sabato 31 marzo 2007

I Padroni delle Bollicine

Oggi voglio proporvi un articolo lungo ma che vi prego di leggere con calma, ben documentato e che tratta un tema a me caro: il consumo di acqua in bottiglia. Alla fine l'autore riporta alcune proposte davvero interessanti, e soprattutto concrete, per riequilibrare una situazione in cui i NOSTRI soldi pubblici sono spesi per favorire gli interessi privati.
Lasciate come sempre i vostri commenti, e buona lettura.

Vent’anni fa Emanuele Pirella - giocoliere dell’ironia che ha trasformato la pubblicità italiana - doveva lanciare un’acqua minerale per bambini. Non era conveniente sedurre le madri spargendo dubbi sulla trasparenza della minerale che bevevano gli adulti, anche perchè nella bottiglia dei poppanti c’era la stessa acqua offerta al consumo familiare in ogni supermercato. Cambiava solo l’etichetta; fantasia sublime del marketing. Vedrai che funziona, ma come farla funzionare ? Alla fine Pirella ha avuto l’idea: raddoppiate il prezzo.

Chi compra la crederà un portento. Vendite alle stelle. Aveva capito chi siamo. Siamo i più tenaci consumatori di acqua minerale nel mondo. Ogni italiano ne beve 218 litri l’anno, quasi il triplo degli austriaci. Meraviglia il secondo posto della Svizzera dove l’acqua arriva al rubinetto dalle montagne che abbracciano le vallate: 106 litri a persona, non importa se parla italiano, francese o tedesco. Bisogna dire che la vecchia l’Europa adora l’acqua in bottiglia con o senza bollicine: 38 miliardi di litri, un terzo del consumo mondiale anche se la popolazione è appena il 6 per cento della gente sparsa nei continenti. Privilegiati e un po’ sfiziosi, ma non proprio accorti. Ci lasciamo trascinare dalla pubblicità che rinfresca giornali e televisor.

Nel 2004 gli investimenti su pagine e spot sono cresciuti del 10 per cento: 379 milioni di euro. Corpo a corpo senza il tempo di tirare il fiato. Ed ecco che pur avendo a disposizione in quasi tutte le città l’acqua buona degli acquedotti, anziché interessarsi alla revisione delle tubature, metodi di depurazione e filtraggio, insomma, dedicare ad un bene prezioso la stessa attenzione riservata ai marciapiedi rotti, gli italiani si lasciano catturare dalla retorica: acqua in bottiglia sinonimo di purezza, bontà garantita dall’etichetta, fa bene alla salute perché raccolta alla fonte.

Si vuota il bicchiere con l’illusione di passeggiare nei giardini delle terme anche se l’acqua è finita in bottiglia decine di chilometri lontano da dove sgorga. Camion e autostrade. Non è facile spiegare che l’acqua del rubinetto è potabile e controllata con la pignoleria che la legge non impone alle minerali. Voci flebili sovrastate dal tam tam pubblicitario. Quando gli addetti ai lavori dell’acqua pubblica protestano per la pubblicità da loro ritenuta ingannevole e che, indirettamente, invita a diffidare dal liquido che vien fuori dal rubinetto, i colossi minerali fanno causa. Guai minacciare il loro mercato. Può il funzionario dell’ente locale o il dignitario di stato sfidare i signori delle bollicine ?

Se per caso la spunta - dopo carte bollate, spese d’avvocati e gironi di tribunali - appena due righe vaganti fra le pagine dell’enfasi pubblicitaria: questo il destino dei kamikaze dell’acqua pubblica.
Qualcuno insiste, i volontari danno una mano, ma la lotta è dispari. Appena un giornalista si interroga sulle acque minerali, il suo giornale rischia di perdere le inserzioni. Se è una Tv, gli spot. Meglio non parlarne. Le pressioni arrivano fino al ministero della Sanità come quando ho mandato un fax al ministro e lo stesso giorno mi chiama Mineracqua, associazione che riunisce gli imbottigliatori.

Nel 2003 ( governo Berlusconi ), Luca Martinelli giornalista di "Altra Economia- l’informazione per agire", manda un fax all’ufficio stampa del professor Sirchia: chiede un’intervista, vorrebbe dare un’occhiata alle analisi delle dieci marche più vendute, Mineracqua si fa viva dopo poche ore. Ammette d’essere stata informata dal ministro e spedisce una lettera al direttore del giornale: diffida di insistere con l’inchiesta.
A volte la difesa delle minerali scivola nell’avanspettacolo. Che acqua minerale e acqua del rubinetto siano concorrenti lo ha stabilito l’Antitrust. E dall’Antitrust esce una sentenza che condanna l’Acea ( gestisce l’acquedotto di Roma ) per aver pubblicizzato la sua acqua come ‘ pura e di montagna’ quando le sorgenti sono a soli 409 metri. In Australia sarebbe un picco irraggiungibile; in Italia può finire in galera chi si traveste da scalatore di una altura considerata ragguardevole collina. La mazza dell’Antitrust si abbatte implacabile: per caso favorisce i padroni delle bollicine.

