giovedì 25 gennaio 2007

Enzo Biagi - Quello che non si doveva dire

Enzo Biagi è assente dal grande schermo da ormai 5 anni. E' stato invitato solo da Fabio Fazio nel suo programma "Che Tempo che fa". "Il Fatto" era la rubrica di successo, apprezzata dal paese e premiata dagli ascolti record, che subito dopo il Tg1 affrontava diversi temi dell'Italia e del mondo, e soprattutto "raccontava".

Poi venne il Cavaliere dalla Bulgaria, testa d'ariete della politica di destra e sinistra che ha paura dei fatti, e preferisce le chiacchiere dei salotti televisivi. E questo giornalista, che comunque la si pensi è stato un grande punto di riferimento e modello di giornalismo, fu licenziato, gli si impedì di lavorare e fu congedato dalla Rai con un lauto compenso, forse per metterlo a tacere una volta per tutte. Non è un caso che tutti gli oppositori di Biagi oggi si appellano alla sua lauta ricompensa, dicendo che non ha motivi di lamentarsi. Non una parola sull'anomalo licenziamento di un giornalista da parte del presidente del consiglio.

Come me, si può non essere d'accordo con alcune sue conclusioni e opinioni, questo è perfettamente normale. Ma non si può ignorare la qualità del suo lavoro come hanno fatto tante persone in questi utlimi anni, magari senza neanche aver mai letto un suo libro.

Enzo Biagi ci presenta un giornalismo dal sapore antico, interessante e coinvolgente, che trasuda attenzione per i particolari e per valori oggi sempre più in declino, "prendendo ad esempio, per farmi capire meglio, alcune parole che nella mia vita hanno avuto un senso: coraggio, coerenza, umiltà, libertà, rispetto, giustizia, tolleranza, comprensione, solidarietà e amore".

Colpisce leggere i temi che avrebbe trattato se avesse potuto continuare a far televisione. Colpisce il modo in cui affronta gli argomenti, andando alla fonte, intervistando i protagonisti e soprattutto raccontando piacevoli storie. Le parole scritte rievocano la sua voce, quasi si trovasse aldilà della sobria scrivania de "Il Fatto", solo con qualche appunto e la voglia di narrare.

Nei vari capitoli Biagi ci racconta dell'Italia, in un modo che oggi non si trova più in televisione.
Ci racconta della mafia con i ragazzi di Locri. Del declino culturale della televisione, di cui scrive con nostalgia che "quello che mi ha colpito è che al posto del mago zurlì, della nonna del corsaro nero, di sceneggiati del risorgimento e di topo gigio, si dibatte alle 16 di anoressia, suicidio, tette da rifare, omicidi, corna, gravidanze non desiderate, backstage di calendari per camionisti".
Del 25 aprile, anniversario della Liberazione d'Italia, a cui Biagi giustamente tiene. L'importante valore dell'antifascismo, che oggi va sempre più perso da un centrodestradestra che si definisce "moderato" ma alleato di gruppi neofascisti.
Stavolta però "non avremmo parlato di quello che è accaduto il 25 aprile, lo abbiamo fatto tante volte e ci sono i telegiornali per questo: il nostro lavoro avrebbe raccontato quello che è successo a partire dal giorno dopo, dal 26 aprile 1945".

Biagi continua analizzando il ruolo dell'informazione nel periodo delle "guerre preventive", che ha spettacolarizzato tanti eventi senza analizzarne, in modo obiettivo, le dinamiche.

Un lungo capitolo è dedicato alla strage di Bologna, il cui anniversario del 2 agosto 2005 passò nel silenzio generale, che appartiene ad un periodo buio per l'Italia che va al 1947 al 1993 e in cui si contarono 13 stragi, 144 morti e 698 feriti ad opera di diversi gruppi terroristici, come le Brigate Rosse e gruppi fascisti. Biagi se avesse potuto fare TV avrebbe provato a rispondere alle domande "perchè? chi sono i mandanti?", e riportando le sue interviste ad alcuni protagonisti di questi ignobili omicidi. Sarebbe stato senza dubbio un pezzo di televisione di qualità, che purtroppo è mancato.

