i principale problema dell'Italia, e non interessa solo il Sud: il tipico qualunquismo italiano della serie "tutti i potenti fanno imbrogli" unito ad una terribile rassegnazione di non poter cambiare nulla e di contare sempre meno.
I cittadini devono diventare osservatori diretti del territorio in cui vivono, e organizzarsi in gruppi civici per denunciare e segnalare tutti i problemi. Forse si può sopportare e sorvolare su tante piccole cose quotidiane, ma di fronte alla morte bisogna reagire con forza, per evitare tragedie future e risolvere tutti quelle situazioni pericolose prima che portino ad altri incidenti.
giovedì 19 aprile 2007
Prodi Sensei
Il Giappone è forse lo stato simbolo della modernità, dell'efficienza, della corsa continua all'innovazione tecnologica, di una industria sempre pronta a finanziare e sfruttare le scoperte della ricerca scientifica.
Un paese che dopo aver perso milioni di suoi cittadini durante la seconda guerra mondiale, ha reagito con forza mettendo al bando concretamente, e non con le chiacchiere come nel nostro paese, la guerra; l'articolo 9 della costituzione è dedicato completamente alla pace, e afferma che "il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto di ogni stato sovrano e all'uso della forza e della minaccia come mezzo per risolvere le dispute internazionali. Al fine di rispettare questo scopo, non saranno mantenute forze terrestri, aere e navali, così come ogni altro potenziale bellico". Parole che dovrebbero servire da esempio per la nostra Costituzione, ricca di principi quasi mai rispettati.
Il Giappone non è un paese perfetto, ha tanti difetti come la sfrenata corsa alla produttività che comporta numerosi problemi sociali tra i lavoratori, che le cronache spesso ci descrivono come inquadrati, disciplinati e per questo sofferenti, sempre pronti a sacrificare la loro sfera privata per l'azienda.
Il nostro presidente del consiglio, Romano Prodi, in questi giorni è in visita ufficiale proprio in Giappone, dal quale continua a seguire il telefilm semi-comico a puntate made in Italy, "il partito democratico".
Qualche giorno fa, il 17 aprile, era all'università di Tokyo a parlare agli studenti che, chissà per quale motivo, erano interessati al partito dell'Ulivo. Prodi ha illuminato la platea spiegando che "l'obiettivo era quello di mettere insieme le forze riformiste che avevano una diversa origine e fino ad allora erano diverse tra loro. E per questo volevamo creare un grande partito di Centrosinistra".
Agli studenti, già piuttosto divertiti dai racconti della partitocrazia italiana, il professore non ha risparmiato la spiegazione sul forse nascente partito democratico: "Nei prossimi giorni ci sono i congressi dei nostri due più grandi partiti, che si sciolgono per unirsi.[...] Parte una grande avventura che si misura con il Paese non contro i partiti, ma oltre i partiti, anche perché gli stessi partiti lo hanno voluto così ampio ed esteso".
Cosa? Partiti che si sciolgono per unirsi. Poveri giapponesi, chi prova a spiegargli cos'è il partito democratico? Chi ha il coraggio di dirgli che in Italia gli anziani della politica stanno febbrilmente lavorando per creare il partito "del futuro", una creatura dai contorni ancora sfumati? Settantenni che progettano un futuro che non vedranno mai. Un partito che si professa come nuovo, ma è già vecchio prima di nascere, e rappresenta solo un nuovo calderone in cui troveremo i politici che hanno già fatto abbastanza danni all'Italia per decenni.
I giovani universitari di Tokyo avrebbero difficoltà a capire il "Bel Paese" e la nostra comica classe politica, considerando inoltre che il loro primo ministro, Shinzo Abe, con i suoi 53 anni è un giovincello se paragonato ai 68 di Prodi e ad altri matusalemme che dominano la scena politica.
Quando si dice "Il lontano Oriente", in tutti i sensi.
Un paese che dopo aver perso milioni di suoi cittadini durante la seconda guerra mondiale, ha reagito con forza mettendo al bando concretamente, e non con le chiacchiere come nel nostro paese, la guerra; l'articolo 9 della costituzione è dedicato completamente alla pace, e afferma che "il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto di ogni stato sovrano e all'uso della forza e della minaccia come mezzo per risolvere le dispute internazionali. Al fine di rispettare questo scopo, non saranno mantenute forze terrestri, aere e navali, così come ogni altro potenziale bellico". Parole che dovrebbero servire da esempio per la nostra Costituzione, ricca di principi quasi mai rispettati.