Come mai i gestori degli acquedotti non fanno un po’ di pubblicità ? Non ne hanno interesse. Dei 230 0 240 litri consumati al giorno da ogni italiano, solo due o tre vengono utilizzati per bere o cucinare. Il resto docce e sciacquoni. Sfogliando i numeri del grande mercato, qualche dubbio: l’acqua italiana è la più gustosa del mondo oppure le nostre leggi consentono il saccheggio di risorse fino a ieri preziose e nel futuro strategiche?

Le aziende che imbottigliano sono 181; 226 etichette diverse; 8 mila dipendenti, giro d’affari un miliardo e 750 milioni di euro. Dei 11 miliardi e 800 mila litri di acqua minerale raccolti, poco più di un miliardo di litri attraversa ogni anno le frontiere. L’ export vola, nessuna sindrome cinese; bilancia commerciale sempre più rosa: 25 per cento in più dal 2001. Dissetiamo i raffinati del mondo serviti a tavola da quattro multinazionali: Nestlé, Danone, Coca Cola e San Benedetto. La Nestlé si presenta con undici etichette, dalla Perrier alla San Pellegrino, Panna, Levissima: tante ancora. Giro d’affari 870 milioni. La San Benedetto si ferma a 490. L’Uliveto e la Rocchetta della Congedi, 236 milioni; 196 la Danone con Ferrarelle, Vitasnella eccetera; la Spumador della Lombardia, 96 milioni; Sangemini, Fiuggi, 90. Rendiconti superati, risalgono al 2001 quando il grande mercato non era ancora invaso.

Non paghiamo solo l’acqua ( e molto cara ): chi consuma o non consuma le minerali è obbligato, e non lo sa, a finanziare lo smaltimento dei rifiuti. Far sparire una bottiglia di plastica nel 2001 costava agli enti pubblici 30 centesimi al chilo. Oggi di più. Ogni anno 150 mila tonnellate di Pet ( un tipo di plastica ) sono a carico della collettività senza contare che il prezzo pagato per l’acquisto delle confezioni impone la tassa invisibile di 40 euro al mese per persona.

Ma l’elenco non é finito: oltre alla pubblicità, trasporto e locazione. Esempio dell’Emilia-Romagna. Due immensi depositi privati accolgono duemila autotreni l’anno, uno a Cattolica l’altro verso la Lombardia. Stivano le bottiglie in depositi che sembrano palazzi dello sport ed ogni giorno distribuiscono ai supermercati la quantità richiesta. Rete capillare che funziona. Routine collaudata: ai magazzinieri rende più o meno un miliardo di euro da aggiungere agli euro di prima. Pagano sempre le ragazze che vanno in ufficio impugnando la bottiglietta o gli ultras della curva e i loro bottiglioni proporzionalmente meno cari. Le confezioni mignon, coccolata dalle abitudini delle italiane, costano proporzionalmente il 25 per cento in più delle confezioni da un litro e mezzo.

"Senza voler ridurre la libertà del drenare le fonti per vendere, si potrebbe mettere un tetto all’invasione pubblicitaria responsabile di abitudini artificiali che cambiano la vita a milioni di inconsapevoli. La legislazione ammette limitazioni: in quasi tutto il mondo è illegale promuovere il latte in polvere per la prima infanzia perché danneggia un bene primario come l’allattamento al seno": proposta-provocazione di Miriam Giovanazza e Luca Martinelli Martinelli nella lunga inchiesta di "Altra Economia- L’informazione per agire".

Il problema fondamentale è un altro: la quantità succhiata dalle holding minerali, quanto pesa sulla popolazione che vive attorno alla fonte? tante storie, ne racconta una: storia di un paese umbro – Boschetto – in lotta con Rocchetta: vuole lancia un nuova etichetta da affiancare a Brio Blu, Elisir e Rocchetta, appunto. E’ stata autorizzata a pompare 300 milioni di litri dal pozzo di Corcia. Teoricamente non ha nulla a che vedere col rio Fergia che alimenta gli acquedotti di Gualdo Tadino e Nocera Umbra, acqua stupenda.

Ecco il giallo: uno studio dell’Azienda Regionale per la Protezione dell’Ambiente dimostra che sarà proprio l’acqua del rio Fergia a finire in bottiglia. Cominciano i rubinetti secchi: due frazioni di Gualdo Tadino – Boschetto e Gaifana – verranno staccate dall’acquedotto e a spese dell’Azienda, allacciate ad un altro bacino. Soldi pubblici per agevolare gli interessi privati. Devono rendere bene alla regione e ai comuni se si è deciso così. Rendono, ma non come dovrebbero. La legge Regia delle concessioni risale al 1927, è stata corretta dalla Galli: fa entrare nella casse pubbliche 5 miliardi e 160 milioni l’anno. La Basilicata incassa 0,30 euro ogni mille litri; 0,51 la Lombardia; la Sicilia riceve 0,0010 euro fino a 35 mila litri; 0,65 il Veneto che con le sue montagne cede 2 miliardi e 647 milioni di litri l’anno.

Le proposte del Comitato Acqua chiede di estendere il regolamento regionale lombardo a tutti i posti d’Italia: prelievo di 0,0516 centesimi di euro, da aggiungere al vecchio canone di concessione, ogni 100 litri. Sarebbero 5 milioni e 68 mila euro, non un capitale ma potrebbe servire ad aprire fontanelle pubbliche. Poi il prelievo fiscale di un centesimo al litro da destinare a progetti di cooperazione: scavare pozzi nelle regioni di sabbia dove l’acqua è oro blu. E’ il suggerimento della Commissione Europea per lo Sviluppo e la Cooperazione. In fine una tassa sui prelievi per coprire i costi indiretti, riciclaggio plastica e smaltimento rifiuti.