"Quello che non si doveva dire" è un libro anche molto ricco di spunti autobiografici, sempre piacevoli soprattutto quando ci raccontano la vita degli anziani di oggi, che hanno vissuto in prima persona momenti importanti della storia d'Italia, che oggi sono ormai persi e sembrano restare in vita solo grazie a questi personaggi.
Non bisogna considerarli solo racconti del passato, ma vicende da cui trarre valori e insegnamenti da applicare tuttoggi.

"Anche per me lo scrivere non ha rappresentato solo il lavoro, è stato tutto nella mia vita. So bene che è un mio grande limite, ma non sarei capace di fare niente altro."
Caro Biagi, direi che "quel poco che sa fare" lo sa fare davvero bene.  E penso che ci sia bisogno di lei per innalzare un po' il livello di questa televisione degradata. E chi proprio non lo sopporta, può sempre cambiare canale.

giovedì 18 gennaio 2007

La Triplice Alleanza e altre storie

Quando Silvio Berlusconi afferma che l'Italia "è ostaggio della Francia e nemica degli Usa" e parla di una misteriosa "alleanza euroaraba",[1] sembra che parli di favole, racconti di un tempo antico.
Purtroppo le sue sono affermazioni serie, dalla facile presa e senza nessun fondamento nella realtà, e per questo è interessante smentirlo nei fatti; queste recenti dichiarazioni ce ne offrono l'ennesima opportunità.

C'era una volta un governo (il suo) che aveva "una politica estera chiara e filo-occidentale" e ha ottenuto "un grande prestigio e una grande credibilità".
Chissà perchè ma questo non risulta dalla stampa estera, che al contrario e senza distizione politica, non è stata molto entusiasta del quinquiennio berlusconiano. Dal New York Times al Wall Street Journal, che riportavano i dati sul declino economico dell'Italia mentre in casa ci raccontavano che tutto andava bene, e che i conti pubblici erano in regola. Qualche altro esempio dalla lunga lista: "The Economist" ha dedicato varie copertine al Cavaliere, e ha commesso l'errore di aver raccontato un po' di fatti sul suo impero televisivo e i suoi processi.[2,3] Ovviamente Berlusconi replicò non smentendo i fatti, ma accusando il giornale di essere pilotato dalla sinistra italiana.[4]

In Svezia ci hanno presi in giro per mesi con uno spot della televisione pubblica che recitava: "In Italia, il 90 per cento dei mass media è in mano a Silvio Berlusconi. Noi siamo una televisione libera". [5] Quindi il Cavaliere ha ragione, il prestigio c'è stato, ma in negativo.

L'ex-premier ha anche parlato di un "asse con Parigi e Madrid", dipingendo l'Italia come "serva dell'ambizione francese di diventare un pilastro nell' equilibrio euro-arabico", con una politica basata "sull'esclusione degli Usa dall'influenza nel Mediterraneo".
Ora, sorvolando sulla curiosa teoria della Triplice Alleanza del ventunesimo secolo tra i 3 stati comunisti dell'Europa, l'ex-premier dà per scontato qualcosa che non è affatto scontato, e cioè che gli Usa debbano continuare a mantenere la propria influenza sul mediterraneo. Ma chi lo ha deciso? Eppure l'Europa dovrebbe essere abbastanza vecchia da saper badare a se stessa, se ne avesse la forza e la volontà.

Il cavaliere termina la sua analisi geopolitica con l'ultima chicca: "Questo governo strizza l'occhio ad Hezbollah e critica continuamente Israele che è l'unico avamposto di democrazia nel Medio Oriente".
Uno Stato nato dal nulla, che occupa militarmente un territorio, costruisce mura per delimitarsi i territori e ignora sistematicamente da decenni le risoluzioni ONU, direi che non rientra affatto nella definizione di Stato democratico e di rispetto del diritto internazionale.[6,7]
Riguardo Hezbollah, partito armato libanese, Berlusconi e i suoi mostrano di avere la memoria (volutamente?) corta, perchè dovrebbero ricordarsi che pochi mesi fa il Parlamento ha votato quasi all'unanimità la missione in Libano, (Legge n. 270 del 20-10-06) missione ONU che ricordo ha proprio il compito di proteggere Israele da ulteriori attacchi di Hezbollah![8] Altro che strizzatina d'occhio.

