sabato 20 ottobre 2007

Graffiti, libertà di scegliere




Questo è un articolo di opinione, quindi vi invito fortemente a dire cosa pensate dell'argomento lasciando un commento , grazie. Ancora meglio se qualcuno di voi appartiene al "movimento" di cui parlo, e può spiegarci meglio il suo punto di vista.


In una puntata di Annozero giorni fa hanno intervistato una "graffitara" per ascoltare le sue idee su questo movimento. Definire chi sono i graffitari,[http://it.wikipedia.org/wiki/Graffiti_writing] non è semplice e rischia di essere riduttivo: possiamo dire che sono persone che da soli o in gruppo tracciano simboli e disegni sulle mura delle città, delle case, dei treni, etc.

Ovviamente tutto ciò è illegale, loro lo sanno, dunque queste azioni avvengono solitamente di notte.

Ammetto che fino a pochi anni fa non avevo mai sentito sentito il problema, vivendo in un piccolo comune di provincia dove di scritte sui muri se ne vedevano raramente e al massimo riguardavano qualche vittoria calcistica. Ora però vivendo a Bologna posso osservare ogni giorno questo fenomeno.

Curioso di ascoltare l'intervento della graffitara, ho prestato particolare attenzione alle sue parole, ma devo dire che ciò che ha detto mi ha colpito molto, in modo negativo. Ho trovato il suo ragionamento fortemente insensato.

In breve, lei ha spiegato che la loro è una forma di protesta contro le pubblicità che vengono imposte, a pagamento, dalle aziende, e che riempiono ogni angolo delle nostre strade. Questo mi sembra un punto più che condivisibile. Però bisogna tener presente che le pubblicità vengono affisse, secondo la legge, nelle apposite bacheche, e non sulla parete sotto casa tua.

Il problema è nella ricerca di una soluzione. Secondo lei andar di notte a disegnare sui muri è legittimo ed è la giusta risposta al problema. Di fatto invece è un'assurdità, e per capire il perchè basta rifletterci su pochi secondi.

Si può essere d'accordo che la pubblicità a pagamento sia una forma invasiva e che la maggior parte dei cittadini probabilmente non vuole, io sono tra questi. E' dunque un tema su cui si ci può mobilitare e far pressione per migliorare la situazione, ad esempio diminuendo le aree disponibili o vietandola del tutto in zone particolari delle città o dei paesaggi. La pubblicità si può considerare, secondo i punti di vista, un grave problema sociale e culturale ma allora si deve affrontare in modo concreto, e non utilizzarlo in modo strumentale come giustificazione. E' questo che sembrano fare i graffitari, stando alle parole della ragazza.

Andare in giro a disegnare o semplicemente scrivere non fa altro che aggiungersi ai già presenti manifesti pubblicitari, e come risultato finale noi cittadini ci troviamo di fronte due problemi invece che uno. Cosa si è ottenuto agendo in questo modo? Nulla.
Il degrado è causato in buona misura proprio dai graffiti, questo è oggettivo come dimostra anche la foto all'inizio dell'articolo.

Capisco che il graffito sia anche una forma di arte, ma a questo punto si può chiedere di predisporre pareti dedicate ai veri artisti, non al primo che passa e scrive il suo nome con caratteri gotici credendosi un artista. Alcuni comuni, come Firenze, l'hanno fatto anche se penso con scarsi risultati.

Chi cerca però di difendersi dietro l'etichetta di “artista” si sta solo giustiicando, perchè basta fare un giro in qualsiasi centro per scoprire che la maggior parte dei graffiti sono semplici scritte, che il senso estetico comune trova decisamente brutte e insensate. Le opere d'arti che avvalorano la città sono rare.

Non si parla però solo delle città. I Graffiti sono ovunque, dal centro storico alle stazioni ferroviarie di periferia.
Quando viaggio in un treno regionale, con i graffiti che ricoprono tutti i vagoni e impediscono di guardare il paesaggio esterno, penso. E penso che preferirei poter guardare fuori il paesaggio, e ignorare qualche eventuale mega cartellone pubblicitario. Ma almeno sarei libero di scegliere, e non vittima passiva di una purtroppo ottusa e inutile “forma di protesta”.

mercoledì 10 ottobre 2007

Eric Schlosser - Fast Food Nation

C'è chi critica McDonald's, il Fast Food per eccellenza, perchè rappresenta La Multinazionale americana. C'è chi lo critica perchè i suoi lavoratori sono sottopagati e spesso immigrati senza diritti, chi a causa della forte vocazione antisindacale dell'azienda. C'è anche chi lo critica perchè è vegetariano, e notoriamente da McDonald's sono gli hamburgher di manzo a farla da padrone. Insomma, di motivi e critiche ce n'è di tutti i gusti, ma spesso restano frasi stampate su piccoli libretti o volantini, spesso dal tono diffamatorio e che scatenano denunce legali da parte del colosso.