Il viaggio nel mondo dell’acqua finisce qui. Mi accorgo di aver dato solo un’occhiata e ascoltato voci che rimbombano nel silenzio distratto di tutti quando sarebbe bene mobilitare esperti e università non chiamate a firmare solo etichette che promettono miracoli.

Anche la gente con la bottiglietta in mano ha il diritto- dovere di incuriosirsi di più. Ma è noioso; un altro pensiero da aggiungere ai pensieri che girano attorno. Stappiamo, beviamo e buona notte. Il fatalismo mediterraneo invita ad avere fiducia negli specchi Tv, mentre la praticità francese sta cambiando idea.

Per la prima dal 1999 i parigini sono tornati all’acqua del rubinetto. Sette anni fa erano secondi solo all’ Italia: il 78 per cento beveva dalla bottiglia almeno una volta la settimana. Il numero è rimpicciolito al 60 per cento. E la discesa continua: "Mai abbiamo avuto tanta fiducia nell’acqua che arriva in casa", parole di Monique Chotard, direttrice della Commissione per l’Acqua. A cosa si deve la conversione ? "La gente si è resa conto che l’acqua è un bene limitato. E se proprio bisogna pagare, meglio investire nelle ricerche che possano prolungare il godimento di un bene indispensabile alla vita. Nostra e degli altri".

Maurizio Chierici, (breve biografia)
Fonte:
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Lettere&op=esteso&id=2120

lunedì 26 marzo 2007

Copisteria - Una speranza dal sole

Oggi voglio inaugurare una mia rubrica fissa, che ho intitolato "Copisteria".
Perchè? Oggi abbiamo tanta informazione, seppur incompleta e spesso faziosa, leggiamo tante opinioni, abbiamo milioni di blog e ognuno dice la sua. E' troppo, ora bisogna passare dalle parole ai fatti. Ci sono tante persone che ottengono risultati e portano avanti esperienze positive, ritengo giusto parlarne per avere dei modelli da imitare. Basta copiare, ci sono già tante iniziative funzionanti che basterebbe semplicemente copiare, senza altri sforzi mentali.
Cercherò periodicamente esperienze concrete e buone notizie da raccontare.
Vi invito ad inviare le vostre segnalazioni, anche semplici. Ad esempio una buona iniziativa del vostro comune, o di una scuola, e di qualsiasi altro soggetto. Sono sicuro che, pur in questa Italia decadente e corrotta, guardandoci intorno troveremo anche molte cose positive, e mi sembra giusto parlarne.
Il primo argomento della rubrica tratta di una nuova scoperta, molto interessante, nel campo della produzione di energia elettrica dal sole. Buona lettura.

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L'Italia degli ultimi decenni non ha quasi mai saputo sfruttare le proprie potenzialità, sia umane che ambientali. Parliamo di sole, uno dei tanti elementi per cui il bel paese è ammirato e invidiato in tutto il mondo. Il sole produce energia, lo sappiamo, senza emissioni, senza scorie e quasi pulita, tenendo conto del processo che serve a costruire dei pannelli solari e fotovoltaici e a smaltirli. Potrà sembrare strano, ma nel 1996 l'Italia era al quarto posto nella produzione di energia elettrica dal sole, dopo aver costruito la centrale più grande al mondo[1] in Campania, a Serre (SA).

E oggi? Nel 2005 la produzione di energia solare in Italia era di appena 37 megawatt, mentre la Germania guidava la classifica con 1.429 MW e Tokyo seguiva con 1422 MW. L'energia solare, insieme all'efficienza energetica degli edifici, è la soluzione più verosimile per fronteggiare e frenare il riscaldamento climatico, e in Italia stenta ancora a decollare nonostante l'abbondanza di "materia prima".

Finora questa lentezza si può imputare a diversi ostacoli: prezzi alti per gli impianti, poca informazione e nessuna pubblicità e assistenza rivolta ai cittadini interessati: molti italiani continuano ad ignorare le potenzialità del sole. Infine, forse la causa principale, la scarsa volontà politica di favorire questo tipo di autoproduzione elettrica che metterebbe in discussione l'idea di produzione e profitti centralizzati: per intenderci, le classiche centrali elettriche che abbiamo oggi.

Il sole è la risorsa più abbondante sulla terra. e da diversi istituti di ricerca sulle energie vengono precisi inviti a utilizzare questa preziosa risorsa per soddisfare il fabbisogno di energia che aumenterà di oltre il 50% entro il 2050 secondo le stime del Dipartimento di Energia statunitense[2]. In contrasto con chi si ostina a parlare di nucleare come soluzione migliore, dimenticando aspetti chiave come costi, sicurezza e smaltimento delle scorie.

La stragrande maggioranza degli attuali pannelli fotovoltaici sono costituiti da silicio, un semiconduttore con vari svantaggi e attualmente il maggior ostacolo tecnico all'abbattimento dei costi.