Insomma, l'ennesima dimostrazione che la propaganda di Berlusconi si basa sulle chiacchiere, e non sulla realtà. E soprattutto, può contare sull'appoggio di validi alleati, come giornali (in prima linea il Foglio, Libero e Il Giornale) e giornalisti pronti ad avallare le favole dell'ex-premier  cercando di darne un senso, risonanza e fornirne un'aura di serietà.

L'informazione ha un grave deficit. Si ci perde in chiacchiere perchè fanno vendere, ma quel che conta sono i fatti. E nei fatti l'Italia non è antiamericana, ma ha appoggiato e continua ad appoggiare gli interessi degli USA. Lo hanno dimostrato decenni di storia della Repubblica, e più recentemente il sì di Prodi all'ampliamento della base di Vicenza contro qualsiasi consenso popolare, e il viaggio di Emma Bonino negli States per convincere i magnati americani ad investire nel bel paese.[9]
Ma si sa, sui fatti si può discutere poco. Meglio le chiacchiere, altrimenti troppe persone non saprebbero di che vivere.

Note

[1] http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/politica/governo-caserta/berlusconi/berlusconi.html
[2] http://www.beppegrillo.it/2006/04/basta.html
[3]http://www.societacivile.it/memoria/articoli_memoria/dossier_economist.html
[4] http://www.repubblica.it/online/politica/campagnastampa/francesoir/francesoir.html
[5] http://www.repubblica.it/2005/b/sezioni/politica/tvsvezia/tvsvezia/tvsvezia.htm
[6] http://www.zmag.org/italy/chomsy-israelelibanopalestina.htm
[7] http://www.zmag.org/italy/chomsky.htm
[8] http://www.un.org/depts/dpko/missions/unifil/
[9] Caccia ai superfondi di Wall Street. Bonino: faremo le riforme, investite. Corriere della Sera, 17 gennaio 2007

lunedì 15 gennaio 2007

Welby, l'ultimo saluto

In un commento sul Corriere del 15 dicembre si parlava di Mina Welby, "la moglie, l'infermiera, l'ombra. Fotografata di striscio di sbiecio, di spalle, mai un ritratto di fronte. Mina si merita che per una volta almeno, si parli di lei". Finora non ho mai commentato il caso Welby, perchè pensavo e penso tuttora che nessuno di noi abbia il diritto o sia in condizione di dire ad un uomo con una grave distrofia muscolare progressiva cosa può o cosa non può fare. Forse a tanti commentatori farebbe bene rileggere le sue stesse parole: "Io ho raggiunto l'ultimo stadio: respiro con l'ausilio di un ventilatore polmonare, mi nutro di un alimento artificiale (Pulmocare), parlo con l'ausilio di un computer e di un software.".[1] Welby ha scelto di morire e non "vivere" dipendendo da una macchina. Questa è stata la sua scelta, più o meno condivisibile, ma ritengo assolutamente giusto che sia stata rispettata.

I politici, la Chiesa e tante altre autorità avrebbero dovuto tacere, o parlare con rispetto e modestia. Invece il tutto si è trasformato in uno scontro, in questo paese di "italiani brava gente", dove però ogni occasione è buona per imbastire un teatrino. Per quanto mi risulta Prodi non ha mai risposto alla lettera di Welby, e non è stata una bella cosa.