Eric Schlosser invece, giornalista americano, nello scrivere questo saggio ha provveduto a rendere note, quasi ossessivamente, le fonti da cui ha tratto le informazioni che ci presenta, frutto di una ricerca di oltre 3 anni, e pubblicate solo dopo un attenta rilettura da parte sua e dei suoi avvocati. Il suo non è un libro da circolo antiglobalizzazione, ma un vero e proprio studio sull'industria dei Fast Food, dalle origini ad oggi. E di tutto ciò che gli ruota intorno.

Mc Donald's, Burger King, Wendy's, KFC, Pizza Hut, Taco Bell....la storia di queste grandi aziende agli inizi coincide con quella di persone semplici, proveniente da classi sociali medio-basse, ma che hanno avuto un esperienza simile, quasi riprodotta in serie.
Carl Karcher, ad esempio, iniziò vendendo hot dog con un semplice carrettino, e trentacinque anni dopo possedeva la più grande impresa privata di fast Food, la Carl Karcher Enterprise.

Nel libro ci vengono raccontate le storie di tutti i fondatori, ed è molto interessante seguirne l'evoluzione che quasi sempre è stata parallela allo sviluppo del territorio circostante. La nascita e la crescita dei primi fast-food, ad esempio, coincise con il boom della vendita di automobili, che vennero presentate agli americani come un bene indispensabile, di status. Immense quantità di soldi pubblici servirono a finanziare chilometri di nuove enormi strade; nacquero così i primi drive-in dei due fratelli Mc Donald's, a cui si accedeva, si ordinava e si ripartiva senza scendere dall'auto, una moda che permise ai due di arricchirsi. Ciò che colpisce di queste storie è però il modo in cui queste persone hanno rivoluzionato il loro modo di lavorare, aprendosi la strada al successo. Questi sono stati veri imprenditori, nel bene o nel male, rischiando, innovando, inventando nuovi modi di produrre il cibo, di servire ai tavoli, di attirare i clienti con insegne particolari o nuove mode, come quella di regalare giocattoli per bambini insieme ai loro menù. O fare accordi con aziende già di grande successo, come la walt Disney, per aprire ristoranti all'interno dei nuovi parchi a tema, le Disneyland.

Leggendo questo saggio però si ci rende conto anche che il grande successo di queste aziende non sarebbe mai stato possibile senza l'intervento statale, contrariamente a quello che ingenuamente si crede di solito sul libero mercato e sull'"oppressione" dello Stato. Di esempi il libro è pieno, mi basterà citare il caso della "Legge Mc Donald's", approvata dall'amministrazione Nixon dopo una donazione di 250 mila dollari da parte dell'azienda per la campagna elettorale. Questa legge permise di pagare i lavoratori di 16 e 17 anni ben il 20% in meno del salario minimo, e diede altri vantaggi all'azienda nei confronti dei concorrenti.

Oltre alle storie, il saggio affronta anche tanti altri temi strettamente connessi a questo tipo di industria, come la produzione del cibo: manzo per hamburger, patatine fritte e pollo, il tutto per tonnellate e tonnellate; basta pensare che oggi Mc'Donalds's è il maggior acquirente di carne di manzo, maiale e patate. Il capitolo dedicato alle aziende produttrici di carne è illuminante di come il sistema capitalistico abbia spinto agli estremi la necessità di produrre a tutti i costi e a scaricare tutti i problemi derivanti sui lavoratori, sul territorio e sull'ambiente. Il giornalista ci racconta della sua visita ad un macello tipico, una vera e propria catena di smontaggio di animali dove la velocità della catena di lavoro è sempre più aumentata negli anni, e con essa gli incidenti inevitabili quando si maneggiano coltelli, pistole, seghe elettriche ed enormi carcasse animali per molte ore al giorno. E nell'ambiente circostante una fabbrica di carne la situazione non è migliore, devastato da pozze di liquami e scarti. I Lavoratori e l'ambiente sono solo "rotelle del grande ingranaggio", come le definisce l'autore.