Il Giappone non è un paese perfetto, ha tanti difetti come la sfrenata corsa alla produttività che comporta numerosi problemi sociali tra i lavoratori, che le cronache spesso ci descrivono come inquadrati, disciplinati e per questo sofferenti, sempre pronti a sacrificare la loro sfera privata per l'azienda.
Il nostro presidente del consiglio, Romano Prodi, in questi giorni è in visita ufficiale proprio in Giappone, dal quale continua a seguire il telefilm semi-comico a puntate made in Italy, "il partito democratico".
Qualche giorno fa, il 17 aprile, era all'università di Tokyo a parlare agli studenti che, chissà per quale motivo, erano interessati al partito dell'Ulivo. Prodi ha illuminato la platea spiegando che "l'obiettivo era quello di mettere insieme le forze riformiste che avevano una diversa origine e fino ad allora erano diverse tra loro. E per questo volevamo creare un grande partito di Centrosinistra".
Agli studenti, già piuttosto divertiti dai racconti della partitocrazia italiana, il professore non ha risparmiato la spiegazione sul forse nascente partito democratico: "Nei prossimi giorni ci sono i congressi dei nostri due più grandi partiti, che si sciolgono per unirsi.[...] Parte una grande avventura che si misura con il Paese non contro i partiti, ma oltre i partiti, anche perché gli stessi partiti lo hanno voluto così ampio ed esteso".
Cosa? Partiti che si sciolgono per unirsi. Poveri giapponesi, chi prova a spiegargli cos'è il partito democratico? Chi ha il coraggio di dirgli che in Italia gli anziani della politica stanno febbrilmente lavorando per creare il partito "del futuro", una creatura dai contorni ancora sfumati? Settantenni che progettano un futuro che non vedranno mai. Un partito che si professa come nuovo, ma è già vecchio prima di nascere, e rappresenta solo un nuovo calderone in cui troveremo i politici che hanno già fatto abbastanza danni all'Italia per decenni.
I giovani universitari di Tokyo avrebbero difficoltà a capire il "Bel Paese" e la nostra comica classe politica, considerando inoltre che il loro primo ministro, Shinzo Abe, con i suoi 53 anni è un giovincello se paragonato ai 68 di Prodi e ad altri matusalemme che dominano la scena politica.
Quando si dice "Il lontano Oriente", in tutti i sensi.
venerdì 13 aprile 2007
Il telefono, la sua voce
Oggi vi propongo un articolo di Marco Travaglio sulla vicenda Telecom, che come sempre fa riflettere sulla nostra intera classe politica, senza distinzioni tra buoni e cattivi, destra e sinistra.
Mi piacerebbe avere tempo di commentare a fondo la vicenda, ma non ne ho e voglio solo aggiungere un paio di commenti.
Primo, ribadisco un concetto che trascurano tutti i politici: la rete telefonica è stata costruita con soldi pubblici, quindi nostri, e DEVE restare pubblica. Smettiamola di riempirci di parole senza senso come libero mercato solo perchè va di moda. Non può essere venduta al primo finanziere di turno che ne sfrutterà i profitti a scapito del servizio.
Secondo: è una vergogna avere grandi imprenditori e finanzieri talmente corrotti e immorali da far quasi desiderare che siano degli stranieri a controllare i nostri servizi pubblici: perlomeno questi eviteranno i clientelismi e i giochi di potere che in Italia sono il pane quotidiano. Ma mi domando: a questo punto non faremmo prima a importare anche i politici, magari dai paesi del nord europa?
Gli elettori dell'Unione, si sa, sono nati per soffrire. Ma qui si esagera. Un anno fa, in piena campagna elettorale, i leader erano tutti impegnati a giurare che stavolta non si sarebbero dimenticati del conflitto d'interessi. Avrebbero smantellato la Gasparri, insieme a tutte le altre leggi vergogna. Avrebbero fatto l'antitrust per levare almeno una rete a Mediaset (come da sentenze della Consulta) e per abbassare i tetti pubblicitari. Ora si legge che Berlusconi sarebbe sotto assedio perché un pezzo di Unione e alcuni ministri del governo Prodi vorrebbero tanto che lanciasse un'offerta per Telecom, per sbarrare la strada ai terribili stranieri, americani o messicani. Come se in Messico e in America esistesse qualcosa di peggio dei «capitani coraggiosi» Colaninno, Gnutti e Consorte che la comprarono nel '99 a debito, cioè coi soldi della banche, e ne uscirono nel 2001 con plusvalenze da paura, per rivenderla a Trucchetti Provera che a sua volta la comprò coi soldi delle banche e la pagò coi soldi della Telecom medesima. Cioè dei piccoli e medi azionisti. Risultato: un'azienda sana nel '99 oggi ha 43 miliardi di euro di debiti e qualche decina di dirigenti ed ex dirigenti inquisiti o arrestati per spionaggio, associazione a delinquere e altre amenità.