L'Ingerenza della Chiesa nel caso Welby è stata a mio parere terribile, frutto di una contraddizione immane. "Nessuno può decidere di dare la vita o la morte a suo piacimento, solo Dio" tuonavano in coro le cariche ecclesiastiche. Senza rendersi conto che essi stessi stavano ammettendo di avere questa facoltà. Hanno lasciato intendere, nemmeno troppo implicitamente, che solo la Chiesa ha questo diritto e può dettare legge nel mondo degli uomini, decidendo chi può e chi non può morire, chi può e non può soffrire.

La posizione della Chiesa in questo caso ha dimostrato una buona dose di arroganza e ottusità, volendo intervenire prepotentemente sulla decisione di una persona libera, atea e cosciente. Non c'è da meravigliarsene troppo in fondo, dal momento che la storia della chiesa ha più volte oscurato e ingnorato il termine "libertà", condannando a priori e senza logica chi sfidava la visione del mondo religiosa. Ma dopo la richiesta di perdono da parte di Papa Wojtila[2], nel 2007 ci si aspetterebbe un po' più di apertura.

Penso sia giusto introdurre il testamento biologico,in modo che ogni persona sia libera di scegliere se vivere o morire nel momento sfortunato in cui si trovi a dipendere da una macchina. E' giusto che uno stato laico dia il diritto a chi non crede o a chi appartiene ad un altra religione di scegliere, scegliere autonomamente e senza condizionamenti. La scelta è libertà; perchè ai politici che ipocritamente fanno della libertà una bandiera non viene mai in mente?
La chiesa, sicuramente in buona fede, crede di avere l'autorità di dettare e imporre la propria legge e i propri insegnamenti a tutti, anche ai non appartenenti alla religione cattolica. Pur essendo ateo condivido molti insegnamenti della religione cristiana, molti principi che se applicati ognuno nel proprio intimo, sicuramente migliorerebbero la qualità della nostra società. Ed è innegabile che il cristianesimo ha profondamente influenzato la nostra storia, nel bene e nel male. Ma l'imposizione e la pretesa di avere ragione su qualsiasi tema etico è una cosa non tollerabile. Sia esso l'aborto, l'eutanasia, l'omosessualità, la ricerca sulle cellule staminali o i famigerati pacs.

Capisco la paura della Chiesa quando il papa dichiara che "i pacs costituiscono una minaccia per la struttura tradizionale della famiglia"[3]. Ma queste posizioni si basano sul presupposto che la concezione cattolica di famiglia fondata sul matrimonio sia l'unica ed assoluta. Sono concezioni dogmatiche, fisse per definizione.
La società umana invece è mutabile ed evolve, e dibattiti su questi argomenti sono obbligatori per venire incontro alle nuove esigenze.
Sono temi sociologici, su cui la Chiesa ha il diritto di esprimere la propria idea, ma senza voler imporre la propria visione.
Sono d'accordo con la Chiesa su alcuni temi delicati, e penso che non bisogna assecondare qualsiasi nuova richiesta da parte della società civile senza prima riflettere bene su tutte le conseguenze, come la possibilità per le coppie gay di adottare bambini. Ma sono convinto che bisogna discuterne in modo aperto ed essere pronti a cambiare la propria posizione, cosa che per quanto visto e sentito finora risulta spesso molto difficile. Fose un giorno persone come Welby non dovranno soffrire due volte inutilmente.

Note

[1] http://www.lucacoscioni.it/node/1776
[2] http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo250597.shtml
[3] http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=62398

giovedì 11 gennaio 2007

Etichette personalizzate

Le etichettature sono la cosa più stupida che si possa fare, conseguenza di un superficialismo che dilaga sempre più nel nostro paese.
L'ossessione di molti politici, di molti giornali, di etichettare sempre e tutto, è però dettata da precise strategia di propaganda.