Una speranza ancora una volta viene dagli USA. A "Tg Leonardo" del 19 marzo si è parlato del Premio Eni-Italgas 2006, che per la sezione Scienza e Ambiente ha premiato due scienziati per le loro scoperte [3].
Armand Paul Alivisatos, chimico, ha condotto studi su celle solari [4] ultrasottili costituite da nanocristalli inorganici sensibili alla luce del sole.
Alan Heeger, fisico e già premio Nobel per la Chimica nel 2000, ha scoperto un modo di produrre celle solari realizzate con polimeri di origine organica, un particolare materiale plastico che ha molti vantaggi: possono essere prodotte in pellicole sottili e a basso costo.

L'unione di queste scoperte ha permesso lo sviluppo di celle solari "ibride", ad alto rendimento, facilmente stampabili su pellicole come avviene in una tipografia, e molto più durature dei pannelli solari attuali, che comunque hanno già una garanzia media di 20-25 anni. La commercializzazione è più vicina di quanto si ci possa aspettare, infatti inizierà nel 2008 negli Stati Uniti.

Heeger in un intervista ha detto che "Siamo riusciti a trovare la strada per sfruttare la fonte energetica più abbondante e rinnovabile di tutte, ora abbiamo la tecnologia, ma è stato un lavoro molto lungo e molto difficile." Mi auguro che, dopo il duro lavoro svolto dai team di scienziati, non sia la politica a bloccare e impedire la diffusione di queste tecnologie che rappresentano il futuro del nostro pianeta.

Note

[1] http://enelgreenpower.enel.it/en/green_tour/centrali/serre_salerno.html
[2] http://www.energy.gov/energysources/solar.htm
[3] http://www.digitalidentity.it/eventi/el20070319torino/motivazione.html
[4] http://it.wikipedia.org/wiki/Modulo_fotovoltaico

martedì 20 marzo 2007

Simulatori di emozioni

Per fortuna l'inviato di Repubblica è stato rilasciato dalle milizie talebane che lo tenevano in ostaggio. Dopo il rapimento del giornalista italiano in pochi si sono accorti della morte dell'autista locale del reporter . Non solo è stato ucciso barbaramente, ma la moglie che era in attesa di un pargolo, alla notizia della morte del marito ha perso il bambino. Fatto alquanto grave , ma soltanto citato approssimativamente dalla maggior parte delle tv.Ma questo è solo uno dei mille esempi di ridimensionamento di morti altrui, che non ci riguardano da vicino ,certo.
Non la nostra amata Italia almeno.
La guerra al terrorismo è tortuosa come lo è il principio che l'ha innescata nel 2003. Ormai ci avviamo a varcare la soglia del Milione di morti nel solo stato di Bagdad. Nella capitale irachena gli attentati si susseguono e i morti sono ogni giorno decine e decine, raccontati il più delle volte con freddezza nei nostri tg. "Esplode autobomba nel mercato di Bagdad, 60 morti..." E via, alla notizia successiva.

Eppure se ci soffermassimo un attimo soltanto a pensare a quanto dolore a quanto odio può provocare la morte di un caro amico o parente e moltiplicassimo il tutto per 60, 70, 100 , ne uscirebbe un desiderio di vendetta tale che ipotizzare un futuro di pace non sarebbe soltanto una mera utopia, ma un azzardo di quelli mai visti.
E' come se la civiltà umana si dimenticasse degli errori commessi e riazzerasse continuamente il timer del proghesso...
Tuttavia con questo mondo ci si convive quotidianamente, il distacco latente da quella realtà così diversa e caotica è solo un abbaglio, una fragile illusione apparente. Ci ripiombiamo non appena la tragedia ci colpisce da vicino. E così si sprecano titoli e pagine di giornale, la solidarietà nazionale che un attimo prima sembrava perduta ricompare all'improvviso come per magia: la politica è unita più che mai e le istituzioni si complimentano a vicenda per la vittoria ottenuta.

E sempre come per incanto siamo pronti a riallontanarci dai motivi e dalle origini di quella tragedia, come se d'un tratto non ci riguardasse più, ma appartenesse a un mondo lontano dal nostro. Siamo pronti a passare il testimone , a liberarcene purchè non ci pesi come un macigno sulle spalle.

Perchè nell'italia cattolica contemporanea il dolore è scomodo, è poco fashion, soprattutto per i media, troppo impegnati a rilassare il telespettatore con argomenti divertenti e che esulino dalla realtà. Lo show in tv è cosa sacra, col seguito di donne svestite e rifatte che umiliano continuamente la figura della donna per sedurre l'italiano medio in tv o le risse che esplodono come se niente fosse sulle stupidaggini più insensate , ma che servono a catturare l' audience, unico vero obiettivo dei manager di rete.

Ma quella stessa trasmissione della domenica, perbenista e bigotta allo stesso tempo, verrà immediatamente interrotta se dovessero giungere notizie dall'Afghanistan, notizie italiane s'intende...