Fermo restando che la rete telefonica è stata costruita con soldi nostri e dunque dovrebbe restare pubblica, è certo che anche un compratore delle Isole Andamane garantisce livelli di managerialità e di eticità nettamente superiori a quelli degli ultimi italianissimi controllori. Sappiamo bene a che cosa pensano i politici italiani quando difendono la «italianità» di qualcosa. «Il patriottismo - diceva Samuel Johnson, come ricorda Bill Emmott sul Corriere - è l'ultimo rifugio del mascalzoni».
L'ultima volta che la casta politica, col governatore Fazio al seguito, difese l’«italianità della banche», fu per coprire le scalate illecite dei vari Fiorani, Gnutti, Ricucci, Coppola, Consorte, Sacchetti. Poi si scoprì che Fiorani derubava i correntisti della Popolare di Lodi, e ambiva a fare altrettanto con quelli dell'Antonveneta. Se passa lo straniero in Telecom, sarà più difficile piazzargli i soliti famigli, portaborse, spioni, fidanzate, amanti, figli e figliocci di regime: questo è il problema.
Il ministro Paolo Gentiloni dichiara al Sole-24 ore che, se nascerà una cordata alternativa a quella americana, non verranno posti paletti a Mediaset: «II governo è favorevolissimo a che Mediaset diversifichi l'impegno», purché non acquisisca una quota di controllo perché la Gasparri lo vieterebbe. Risulta che Piero Fassino abbia dichiarato a Sky che «Mediaset è un operatore del settore e quindi può fare un'offerta». Il Foglio parla di «incoraggiamenti dalemiani» a Berlusconi, e alcune dichiarazioni del senatore Nicola Latorre vanno in questa direzione. Confalonieri se la ride: «Ora il centrosinistra fa il tifo per Mediaset e si appella a Berlusconi in nome della italianità di Telecom... Fanno il tifo. La verità è che siamo funzionali al loro progetto loro progetto perché alle banche italiane servirebbe un socio industriale per Telecom». E già detta le condizioni: «Gentiloni faccia il bravo: investire nei telefoni vuoi dire metterci tanti soldi, quindi bisogna che Mediaset non ne perda nel comparto tv».
Forse qualcuno dimentica che anche le aziende telefoniche, come quelle tv, operano in regime di concessione dallo Stato, dunque Berlusconi è ineleggibile già in base alla legge del 1957, e lo sarebbe doppiamente se entrasse nella telefonia. Salvo perpetuare lo spettacolo pietoso di un tizio che, al governo o in Parlamento, dà le concessioni a se stesso (e nega le frequenze a chi non fa parte della banda, tipo Di Stefano, che nel '99 ha vinto la concessione per Europa7, ma non può trasmettere perché Rete4 continua a trasmettere su terrestre, in perenne proroga).
Viene in mente quel che accadde nel 1995, quando il Cavaliere fece la solita finta di vendere Mediaset a Murdoch, e fu autorevolmente dissuaso da sinistra in nome dell'«italianità» della tv. Risultato: il conflitto d'interessi è sempre lì, intatto. E ora rischia addirittura di decuplicarsi. E non per colpa di Berlusconi, che non ha mosso un dito. Ma perché - se non giungeranno smentite chiare e inequivocabili – il centrosinistra lo implora di entrare in Telecom. Ma non si era detto che doveva uscire da Mediaset?
Marco Travaglio, dalla sua rubrica "Uliwood Party" su L'Unità del 5 aprile 2007
Fonte: http://www.vivamarcotravaglio.splinder.com/post/11662287/
Mi piacerebbe avere tempo di commentare a fondo la vicenda, ma non ne ho e voglio solo aggiungere un paio di commenti.
Primo, ribadisco un concetto che trascurano tutti i politici: la rete telefonica è stata costruita con soldi pubblici, quindi nostri, e DEVE restare pubblica. Smettiamola di riempirci di parole senza senso come libero mercato solo perchè va di moda. Non può essere venduta al primo finanziere di turno che ne sfrutterà i profitti a scapito del servizio.