L'etichetta ha facile presa sulla popolazione che è poco informata, o che si fida di ciò che gli viene detto: purtroppo la maggioranza.
Silvio Berlusconi ha costruito un impero culturale e politico, prendendo spunto dai maestri della ex-democrazia cristiana, grazie anche e soprattutto all'etichetta dei comunisti, ossessione per lui e i suoi affiliati. Ha impedito qualsiasi tentativo di analizzare in modo scientifico il fenomeno del comunismo nel mondo. Oggi parlare di comunismo in modo serio è impossibile, e si rischia il paradosso di essere accusati di comunismo pur volendo sottolinearne gli errori e i lati negativi.
Risultato? Idee distorte e credenze che resteranno nel popolo italiano per decenni. Oggi del comunismo si conosce soltanto l'esperienza dell'Unione Sovietica, la brutale dittatura di Stalin o della repubblica Popolare Cinese, e in genere regimi totalitari che hanno soffocato la libertà a vantaggio del partito. Marx ed Engels si rivolterebbero nella tomba.

Forza Italia si basa su tanti di questi messaggi semplici, banali e di facile presa: il concetto di toghe rosse ci ha portati a credere che i giudici agiscano solo in base a convinzioni politiche, per punire i loro avversari avversari, e non in base ai fatti. Telefonate, bonifici bancari, testimoni, sono tutti passati in secondo piano.
La prescrizione è percepita come innocenza, mentre invece significa che il reato è stato commesso e dimostrato, ma è passato troppo tempo e non si può applicare la sanzione prevista: vedi il caso Previti, Berlusconi (All Iberian, 23miliardi a Craxi), De Luca e De Piccoli (Ds) e tanti altri impresentabili di destra e di sinistra che oggi siedono in parlamento.[1]

Il revisionismo, o "voltagabbanismo" come lo definisce Marco Travaglio, del periodo di Mani Pulite, è l'esempio più inquietante di questo vero e proprio lavaggio del cervello, ben documentato nel libro "La Scomparsa dei fatti", del citato giornalista. Tangentopoli è diventata la lotta dei magistrati comunisti contro i politici di destra, mentre in realtà basterebbe conoscere i fatti per osservare che non fu risparmiato nessuno, e che anche l'ex partito comunista rientrava a pieno titolo tra quelli che si finanziavano illegalmente a suon di mazzette, sottraendo miliardi ai cittadini italiani.

Tutto questo è di nuovo frutto di anni e anni di martellante propaganda, di politici, giornalisti e intellettuali che di punto in bianco, da difensori dei magistrati, si sono trasformati in loro accusatori per pura convenienza.

I giornali di Berlusconi sono specializzati in questo: Il Giornale e Libero, due giornali comici scambiati per quotidiani di informazione, sono pieni di titoloni a prima pagina, con annunci stile fine del mondo. Le loro ossessioni sono due in particolare di questi tempi: Prodi e gli evergreen comunisti.
Ieri un articolo sul Giornale si intitolava "Ma l'ecologismo non è di sinistra".[2] Uno strano editoriale, anche se a tratti condivisibile, che si inerpica tra le varie tesi sul cambiamento climatico, etichettando in modo morboso le cose di destra e di sinistra, arrivando a scrivere cose come "regaliamo un tema come quello ecologico, che è tutto conservatore, anzi di destra, alla sinistra." oppure "comunisti e prodiani sguazzano nell'ecologismo". Tutto l'articolo è un concentrato di etichette: comunisti, destra, sinistra, no global, ecologisti, prodiani. I fatti scompaiono, inglobati nelle definizioni politiche.

L'aspetto più inquietante è che questo modo di fare propaganda è stato preso come modello da tutti gli altri partiti, di destra e di sinistra. Gli alleati di Berlusconi, come Fini, hanno iniziato a parlare come lui, ad usare le stesse strategie di propaganda, dicendo cose che fino a poco tempo prima magari non avrebbero mai detto. Hanno capito che è la strada per avere successo e voti.

E la sinistra?
La sinistra non sa fare bene nè la propaganda (per fortuna) nè essere sincera e trasparente (per sfortuna). Comunica in modo banale e distorcendo il significato delle parole, come fanno per la verità altre elitè di potere, oltre alla classe politica. E questi comunisti, così temuti, cosa fanno? Nulla o poco, adagiati come sono nelle loro poltrone e nei salotti della disinformazione, da Bruno Vespa e Ballarò. Non a caso Fausto Bertinotti era l'ospite prediletto del vespone, col suo record di apparizioni televisive a Porta a Porta.