Ovviamente anche la qualità del cibo ne risente, e un capitolo è dedicato proprio a "Cosa c'è nella Carne", riportando numerosi casi di intossicazioni da Escherichia Coli 015:H7 per capire come si intrecciano gli interessi delle aziende e i deboli controlli da parte delle agenzie governtive, private sempre più dei loro poteri da amministrazioni ampiamente finanziate dalla industria della carne, che oggi è una delle più potenti e influenti. Basti pensare che il Dipartimento dell'agricoltura oggi può ritirare dal mercato dei giocattoli difettosi ma non una partita di carne contaminata.
Quel che è peggio è scoprire che fino al 2001 le mense scolastiche di molti stati americani si rifornivano da produttori di carne ripetutamente denunciati per la presenza di batteri e salmonella. Il risultato di queste enormi pressioni e di leggi che favoriscono i produttori è che oggi negli Stati Uniti ogni anno ci sono circa 37.000 casi di intossicazione alimentare,e l'uso indiscriminato di antibiotici nell'allevamento ne aumenta la resistenza e la pericolosità. Non a caso uno dei pericoli concreti che corre l'umanità e di essere colpita da una pandemia sviluppatasi proprio negli allevamenti intensivi di animali.

Nell'ultimo capitolo il giornalista spiega cosa fare, e quali sono le riforme necessarie per migliorare questa situazione oggettivamente insostenibile. Mette in luce come il cambiamento debba provenire dai consumatori, che sono l'unica forza in grado di piegare questi colossi economici, che non allenteranno mai la presa sulla politica. L'autore affronta marginalmente il problema vegetariano, ma penso che questo sia un punto chiave; il mio personale consiglio è di scegliere di non consumare cibi animali o ridurne fortemente il consumo, un gesto che ha un immediato impatto sul mondo che ci circonda e su noi stessi. Non è una riforma o una legge che ha bisogno di tempo e mediazioni per essere applicata.

Schlosser termina il suo saggio con un paragrafo che voglio riportarvi, sperando che in voi sia sorta la curiosità di leggere questo libro, che oserei definire necessario per comprendere un po' meglio come funziona questo nostro mondo.

"Spalancate la porta a vetri, sentite il soffio dell'aria condizionata, mettetevi in fila, guardate i ragazzini che lavorano in cucina, i clienti seduti ai tavoli, le pubblicità dell'ultimo giocattolo, studiate le fotografie illuminate lassù, dietro il bancone, pensate da dove arriva il cibo, e come e dove è stato fatto, a cosa viene messo in moto da ogni singolo acquisto di fast food, e come l'effetto si propaga, pensateci. Poi ordinate. Oppure fate dietro-front e uscite. Non è troppo tardi. Persino in questa nazione fast food, potete ancora fare come vi pare"

P.S. Ho letto il libro prima di venire a conoscenza dell'omonimo documentario, passato di recente quasi inosservato nelle sale Italiane, e che non ho ancora visto. Sarebbe interessante sentire le opinioni di chi ha potuto già vederlo, quindi lasciate i vostri commenti, grazie.


ISBN 88-7983-613-7
Editore: Net
Pubblicazione: 2004
Costo: € 8,80
Pagine: 384

giovedì 4 ottobre 2007

V-Day, io c'ero

Iscriviti al Vaffanculo Day


E' passato quasi un mese dal V-Day, l'iniziativa promossa da Beppe Grillo e ormai nota in Italia e oltre. Ho avuto la possibilità di partecipare proprio a Bologna, dove si è svolto lo spettacolo principale che ha visto un inaspettato e come sempre piacevole Grillo conduttore, e tanti altri ospiti alternarsi sul palco per brevi discorsi.

La copertura mediatica successiva all'evento francamente mi ha molto stupito, dal momento che fino al 7 settembre i media avevano completamente taciuto la notizia, e solo su internet c'era un gran fermento di gruppi, volontari e persone comuni che organizzavano i tanti eventi in giro per l'Italia.

Ho ascoltato pazientemente e in silenzio le inevitabili polemiche e discussioni trasmesse dai media nazionali per le settimane successive, e che hanno infiammato animi e telegiornali. Compresi i direttori, vedi il prevedibile Emilio Fede (Tg4) o la rivelazione Mauro Mazza (Tg2) che in un editoriale video ha commentato il V-day accusando Grillo di fomentare violenza e addirittura ha messo in guardia da un nuovo pericolo di terrorismo contro la classe politica. Altri commenti sono inutili.[1]

Anche i politici, primi destinatari del v-day, hanno reagito quasi tutti negativamente. Critiche costruttive al V-day e alla proposta di legge popolare non se ne sono viste, e alcune accuse infondate e al limite della diffamazione sono state amplificate, approfondite e rese serie, credibili, da giornalisti e commentatori vari. Sono le magie dell'informazione italiana.