E tutto questo mentre l'odore dei soldi trasuda al di fuori del corpo del presentatore che inscena una rissa in diretta e gli si vede stampata in faccia quell'espressione di incredulità chissà quante volte studiata prima.

venerdì 16 marzo 2007

Quei bravi ragazzi

Non so voi, ma a me dà tristezza vedere persone che un tempo avevano la forza di lottare per alcune idee mentre oggi sono diventate serve di una parte. Di esempi del genere ce n'è a bizzeffe, e forse studiando un po' i dati salta anche fuori che rappresentano la maggioranza di chi "conta" qualcosa. Vogliate definirli più pesantemente traditori o voltafaccia, o in modo più "soft" incoerenti e ipocriti, esse restano persone che hanno cambiato, più o meno radicalmente idea nella loro vita. Sia chiaro, non c'è niente di male nel cambiare idea, anche radicalmente, di fronte a nuovi elementi o a nuove conoscenze; anzi penso sia un dovere essere sempre pronti a farlo.

Il problema sorge quando si parla di personaggi che cambiano sponda a seconda della corrente, e si gettano sempre ai piedi del potente di turno. E non solo politici, ma anche giornalisti, cioè chi dovrebbe essere sempre e solo da un'unica parte, quella dei fatti, dei dati e documenti.

Giovedi sera ad Annozero ho trovato molto triste sentir parlare Stefano Menichini, direttore del quotidiano della Margherita "Europa"[1], una volta giornalista al Manifesto. Anche il nostro Vauro deve aver trovato la cosa triste, avendo commentato con la sua caratteristica ironia: "il mio vecchio amico Menichini, ora lo trovo un bravo ragazzo, sereno, moderato. Son quelle cose che aprono il cuore."
Sarà stata una mia impressione, ma Menichini nei suoi interventi sembrava quasi costretto a dover difendere a tutti i costi il suo partito di riferimento e quindi l'attuale governo. Poichè si parlava di Vicenza, la sua era la parte dell'avvocato suicida, che tenta di difendere l'indifendibile. Ma lui, imperterrito, continuava il suo discorso, cercando di mettere insieme parole per dire e non dire. Parole che stridevano troppo con il precedente intervento di un suo collega, Marco Travaglio, che invece è solito raccontare i fatti senza dover difendere nessuno. Colleghi si, ma di due pianeti diversi. Lo Stesso Ordine, ma due modi opposti di fare giornalismo.

Ho citato Menichini ed "Europa" solo come esempio, non ho nulla contro questo signore il suo quotidiano. Il mio discorso infatti va esteso a tutti quei giornalisti e quei giornali cosiddetti "di partito". Un giornalista non può fungere da semplice ufficio stampa di un partito, per quello ci sono le agenzie che prendono e trasmettono il comunicato così com'è. I giornali di partito non hanno ragione di esistere, ma servono solo ad assicurarsi i soldi pubblici dedicati all'editoria. Non sono contrario agli aiuti ai giornali, ma a patto che questi soddisfino alcuni requisiti che dovrebbero essere elementari: indipendenza da partiti e politici, e indipendenza da imprese e privati. Un giornalista deve poter fare il suo lavoro di ricerca e analisi senza interferenze nè politiche nè pubblicitarie. E' necessario finanziare questo tipo di giornali, proprio per la loro scelta di non avere introiti pubblicitari e quindi nessuna interferenza da parte di imprese private.
Questi che definirei i "minimi requisiti per un informazione credibile" sono merce rara, che neanche i maggiori giornali nazionali, Corriere e Repubblica, hanno. Il motivo? Costano, costano molto. Significa rinunciare all'appoggio politico e soprattutto agli introiti pubblicitari, che per i mass-media rappresentano la maggiore entrata economica. L'inserzionista viene prima del lettore, e si può dimostrare conducendo un accurato studio sui media.

Il giornalismo che sogno e ritengo valido invece incontra sempre più difficoltà, come dimostra l'esperienza del manifesto, nuovamente in crisi finanziaria [2]. Il manifesto non è di certo un quotidiano perfetto, ma alcuni requisiti li ha già, e lo ritengo un modello valido da migliorare e a cui ispirarsi se si vuole davvero dare una svolta a questo modo "clientelare" di fare informazione.

Note

[1] http://www.europaquotidiano.it/
[2]http://www.ilmanifesto.it/sottoscrizione2006/campagna.html

lunedì 12 marzo 2007

Per una politica etica


Politica ed etica sono due parole che non riescono ad andare d'accordo, e la situazione in Italia su questo fronte è davvero tra le peggiori al mondo. Il nostro parlamento sembra un istituto di recupero, con 1 deputato su 10 che ha guai con la giustizia, il 10% dell'intero parlamento. Sembra una favola, ma è la realtà.
La soluzione a questa vergogna non potrà mai venire dal parlamento, nè da nessuna maggioranza di destra o di sinistra. Tutti i maggiori partiti hanno i loro rappresentanti "diversamente onesti", da Forza Italia che guida la classifica ai Democratici di Sinistra, passando per il "grande centro" di pregiudicati vari. Questa classe politica non farà mai leggi per abolire i propri privilegi e la propria impunità, quindi non ci resta che agire.

Nessuna persona di buonsenso può tollerare che al parlamento ci siano persone condannate per i più vari reati, che continuano a percepire stipendi astronomici senza lavorare per il paese. E che hanno diritto ad una altissima pensione garantita a vita dopo soli 30 mesi, MESI, di legislatura! Mentre le persone che portano avanti davvero il paese, dagli insegnanti agli operai, devono lavorare per 40 anni e chissà se avranno mai una pensione decente. Privilegi che non esistono in altri paesi europei, che sappiamo chiamare in causa solo quando dobbiamo giustificare le nostre cose peggiori.