La situazione è davvero grave se non si riesce nemmeno a parlare di climatologia in modo serio e sobrio. Come se la scienza appartenesse ad un partito politico...in Italia siamo talmente malati di partitocrazia da arrivare anche a questo? Purtroppo così pare, e urge una cura per tutti. Un atroce dubbio però ci assale: la cura sarà di destra o di sinistra?

Note

[1] http://www.societacivile.it/primopiano/articoli_pp/berlusconi/nuovicandidati.html
[2] http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=D36QA

giovedì 4 gennaio 2007

Un anno di novità?

Anno nuovo secondo il nostro calendario... ma si ha sempre l'impressione, confermata dai fatti, che le cose restino sempre uguali, o al massino subiscano lievi variazioni. Promesse come "faremo questa cosa entro il 2007" sono quasi sempre inattese, e finiscono presto nel dimenticatoio. Certo, nel 2006 abbiamo assistito ad alcune novità. No, non mi riferisco al cambio di governo, visto che finora la maggior parte dei provvedimenti presi sono in perfetto stile berlusconiano, nonostante i ricatti dei soliti comunisti che forse, tanto comunisti non sono, ma questo a nessuno passa per la testa. Meglio usarli come spaventapasseri per fare propaganda.

Le novità riguardano la società civile, noi cittadini. Ho visto fiorire iniziative concrete, che tentanto di riscoprire la legalità, il rispetto per l'ambiente, la dignità degli uomini. Ho visto fiorire finalmente opposizione a progetti che arrecano danni alla collettività, e profitti a pochi e meschini individui. Certo, queste sono ancora azioni di minoranze, ma spero che servano d'esempio per tutti. Basta guardarsi intorno, nel piccolo del proprio comune, e individuare cosa non va. Parlate con i vicini, con gli amici, organizzate dei gruppi cittadini che controllino il lavoro del comune, che pretendino servizi e lavori pubblici, che organizzino petizioni e azioni di protesta pacifica.

Il cambiamento deve arrivare dal basso, non possiamo affidarci al politico, sia esso un Berlusconi o un Prodi qualcunque. Iniziamo l'anno ricordandoci che lo Stato siamo noi, i soldi pubblici sono le nostre tasse, e devono tornare a noi attraverso servizi per tutti, poveri e ricchi. Forse ci renderemo conto meglio di meglio di questo se partecipassimo alla vita politica e pubblica, oguno nella propria città. E' l'unica soluzione, e spero che nel 2007 vedremo ancora più battaglie vinte.

Voglio proporvi un divertente (si ride per non piangere...) articolo di Marco Travaglio del 31 dicembre, che ci invita ad un piccolo gioco di immaginazione. Buona lettura. Ringrazio ancora Frank57 e il suo blog, da seguire costantemente per leggere tutti gli articoli di Travaglio e restare aggiornati sulla nostra Italia.

Fonte: http://vivamarcotravaglio.splinder.com/post/10399067/Anno+zero

Anno Zero

Piccolo gioco di società per Capodanno: immaginare che cosa accadrebbe se ciò che fa la Cdl l’avesse fatto a suo tempo il centrosinistra, e se ciò che fa l’Unione l’avesse fatto il Polo. Insomma, provare a riportare a testa insù un paese che cammina a testa ingiù.

Per cinque anni Bellachioma ha infestato ogni fine anno con torrenziali sermoni raccontando carrettate di balle (leggendaria quella sul crollo del 247% degli sbarchi dei clandestini) e scaricando i suoi fiaschi sulla "pesante eredità del precedente governo delle sinistre", sull’euro, sull’11 settembre e sul clima sfavorevole. Ora che Prodi tiene una conferenza stampa sobria, ragionieristica, a tratti autocritica, viene investito da una grandinata di insulti: quelli risparmiati per un lustro a Bellachioma in nome del "dialogo col governo democraticamente eletto" (a differenza del governo Prodi, notoriamente frutto dei "brogli della sinistra" e mai riconosciuto come legittimo dallo sconfitto che continua a proclamarsi vincitore).