Secondo: è una vergogna avere grandi imprenditori e finanzieri talmente corrotti e immorali da far quasi desiderare che siano degli stranieri a controllare i nostri servizi pubblici: perlomeno questi eviteranno i clientelismi e i giochi di potere che in Italia sono il pane quotidiano. Ma mi domando: a questo punto non faremmo prima a importare anche i politici, magari dai paesi del nord europa?
Gli elettori dell'Unione, si sa, sono nati per soffrire. Ma qui si esagera. Un anno fa, in piena campagna elettorale, i leader erano tutti impegnati a giurare che stavolta non si sarebbero dimenticati del conflitto d'interessi. Avrebbero smantellato la Gasparri, insieme a tutte le altre leggi vergogna. Avrebbero fatto l'antitrust per levare almeno una rete a Mediaset (come da sentenze della Consulta) e per abbassare i tetti pubblicitari. Ora si legge che Berlusconi sarebbe sotto assedio perché un pezzo di Unione e alcuni ministri del governo Prodi vorrebbero tanto che lanciasse un'offerta per Telecom, per sbarrare la strada ai terribili stranieri, americani o messicani. Come se in Messico e in America esistesse qualcosa di peggio dei «capitani coraggiosi» Colaninno, Gnutti e Consorte che la comprarono nel '99 a debito, cioè coi soldi della banche, e ne uscirono nel 2001 con plusvalenze da paura, per rivenderla a Trucchetti Provera che a sua volta la comprò coi soldi delle banche e la pagò coi soldi della Telecom medesima. Cioè dei piccoli e medi azionisti. Risultato: un'azienda sana nel '99 oggi ha 43 miliardi di euro di debiti e qualche decina di dirigenti ed ex dirigenti inquisiti o arrestati per spionaggio, associazione a delinquere e altre amenità.
Fermo restando che la rete telefonica è stata costruita con soldi nostri e dunque dovrebbe restare pubblica, è certo che anche un compratore delle Isole Andamane garantisce livelli di managerialità e di eticità nettamente superiori a quelli degli ultimi italianissimi controllori. Sappiamo bene a che cosa pensano i politici italiani quando difendono la «italianità» di qualcosa. «Il patriottismo - diceva Samuel Johnson, come ricorda Bill Emmott sul Corriere - è l'ultimo rifugio del mascalzoni».
L'ultima volta che la casta politica, col governatore Fazio al seguito, difese l’«italianità della banche», fu per coprire le scalate illecite dei vari Fiorani, Gnutti, Ricucci, Coppola, Consorte, Sacchetti. Poi si scoprì che Fiorani derubava i correntisti della Popolare di Lodi, e ambiva a fare altrettanto con quelli dell'Antonveneta. Se passa lo straniero in Telecom, sarà più difficile piazzargli i soliti famigli, portaborse, spioni, fidanzate, amanti, figli e figliocci di regime: questo è il problema.
Il ministro Paolo Gentiloni dichiara al Sole-24 ore che, se nascerà una cordata alternativa a quella americana, non verranno posti paletti a Mediaset: «II governo è favorevolissimo a che Mediaset diversifichi l'impegno», purché non acquisisca una quota di controllo perché la Gasparri lo vieterebbe. Risulta che Piero Fassino abbia dichiarato a Sky che «Mediaset è un operatore del settore e quindi può fare un'offerta». Il Foglio parla di «incoraggiamenti dalemiani» a Berlusconi, e alcune dichiarazioni del senatore Nicola Latorre vanno in questa direzione. Confalonieri se la ride: «Ora il centrosinistra fa il tifo per Mediaset e si appella a Berlusconi in nome della italianità di Telecom... Fanno il tifo. La verità è che siamo funzionali al loro progetto loro progetto perché alle banche italiane servirebbe un socio industriale per Telecom». E già detta le condizioni: «Gentiloni faccia il bravo: investire nei telefoni vuoi dire metterci tanti soldi, quindi bisogna che Mediaset non ne perda nel comparto tv».
Forse qualcuno dimentica che anche le aziende telefoniche, come quelle tv, operano in regime di concessione dallo Stato, dunque Berlusconi è ineleggibile già in base alla legge del 1957, e lo sarebbe doppiamente se entrasse nella telefonia. Salvo perpetuare lo spettacolo pietoso di un tizio che, al governo o in Parlamento, dà le concessioni a se stesso (e nega le frequenze a chi non fa parte della banda, tipo Di Stefano, che nel '99 ha vinto la concessione per Europa7, ma non può trasmettere perché Rete4 continua a trasmettere su terrestre, in perenne proroga).