Comincia L'Italia è un quotidiano online con una redazione formata da liberi cittadini, professionisti e non, a cui partecipo da alcuni mesi pubblicando gli articoli che appaiono anche su questo blog.
E' stata lanciata una importante petizione rivolta al parlamento italiano che chiede:

- che gli stipendi vengano adeguati ai parametri dei parlamentari europei
- che gli aumenti futuri siano collegati agli aumenti delle più rappresentative categorie del Paese, secondo le norme vigenti del C.C.N.L.
- che al termine del mandato tornino ad essere cittadini normali e si attui il medesimo trattamento di fine rapporto che si ha per qualsiasi altro cittadino.
- che siano abolite quelle forme di diarie forfettarie che si prestano ad innumerevoli abusi. Le spese sostenute verranno rimborsate a fronte della presentazione di documenti di spesa
- che sia abolito il GETTONE DI PRESENZA (o sua estensione a TUTTI i lavoratori), sostituito da una PENALE in caso di mancata partecipazione alle seduta senza giustificato motivo. Dopo un tot di assenza ingiustificate, il mandato decade
- LE CONDIZIONI PER ANDARE IN PENSIONE e le possibilità di cumuli di stipendi, DEVONO ESSERE UGUALI A QUELLE DEI CITTADINI ITALIANI
- le buste paga devono essere dichiarate pubblicamente affinché qualunque cittadino che lo desideri possa controllarle

Richieste normalissime, basiliari per dare una svolta alla nostra democrazia decadente. In pochi giorni ha raggiunto quota 1200 firme, ma come sempre più sono meglio è. La petizione è perfino arrivata al presidente della Camera Fausto Bertinotti, che ha risposto alla segnalazione di un autore del quotidiano facendo notare i recenti tagli alla spesa del parlamento.
Ma non vogliamo chiedere soltanto un taglio ai privilegi parlamentari, il messaggio è più completo: noi cittaini siamo stufi di una classe politica strapagata che lavora poco e male. Vogliamo rispetto e maggiore partecipazione.

Voglio perciò segnalare l'iniziativa e invitare tutti voi a firmare e a diffondere questo appello.

Politica vuol dire "scienza e arte di governare". Etica è quella branca della filosofia che studia i fondamenti di ciò che viene vissuto come buono, giusto, moralmente corretto.
Impegniamoci tutti affinchè queste due splendide parole, che hanno impegnato pensatori di tutte le epoche, possano finalmente andare d'accordo per il bene comune.

Note

[1] http://www.comincialitalia.net/default.asp
[2] http://www.comincialitalia.net/petizioni.asp?id_petizione=3
[3] http://www.comincialitalia.net/interna.asp?id_tipologia=2&id_articolo=2157

giovedì 8 marzo 2007

Il mio augurio alle donne

Oggi è la giornata delle donne. Molte la riconoscono, altre no. Non mi addentrerò nella diatriba, ma voglio dedicare qualche pensiero a tutte coloro che vorranno accettarli.

Quando si parla di donne, soprattutto nei paesi ricchi, si pensa alla discriminazione sul lavoro e alle "quote rosa". Io voglio invece soffermarmi su altri aspetti che rendono la vita di tante donne una continua sofferenza.

Gli abusi sessuali, spesso perpetrati dai partner o altri familiari, sono una vera e propria piaga mondiale. Una donna su tre in tutto il mondo ha subito almeno una violenza durante la sua vita, e in Italia secondo l'Istat 10 milioni di donne hanno subito abusi sessuali.[1] Questo è un fenomeno diffuso ovunque, senza distinzione tra paesi sviluppati e non, ma che osserva un vertiginoso aumento quando ci si sposta in paesi sconvolti da una guerra o da forte instabilità politica e militare.

Il fenomeno degli stupri e uccisioni delle donne durante i conflitti è sistemico e va di pari passo alle altre forme di violenza belliche. Oltre alla violenza diretta, la guerra porta molte donne a perdere i propri mariti e figli, ritrovandosi sole, senza casa e senza assistenza se non di qualche rara quanto coraggiosa associazione umanitaria. Il resto entra in un tunnel senza uscita, fatto di sfruttamento e vendita del proprio corpo, spesso l'unica attività che permette di "vivere".

La stragrande maggioranza delle volte alle donne è negata anche la giustizia, soprattutto in paesi dove il sistema giudiziario è corrotto o smantellato dalla guerra, e dove i colpevoli riescono spesso a ottenere l'impunità da tribunali controllati da eserciti paramilitari.

In questi giorni si parla tanto di Afghanistan. E' ironico che a distanza di vari anni dalla "liberazione" del paese le donne afghane abbiano il secondo tasso di mortalità materna al mondo, con 1.600 donne morte ogni 100.000 nascite, e soffrano ancora di pesanti discriminazioni.
Secondo il Lancet circa il 90% delle morti può essere evitato con maggiore educazione sessuale e un più facile accesso ai contraccettivi.[3] Provvedimenti semplici, che però risultano inesistenti in tanti stati in via di sviluppo dove, secondo l'Unicef, quasi una bambina su 5 iscritta alla scuola primaria non completa gli studi. E, cosa ancora peggiore, molte di queste vanno a formare quel vergognoso esercito di 120.000 bambine-soldato in tutto il mondo.[4]

Non voglio terminare questa riflessione dicendo che le donne sono sempre buone, o che il problema della politica è che ci sono troppi uomini. Serve un maggiore equilibrio nei numeri, certo, ma questo sono sicuro che risolverà ben poco, visto che le donne attualmente in politica il più delle volte sono uguali, se non peggio, agli uomini che tanto critichiamo. Le cose non cambieranno finchè non si inizierà a rispettare profondamente la donna e le sue potenzialità, avendo naturalmente l'onestà di riconoscere gli errori. E' questo l'augurio che faccio, ed è questo che dobbiamo e possiamo iniziare a fare ognuno nella propria vita.