Nel quinquennio berluscomico furono approvate alcune decine di leggi vergogna che assicuravano (e continuano ad assicurare, visto che sono tutte in vigore) l’impunità ai peggiori ladroni. Soprattutto a uno. Eppure nessuna ha avuto l’esposizione mediatica che giustamente sta avendo il comma salvaladri del prode Fuda. Ai tempi delle rogatorie, del falso in bilancio, della Cirielli, della Cirami, del lodo Maccanico, della Pecorella, se ne parlava per qualche giorno, poi tutto veniva dimenticato, mentre le alte cariche dello Stato invitavano alla "pacificazione" e i terzisti paraculi esortavano a "non demonizzare" sostenendo che comunque "il problema giustizia esiste" e bisogna "evitare la piazza".

Ora basta un comma infilato da qualche mascalzone nella Finanziaria per occupare ogni giorno le prime pagine dei giornali, giustamente indignati e lanciati alla caccia della gelida manina. Su Previti, graziato dall’indulto e lasciato in Parlamento grazie alle meline della giunta della Camera, invece, silenzio. Forse perché lì le manine da stanare sarebbero troppe.

Nel quinquennio berluscomico furono cacciati o emarginati dalla Rai Biagi, Santoro, Luttazzi, la Guzzanti, Freccero, Beha, Massimo Fini e altri. Anziché garantire un Cda Rai indipendente dai partiti che riportasse in onda i migliori professionisti, l’Unione ha lasciato in piedi quello vecchio. Così la gran parte degli epurati continua a non lavorare, mentre i Ds invitano a discutere del futuro della Rai gli epuratori Saccà e Del Noce.

Ieri è stato arrestato in Calabria per mafia il vicepresidente della commissione regionale antimafia, Dionisio Gallo, ovviamente Udc (partito che, non a caso, ha per motto "Io c’entro"). Fosse del centrosinistra, tutto il centrodestra sarebbe sulle barricate a chiedere non solo le sue dimissioni, ma anche quelle del segretario del suo partito e, naturalmente, quelle di Prodi. Invece il centrosinistra che fa? Non dice una parola, anzi invita un giorno sì e l’altro pure l’Udc a entrare nell’Unione con tutto il cucuzzaro e, si presume, anche il Cuffaro. E fa buon viso all’ingresso nella commissione parlamentare antimafia di due pregiudicati per corruzione, Vito e Pomicino.

Prendiamo il caso Scaramella-Mitrokhin, che poi è il replay del caso Igor Marini-Telekom Serbia. Se il centrosinistra al governo promuovesse due commissioni parlamentari per dimostrare che Bellachioma ha preso tangenti dal regime delle Isole Andemane e aveva rapporti coi servizi segreti delle Barbados ed è coinvolto nei delitti del mostro di Firenze, ingaggiando come testimoni dei pataccari poi arrestati per calunnia, il centrodestra scatenerebbe giustamente il finimondo, spalleggiato da stampa e tv, che non parlerebbero d’altro fino alle dimissioni dei parlamentari coinvolti. Invece tutto ciò l’ha fatto il centrodestra, raccogliendo in combutta con i servizi e diffondendo a piene mani dossier fasulli contro Prodi: e l’Unione che fa? Porge l’altra guancia e tiene fuori dal Parlamento i parlamentari (Bielli, Zancan, Kessler) che, a mani nude, hanno smontato quelle macchinazioni. Si potrebbe almeno osservare che, se da 15 anni cercano prove contro Prodi senza trovare nemmeno uno spillo, forse vuol dire che Prodi è una persona perbene. Ma nessuno si azzarda a ipotizzarlo: se si sparge la voce, cade il governo.

Marco Travaglio, dalla sua rubrica "Uliwood Party" su L'Unità del 31 dicembre 2006