Viene in mente quel che accadde nel 1995, quando il Cavaliere fece la solita finta di vendere Mediaset a Murdoch, e fu autorevolmente dissuaso da sinistra in nome dell'«italianità» della tv. Risultato: il conflitto d'interessi è sempre lì, intatto. E ora rischia addirittura di decuplicarsi. E non per colpa di Berlusconi, che non ha mosso un dito. Ma perché - se non giungeranno smentite chiare e inequivocabili – il centrosinistra lo implora di entrare in Telecom. Ma non si era detto che doveva uscire da Mediaset?
Marco Travaglio, dalla sua rubrica "Uliwood Party" su L'Unità del 5 aprile 2007
Fonte: http://www.vivamarcotravaglio.splinder.com/post/11662287/
venerdì 2 marzo 2007
La sfilata dei senatori
E anche al Senato si è concluso l'ennesimo teatrino della politica, con la "sfilata" dei senatori chiamati a dar la loro fiducia ad un nuovo governo Prodi. Nuovo per modo di dire.
Una cosa accomuna le tante dichiarazioni da ambo le parti: tanta ipocrisia. I senatori a vita sono stati decisivi per questo governo fin dalle elezioni dello scorso anno e questo sollevò nel centrodestra un movimento contro il loro diritto di voto. Dimenticando che questi furono indispensabili [1,2]anche al primo governo Berlusconi, nel 1994.
Alla caduta di Prodi hanno concorso fondamentalmente due fattori. Il primo: una legge elettorale indecente e antidemocratica, che ha esattamente centrato l'obiettivo voluto. A dirlo è il suo stesso creatore, che la definì una legge "porcata, fatta volutamente per mettere in difficoltà una destra e una sinistra che devono fare i conti con il popolo che vota". Il secondo: il voto di alcuni deputati della sinistra e, a pari merito, dei senatori a vita Andreotti, Cossiga e Pininfarina. Complotto o meno che sia stato, questi ultimi saranno sempre più importanti, qualsiasi sia il governo in carica. Pur cambiando legge elettorale, la tendenza riscontrabile in tutti gli altri paesi del mondo è di avere un margine sempre minore tra vincitori e vinti, e in Italia l'ago della bilancia si sposta a seconda del voto di pochi senatori.
La figura di senatore a vita è previsto dalla Costituzione, ma questa all'art.59 specifica anche che "Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario."[3] Intrattenere relazioni con mafiosi non sembra dunque rientrare nella categoria.
Come può dunque governare un qualsiasi governo che dipende, tra gli altri, dal voto di Andreotti, un matusalemme della politica condannato per mafia [4] e che rappresenta il peggio che la storia politica di questo paese ha avuto?
Che senso ha un'istituzione come il Senato, attualmente blindata e in cui si è praticamente costretti a votare sempre a favore delle proposte della propria maggioranza, pena crisi politiche come questa? E i senatori a vita, hanno ancora un senso?
Essere già tutti d'accordo è innaturale. Quando si esce con un gruppo di amici non si è mai d'accordo su tutto. Perfino gli strumenti musicali vanno accordati prima di ogni concerto. Una certa dissidenza è fisiologica in un buon sistema democratico e dovrebbe essere prevista, senza che questo faccia necessariamente cadere un governo e destabilizzare il sentiero politico di una maggioranza.
Il paese non ha bisogno di senatori strapagati e privilegiati, che votano in base ad accordi e senza convinzione. Così come non ha bisogno di nuovi partiti, di nuove associazioni, di nuovi sindacati: se il sistema di clientele e corruzione resta lo stesso, essi degenereranno inevitabilmente. L'unica soluzione per rendere la democrazia più effettiva e diminuire le possibilità di corruzione è estendere la partecipazione, diretta e trasparente, a tutti i cittadini, ognuno nel proprio comune. E non a rappresentanti che, prima o poi, inizieranno a difendere ed a cercare sempre più privilegi.