Concludo non solo con le parole, ma segnalando 4 appelli promossi di Amnesty International[5] e che è possibile sottoscrivere online. Come tutte le petizioni, più sono le firme più la voce sarà forte, quindi vi invito caldamente a leggere e firmare per qualcosa di concreto, grazie.


Campagna lanciata da Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003, per raccogliere firme a sostegno della richiesta di eguale trattamento delle donne in Iran: una richiesta particolarmente urgente, come dimostra l’arresto, avvenuto il 4 marzo, di 30 donne che prendevano parte a una manifestazione pacifica nella capitale Tehran.
http://www.amnesty.it/appelli/azioni_urgenti/iran_080307

Campagna per invitare il governo della Repubblica Democratica del Congo a mettere fine all’impunità per gli stupri commessi dalle forze armate e dalla polizia durante un conflitto che finora ha causato 4 milioni di morti dal 1998. In particolare, risolere il caso di Bitondo Nyumba, stuprata l’11 marzo 2005 da soldati appartenenti alle forze governative. Per ora, nessuno dei responsabili è stato assicurato alla giustizia e la sua famiglia ha subito minacce e intimidazioni.
http://www.amnesty.it/appelli/appelli/rdc_donne?page=appelli

Dal 1993, più di 400 donne e ragazze sono state assassinate nelle città di Ciudad Juárez e Chihuahua, nell’omonimo Stato del Messico. Nella maggior parte dei casi, le vittime, ragazze povere di età compresa tra 13 e 22 anni, sono state sequestrate, stuprate, strangolate e poi abbandonate in discariche o in fosse poco profonde; 140 di esse sono state sottoposte a brutale violenza sessuale prima di essere uccise.
Si chiede di intervenire alle autorità messicane che hanno fatto decisamente poco per indagare in modo adeguato su questi crimini.
http://www.amnesty.it/appelli/appelli/ciudad_juarez_donne?page=appelli

Per Amnesty International il governo della Bielorussia non sta facendo abbastanza per proteggere i diritti fondamentali delle donne in relazione alla violenza domestica e sollecita le autorità bielorusse ad adempiere agli obblighi di protezione delle donne secondo gli standard e le norme internazionali sui diritti umani.
http://www.amnesty.it/appelli/appelli/bielorussia?page=appelli

Note


[1] http://unimondo.oneworld.net/article/view/142956/1/
[2] http://unimondo.oneworld.net/article/view/143691/1/
[3] ZNet Commentary - International Women's Day 2007: We Stand with the Women of the World* March 03, 2007 By Lucinda Marshall
[4] http://www.un.org/womenwatch/
[5] http://www.amnesty.it/campagne/donne/index.html

lunedì 5 marzo 2007

Salute senza Frontiere

Circa 400 milioni di nuovi casi di malaria e 1 milione di morti ogni anno, con un tasso di mortalità infantile che è raddoppiato dal 1990 al 2002. 1,7 milioni di persone nel 2006 sono state curate da Medici senza Frontiere (MSF), associazione internazionale che offre assistenza sanitaria nei paesi poveri. Sono numeri ancora troppo piccoli, e dimostrano come il lavoro di questi gruppi sia fondamentale, ma non basta se i paesi sviluppati non rilanciano un nuovo tipo di economia con valori e obiettivi diversi e sostenibili.

Tra gli ostacoli maggiori che incontrano le organizzazioni umanitarie vi è il prezzo dei farmaci, spesso proibitivo per i paesi poveri, e i brevetti che impediscono ad industrie locali di produrre un farmaco ad un prezzo inferiore. Un sistema giuridico di protezione che impedisce la tanto declamata concorrenza e lo sviluppo e che permette invece alle industrie dei paesi sviluppati di aumentare sempre più i profitti.

Nel 2003 MSF ha avviato un progetto per conciliare gli interessi delle varie parti: da un lato chi necessita di farmaci a basso costo, dall'altro chi deve proteggere i propri guadagni. L'Organismo DNDI (Drugs for Neglected Diseases Initiative)[1] è formato da MSF, 5 istituzioni pubbliche e monitorata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il suo scopo è di coordinare e finanziare la ricerca scientifica per sviluppare farmaci contro quelle malattie dimenticate[2] dalle industrie farmaceutiche perchè non c'è possibilità di fare profitti, ma che mietono milioni di vittime ogni anno nel mondo. Quello di DNDI è un modo di operare "collaborativo", che mette insieme realtà frammentate per lavorare insieme su obiettivi comuni. I fondi per i primi 5 anni di attività provengono da MSF e in futuro saranno raccolti da altre istituzioni.