Grillo non ha certo bisogno di difese, il suo blog ha più di 200.000 lettori al giorno, il mio 10 se va bene, ma anche io ero in quella piazza, e quindi voglio difendere me stesso e gli altri presenti. Non voglio aggiungermi alle migliaia di commenti sul V-day, ma vorrei concentrarmi sul caso di "magia dell'informazione" più grottesco di tutti, perchè contiene tutti gli elementi più notevoli per capire come funziona il meccanismo della disinformazione in Italia.

Senza dubbio la palma d'oro va all'accusa, lanciata da Casini [2] e ripresa a ruota da altri, secondo la quale Beppe Grillo e la piazza del V-day avrebbero insultato e offeso la persona di Marco Biagi.[3 ] Una pura fantasia. L'8 settembre si è parlato della LEGGE Biagi, e non si è mai nominato il signor Biagi. Se la legge si chiama così è solo colpa del governo Berlusconi che intitolò abusivamente la legge, scritta da Maroni, al professore assassinato.[4 ] Biagi, tral'altro, prima di morire aveva scritto a vari politici tra cui Casini, dicendosi preoccupato e chiedendo invano la scorta.[3 ] Ovviamente i tg hanno evitato di riportare questi particolari non da poco.

Queste polemiche mostrano molto bene come l'informazione è capace di strumentalizzare e distrarre il discorso per evitare di parlare dei contenuti del V-Day, dei problemi che ha sollevato, e delle proposte che sono sorte con forza da tutte le piazze.
E si, perchè il V-Day non è stato solo un grande "vaffanculo" ad una classe politica per la maggiore corrotta, clientelare, chiusa su se stessa. Ha proposta una legge popolare, che ha raccolto oltre 300.000 firme, per licenziare dal parlamento tutti i politici condannati, per limitare a 2 il numero di legislature possibili, e per tornare alla elezione diretta dei politici. Ma non solo, Grillo ci ha anche ricordato che un anno fa si è presentato da Prodi portando un libro di proposte concrete fatte da esperti e cittadini. Una "fabbrica del programma" parallela a quella dell'Unione che invece ha prodotto un programma fatto di illusioni. I Tg non hanno mai parlato di questi contenuti, che avrebbero presentato il V-day per quello che è stato: un importante momento di partecipazione popolare alla vita pubblica, e che quindi riguarda tutti noi.

Termino riportando il post di Beppe che secondo a mio parere meglio risponde a tutte le accuse mosse finora. Poche frasi, ma chiare e incisive.

Ieri sera a "Porta a Porta", il presidente del Consiglio, definito ormai dagli stessi giornalisti "Valium-Prodi" parlava seduto dietro a una gigantografia con la mia faccia. Belin, è come se la BBC trasmettesse un discorso alla nazione di Gordon Brown che si rivolge a Mr. Bean.
Prodi mi ha colpito, ha detto una cosa qualunquista: "I cittadini non sono migliori dei politici". Credo che intendesse tutti i cittadini e tutti i politici. Insomma, siamo un Paese senza speranza.
Valium ha poi continuato dicendo di me: "Ora cambia perchè dalla critica deve arrivare alla proposta?.
Qui mi sono molto preoccupato.
Le proposte infatti ci sono: quelle dei cittadini che per mesi hanno scritto commenti e mail al blog. Non sono mie, sono dei datori di lavoro di Prodi. Le ho consegnate personalmente a Alzheimer-Prodi a Palazzo Chigi l'8 giugno del 2006. Gli lasciai una lettera di licenziamento nel caso non le avesse tenute in considerazione. Mi rassicurò che le avrebbe trasmesse ai ministri competenti. Ho il filmato integrale.
Il programma lo hanno scritto i cittadini, non Grillo.
L'Italia cambierà grazie ai suoi cittadini, non grazie a Grillo.

Si parla di vuoto da riempire, ma chi l'ha creato se non l'assenza della politica? Se non la partitocrazia? Attaccano me, ma in realtà attaccano il loro (ex) elettorato.
Sono dei pugili suonati.


http://www.beppegrillo.it/2007/09/le_proposte_dei_cittadini.html

Note

[1] http://www.beppegrillo.it/2007/09/informazione_di.html
[2] http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/grillo-v-day/v-day-reazioni/v-day-reazioni.html
[3] http://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Biagi
[4] http://www.beppegrillo.it/2007/09/gli_intellettua.html