Note
[1] http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1906313828&chId=30&artType=Articolo&DocRulesView=Libero
[2] http://it.wikinews.org/wiki/Cossiga_scrive_a_Berlusconi_sulle_polemiche_contro_i_senatori_a_vita
[3] http://www.quirinale.it/costituzione/costituzione.htm
[4] http://www.societacivile.it/primopiano/articoli_pp/andreotti.html
Una cosa accomuna le tante dichiarazioni da ambo le parti: tanta ipocrisia. I senatori a vita sono stati decisivi per questo governo fin dalle elezioni dello scorso anno e questo sollevò nel centrodestra un movimento contro il loro diritto di voto. Dimenticando che questi furono indispensabili [1,2]anche al primo governo Berlusconi, nel 1994.
Alla caduta di Prodi hanno concorso fondamentalmente due fattori. Il primo: una legge elettorale indecente e antidemocratica, che ha esattamente centrato l'obiettivo voluto. A dirlo è il suo stesso creatore, che la definì una legge "porcata, fatta volutamente per mettere in difficoltà una destra e una sinistra che devono fare i conti con il popolo che vota". Il secondo: il voto di alcuni deputati della sinistra e, a pari merito, dei senatori a vita Andreotti, Cossiga e Pininfarina. Complotto o meno che sia stato, questi ultimi saranno sempre più importanti, qualsiasi sia il governo in carica. Pur cambiando legge elettorale, la tendenza riscontrabile in tutti gli altri paesi del mondo è di avere un margine sempre minore tra vincitori e vinti, e in Italia l'ago della bilancia si sposta a seconda del voto di pochi senatori.
La figura di senatore a vita è previsto dalla Costituzione, ma questa all'art.59 specifica anche che "Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario."[3] Intrattenere relazioni con mafiosi non sembra dunque rientrare nella categoria.
Come può dunque governare un qualsiasi governo che dipende, tra gli altri, dal voto di Andreotti, un matusalemme della politica condannato per mafia [4] e che rappresenta il peggio che la storia politica di questo paese ha avuto?
Che senso ha un'istituzione come il Senato, attualmente blindata e in cui si è praticamente costretti a votare sempre a favore delle proposte della propria maggioranza, pena crisi politiche come questa? E i senatori a vita, hanno ancora un senso?
Essere già tutti d'accordo è innaturale. Quando si esce con un gruppo di amici non si è mai d'accordo su tutto. Perfino gli strumenti musicali vanno accordati prima di ogni concerto. Una certa dissidenza è fisiologica in un buon sistema democratico e dovrebbe essere prevista, senza che questo faccia necessariamente cadere un governo e destabilizzare il sentiero politico di una maggioranza.
Il paese non ha bisogno di senatori strapagati e privilegiati, che votano in base ad accordi e senza convinzione. Così come non ha bisogno di nuovi partiti, di nuove associazioni, di nuovi sindacati: se il sistema di clientele e corruzione resta lo stesso, essi degenereranno inevitabilmente. L'unica soluzione per rendere la democrazia più effettiva e diminuire le possibilità di corruzione è estendere la partecipazione, diretta e trasparente, a tutti i cittadini, ognuno nel proprio comune. E non a rappresentanti che, prima o poi, inizieranno a difendere ed a cercare sempre più privilegi.
Note
[1] http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1906313828&chId=30&artType=Articolo&DocRulesView=Libero
[2] http://it.wikinews.org/wiki/Cossiga_scrive_a_Berlusconi_sulle_polemiche_contro_i_senatori_a_vita
[3] http://www.quirinale.it/costituzione/costituzione.htm
[4] http://www.societacivile.it/primopiano/articoli_pp/andreotti.html
lunedì 26 febbraio 2007
Previti-bis
In attesa di sapere se ci sarà o meno un secondo governo Prodi, una notizia è certa: Cesare Previti è stato condannato per corruzione a 1 anno e 6 mesi per il caso Lodo Mondadori nel processo d'appello a Milano. Pena che si aggiunge ai 6 anni di reclusione già avuti per il caso Imi-Sir. E' proprio il caso di parlare di un Previti-bis.
I telegiornali hanno riportato la notizia, ma senza spiegare la causa della condanna. Imi-sir, lodo mondadori, Sme, magistratura, Berlusconi, Previti, parole che viaggiano di bocca in bocca ma che diffondono solo un clima di diffidenza: "quel povero berlusconi, i giudici ce l'hanno con lui" o peggio "per qualche tangentina fanno tutti 'sti casini".
Non possiamo certo affermare che la magistratura ha sempre ragione, è incorruttibile e al di sopra delle parti, perchè la storia ci smentirebbe. Ma da qui ad ignorare prove fattuali, come intercettazioni e bonifici bancari, ce ne passa.