Quest'anno il primo importante risultato.[3] Il 1 marzo a Parigi è stato presentato il nuovo farmaco antimalaria denominato ASAQ che associa due principi attivi, l'amodiachina e l'artesunato, semplificando la somministrazione (sono sufficienti 2 pillole al giorno contro le 8 della terapia attuale) e riuscendo ad agire anche su casi gravi di malati che non rispondono ai farmaci tradizionali. Nonostante la lunga lotta di MSF contro i brevetti sui farmaci, la produzione avverrà in Marocco ed è affidata al quarto maggior gruppo farmaceutico al mondo, la Sanofi-Aventis.
Il prezzo sarà pari al costo di produzione e quindi molto basso, del 50% rispetto al trattamento attuale: in tutto meno di un dollaro per ogni ciclo di trattamento. La novità più interessante è che questo farmaco non è protetto da brevetto, e quindi permetterà ad altre industrie di produrlo favorendo la concorrenza e abbassando ulteriormente i costi per i paesi poveri e le organizzazioni umanitarie.

Un esempio da seguire? Sicuramente è un possibile compromesso tra massima protezione della proprietà intellettuale tramite brevetti e totale apertura della stessa e vedremo se il progetto porterà a nuovi risultati e soprattutto ad un maggiore diritto alla salute nei paesi poveri.

E' necessario però analizzare concretamente la situazione e i dati per risolvere una situazione che in decine di paesi del mondo resta insostenibile, per fare in modo che la salute nostra e di milioni di persone non sia determinata dall'esistenza o meno di un interesse economico da parte di privati.

Note

[1]http://www.dndi.org/
[2]http://www.msf.it/cosafacciamo/accesso/malattie.shtml
[3]http://www.msf.it/msfinforma/comunicati_stampa/01032007.shtml

venerdì 2 marzo 2007

La sfilata dei senatori

E anche al Senato si è concluso l'ennesimo teatrino della politica, con la "sfilata" dei senatori chiamati a dar la loro fiducia ad un nuovo governo Prodi. Nuovo per modo di dire.

Una cosa accomuna le tante dichiarazioni da ambo le parti: tanta ipocrisia. I senatori a vita sono stati decisivi per questo governo fin dalle elezioni dello scorso anno e questo sollevò nel centrodestra un movimento contro il loro diritto di voto. Dimenticando che questi furono indispensabili [1,2]anche al primo governo Berlusconi, nel 1994.

Alla caduta di Prodi hanno concorso fondamentalmente due fattori. Il primo: una legge elettorale indecente e antidemocratica, che ha esattamente centrato l'obiettivo voluto. A dirlo è il suo stesso creatore, che la definì una legge "porcata, fatta volutamente per mettere in difficoltà una destra e una sinistra che devono fare i conti con il popolo che vota". Il secondo: il voto di alcuni deputati della sinistra e, a pari merito, dei senatori a vita Andreotti, Cossiga e Pininfarina. Complotto o meno che sia stato, questi ultimi saranno sempre più importanti, qualsiasi sia il governo in carica. Pur cambiando legge elettorale, la tendenza riscontrabile in tutti gli altri paesi del mondo è di avere un margine sempre minore tra vincitori e vinti, e in Italia l'ago della bilancia si sposta a seconda del voto di pochi senatori.

La figura di senatore a vita è previsto dalla Costituzione, ma questa all'art.59 specifica anche che "Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario."[3] Intrattenere relazioni con mafiosi non sembra dunque rientrare nella categoria.

Come può dunque governare un qualsiasi governo che dipende, tra gli altri, dal voto di Andreotti, un matusalemme della politica condannato per mafia [4] e che rappresenta il peggio che la storia politica di questo paese ha avuto?

Che senso ha un'istituzione come il Senato, attualmente blindata e in cui si è praticamente costretti a votare sempre a favore delle proposte della propria maggioranza, pena crisi politiche come questa? E i senatori a vita, hanno ancora un senso?

Essere già tutti d'accordo è innaturale. Quando si esce con un gruppo di amici non si è mai d'accordo su tutto. Perfino gli strumenti musicali vanno accordati prima di ogni concerto. Una certa dissidenza è fisiologica in un buon sistema democratico e dovrebbe essere prevista, senza che questo faccia necessariamente cadere un governo e destabilizzare il sentiero politico di una maggioranza.

Il paese non ha bisogno di senatori strapagati e privilegiati, che votano in base ad accordi e senza convinzione. Così come non ha bisogno di nuovi partiti, di nuove associazioni, di nuovi sindacati: se il sistema di clientele e corruzione resta lo stesso, essi degenereranno inevitabilmente. L'unica soluzione per rendere la democrazia più effettiva e diminuire le possibilità di corruzione è estendere la partecipazione, diretta e trasparente, a tutti i cittadini, ognuno nel proprio comune. E non a rappresentanti che, prima o poi, inizieranno a difendere ed a cercare sempre più privilegi.

Note

[1] http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1906313828&chId=30&artType=Articolo&DocRulesView=Libero
[2] http://it.wikinews.org/wiki/Cossiga_scrive_a_Berlusconi_sulle_polemiche_contro_i_senatori_a_vita
[3] http://www.quirinale.it/costituzione/costituzione.htm
[4] http://www.societacivile.it/primopiano/articoli_pp/andreotti.html