Siamo però abituati all'informazione di Bruno Vespa che quando i magistrati emettono sentenze agli "onorevoli" dedica le sue puntate a Cogne o alla dieta mediterranea.
Proverò dunque a riassumere brevemente e semplificare i fatti principali.
La Mondadori, proprietà dell'omonima famiglia, costituiva nel 1988 un blocco che comprendeva, oltre alla casa editrice, il quotidiano La Repubblica e altri settimanali come Panorama e L'Espresso. Una notevole concentrazione di mass-media.
Alla fine del 1988 l'imprenditore Carlo De Benedetti, tramite la sua CIR (Compagnie industriali riunite), si accorda con l'erede Cristina Formenton Mondadori per acquistare un blocco di azioni del gruppo e diventare così azionista di maggioranza.
I problemi sorgono a metà del 1989, quando i Mondadori di fatto stralciano l'accordo con De Benedetti e vendono il tutto a Silvio Berlusconi, che nel 1990 diventa presidente della casa editrice. La CIR non ci sta, e decide di riscattare il proprio diritto portando davanti ad un collegio di arbirti la questione. Fu la nota "guerra di Segrate", dal nome del comune milanese.
Il 20 giugno 1990 viene presa, da questi tre arbirti, la decisione sul contratto del 1988 stipulato tra Mondadori e De Benedetti. La decisione che risolve una controversia tra due soggetti si chiama, tecnicamente, Lodo: da qui il nome del futuro processo "Lodo Mondadori". Ma torniamo ai fatti.
Gli arbitri restituiscono la Mondadori a De Benedetti, e Berlusconi è costretto a lasciare. Ma non si arrende. Cristina Mondadori e Silvio Berlusconi, tramite il legale Cesare Previti, fanno causa alla CIR di fronte al tribunale di Roma, presieduto dal giudice Arnaldo Valente e dai relatori Vittorio Metta e Giovanni Paolini, per tentare di ribaltare il lodo.
Siamo nel 1991 e la Corte d'Appello di Roma annulla il lodo e di fatto permette alla Mondadori di restare nelle mani di Silvio Berlusconi, ma soltanto in parte, perchè è costretto da pressioni politiche a cedere La Repubblica e l'Espresso che tornano a De Benedetti, di cui attualmente è presidente.
Su questi fatti nasce il processo del Tribunale di Milano, guidato dai pubblici ministeri Bocassini e Colombo, che ritengono "comprata" quella sentenza che annullava il lodo. Non mi addentrerò nei particolari che riguardano in particolare Vittorio Metta e le varie deposizioni poco convincenti di Previti&Co.
Sta di fatto che nel 1991, poco dopo la sentenza, partono 3 miliardi di lire da una società occulta di Fininvest (la All Iberian) che vanno sul conto di Previti e dopo diversi passaggi vengono consegnati, secondo l'accusa, 400milioni proprio al giudice Vittorio Metta. La Consegna, poichè effettuata in contanti, non lascia traccia, ma le dichiarazioni degli interessati sono piuttosto nebulose. Nel novembre 2001 la Cassazione prescrive Berlusconi ma non lo assolve: semplicemente è passato troppo tempo per poterlo condannare .
Il processo va avanti, tra proscioglimenti (nel 2000) e ricorsi fino ad oggi, in cui è stata pronunciata la condanna di cui parlavo all'inizio. Restiamo in attesa di poter leggere le motivazioni della condanna, a cui sicuramente seguirà il ricorso di Previti&Co in Cassazione.
Ma qual è la situazione attuale del "disonorevole" Previti? Nonostante la condanna definitiva, nell'altro processo (Imi-Sir), a 6 anni di reclusione per aver corrotto magistrati, grazie alla legge ex-Cirielli varata durante il governo Berlusconi e all'indulto varato dal "governo amico", Cesare Previti riceve ancora lo stipendio di parlamentare, è stato solamente 4 giorni e mezzo nel carcere di Rebibbia per poi tornare agli arresti domiciliari di 9 mesi a causa della sua età: 70 anni appena compiuti. Non c'è che dire, fu un bel regalo di compleanno.
I telegiornali hanno riportato la notizia, ma senza spiegare la causa della condanna. Imi-sir, lodo mondadori, Sme, magistratura, Berlusconi, Previti, parole che viaggiano di bocca in bocca ma che diffondono solo un clima di diffidenza: "quel povero berlusconi, i giudici ce l'hanno con lui" o peggio "per qualche tangentina fanno tutti 'sti casini".
Non possiamo certo affermare che la magistratura ha sempre ragione, è incorruttibile e al di sopra delle parti, perchè la storia ci smentirebbe. Ma da qui ad ignorare prove fattuali, come intercettazioni e bonifici bancari, ce ne passa.
Siamo però abituati all'informazione di Bruno Vespa che quando i magistrati emettono sentenze agli "onorevoli" dedica le sue puntate a Cogne o alla dieta mediterranea.
Proverò dunque a riassumere brevemente e semplificare i fatti principali.
La Mondadori, proprietà dell'omonima famiglia, costituiva nel 1988 un blocco che comprendeva, oltre alla casa editrice, il quotidiano La Repubblica e altri settimanali come Panorama e L'Espresso. Una notevole concentrazione di mass-media.
Alla fine del 1988 l'imprenditore Carlo De Benedetti, tramite la sua CIR (Compagnie industriali riunite), si accorda con l'erede Cristina Formenton Mondadori per acquistare un blocco di azioni del gruppo e diventare così azionista di maggioranza.
I problemi sorgono a metà del 1989, quando i Mondadori di fatto stralciano l'accordo con De Benedetti e vendono il tutto a Silvio Berlusconi, che nel 1990 diventa presidente della casa editrice. La CIR non ci sta, e decide di riscattare il proprio diritto portando davanti ad un collegio di arbirti la questione. Fu la nota "guerra di Segrate", dal nome del comune milanese.
Il 20 giugno 1990 viene presa, da questi tre arbirti, la decisione sul contratto del 1988 stipulato tra Mondadori e De Benedetti. La decisione che risolve una controversia tra due soggetti si chiama, tecnicamente, Lodo: da qui il nome del futuro processo "Lodo Mondadori". Ma torniamo ai fatti.
Gli arbitri restituiscono la Mondadori a De Benedetti, e Berlusconi è costretto a lasciare. Ma non si arrende. Cristina Mondadori e Silvio Berlusconi, tramite il legale Cesare Previti, fanno causa alla CIR di fronte al tribunale di Roma, presieduto dal giudice Arnaldo Valente e dai relatori Vittorio Metta e Giovanni Paolini, per tentare di ribaltare il lodo.
Siamo nel 1991 e la Corte d'Appello di Roma annulla il lodo e di fatto permette alla Mondadori di restare nelle mani di Silvio Berlusconi, ma soltanto in parte, perchè è costretto da pressioni politiche a cedere La Repubblica e l'Espresso che tornano a De Benedetti, di cui attualmente è presidente.
Su questi fatti nasce il processo del Tribunale di Milano, guidato dai pubblici ministeri Bocassini e Colombo, che ritengono "comprata" quella sentenza che annullava il lodo. Non mi addentrerò nei particolari che riguardano in particolare Vittorio Metta e le varie deposizioni poco convincenti di Previti&Co.
Sta di fatto che nel 1991, poco dopo la sentenza, partono 3 miliardi di lire da una società occulta di Fininvest (la All Iberian) che vanno sul conto di Previti e dopo diversi passaggi vengono consegnati, secondo l'accusa, 400milioni proprio al giudice Vittorio Metta. La Consegna, poichè effettuata in contanti, non lascia traccia, ma le dichiarazioni degli interessati sono piuttosto nebulose. Nel novembre 2001 la Cassazione prescrive Berlusconi ma non lo assolve: semplicemente è passato troppo tempo per poterlo condannare .
Il processo va avanti, tra proscioglimenti (nel 2000) e ricorsi fino ad oggi, in cui è stata pronunciata la condanna di cui parlavo all'inizio. Restiamo in attesa di poter leggere le motivazioni della condanna, a cui sicuramente seguirà il ricorso di Previti&Co in Cassazione.
Ma qual è la situazione attuale del "disonorevole" Previti? Nonostante la condanna definitiva, nell'altro processo (Imi-Sir), a 6 anni di reclusione per aver corrotto magistrati, grazie alla legge ex-Cirielli varata durante il governo Berlusconi e all'indulto varato dal "governo amico", Cesare Previti riceve ancora lo stipendio di parlamentare, è stato solamente 4 giorni e mezzo nel carcere di Rebibbia per poi tornare agli arresti domiciliari di 9 mesi a causa della sua età: 70 anni appena compiuti. Non c'è che dire, fu un bel regalo di compleanno.
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