mercoledì 27 ottobre 2010

Gli amici comunisti


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La Cina è il nuovo gigante buono. Un regime totalitario di ispirazione comunista trasformato in un paese amico, definito quotidianamente come "opportunità" in quasi tutto l'occidente. Lo stesso Occidente che regolarmente denuncia quegli Stati sovrani che hanno la imperdonabile colpa di voler scegliere il proprio modello economico, la propria costituzione e la propria indipendenza politica. Vedi America Latina.
Il premier cinese è invece ormai assediato da visite dei capi di Stato che volano a Pechino ad ossequiarlo, insieme a nugoli di industriali armati di penna e pronti a firmare nuovi accordi commerciali.

Oggi si sono intrecciate 3 interessanti notizie che riguardano l'ipocrisia dell'Occidente nei confronti dei diritti umani in Cina.
La prima è che Giorgio Napolitano, in nome del popolo italiano, si è recato in Cina alla Scuola Centrale del Partito Comunista cinese per salutare l'amico Hu Jintao. Not in my name, ci tengo a precisare. Come prevede il copione ormai consolidato del teatrino degli incontri in Cina, il visitatore, in questo caso il nostro Presidente della Repubblica, non può esimersi dal pronunciare una frase sui diritti umani; il tutto per non apparire interessato unicamente al tema economico, ma per mostrare che noi occidentali ci teniamo ai diritti umani. Napolitano ha detto: "Il cammino intrapreso dalla Cina sulla via delle riforme politiche, del rafforzamento dello Stato di diritto, del rispetto dei dritti umani cosi' come dell'apertura e liberalizzazione de mercati e' di fondamentale importanza per una armoniosa integrazione in un sistema internazionale aperto e per una piena sintonia con l'Europa."[1]
Chiaro no? I diritti umani finiscono in un elenco di cose, seguiti prontamente dalla ammirevole "apertura e liberalizzazione dei mercati", che permette a noi e a loro di fare affari, fregandosene dei più elementari diritti umani e civili nel campo delle tutele della salute e del lavoro, nonchè della dignità umana.

La seconda notizia è che 15 premi nobel della Pace hanno richiesto al prossimo G20 di Seoul di porre all'ordine del giorno la questione di Liu Xiaobo, insignito quest'anno del premio nobel per la pace e dissidente condannato a 11 anni di carcere per aver diffuso il documento "Carta 08", in cui si chiedono riforme politiche, libertà di riunione, di stampa e di religione. Amnesty international ha ricordato che i suoi avvocati hanno avuto soltanto 20 minuti di tempo per presentare la loro arringa, in un processo che è durato meno di tre ore. Tanto per restare in tema di diritti umani.[2]
La risposta di Napolitano? “Ma con tutto il rispetto per i premi Nobel per la Pace, nulla mi sembra più stravagante del proporre che si ponga come punto della riunione del G20 una questione di quella natura." Si può essere d'accordo sul fatto che porre una questione individuale non è corretto, perchè tutte le violazioni di diritti umani dovrebbero essere prese in considerazione; ma stiamo parlando di un premio Nobel, e di un'occasione unica per portare il problema in un forum dalla grande visibilità mediatica mondiale, e fare pressioni dirette sulla Cina che sarà presente al G20.

Stravagante, per il nostro capo dello Stato, non è invece chiedere, insieme al Vaticano e all'Unione Europea, all'Iraq di sospendere la pena di morte per impiccagione inflitta oggi all'ex vicepremier iracheno, Tarek Aziz. Che non è un dissidente politico, ma un condannato nel 2009 per il suo ruolo nell'omicidio di 42 commercianti e uomini d'affari a Baghdad nel 1992, e ad altri 7 anni per la deportazione dei curdi iracheni.[3]

Tre notizie che mostrano chiaramente il livello di sudditanza a cui siamo giunti nei confronti del gigante buono. Abbiamo a nostra disposizione soltanto pochi anni per costringere la Cina ad adottare un modello di sviluppo non basato sullo schiavismo e su un controllo sociale da regime totalitario. Sacrificando anche un po' del nostro sviluppo e del nostro consumismo sfrenato. Dopo sarà troppo tardi, e rischieremo di dover essere noi a doverci adeguare.

[1] http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=146705
[2] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-10-08/premio-nobel-pace-stato-112731.shtml?uuid=AYVznvXC
[3] http://www.corriere.it/esteri/10_ottobre_26/aziz-condanna-morte_91b39b6c-e0e1-11df-b5a9-00144f02aabc.shtml

venerdì 15 ottobre 2010

Il modello sbagliato


La Svezia è appena risultata essere la nazione con la migliore "rule of law", espressione che potremmo tradurre con "supremazia della legge", o meglio "rispetto della legalità". La notizia, riportata dalla stampa svedese[1], fa riferimento ad un approfondito studio condotto dal The World Justice Project [2]. L'Italia, per nostra fortuna, non è stata incluso nello studio, e ci siamo evitati una sicura umiliazione. Bastano infatti gli indici già esistenti per ricordarci quanto siamo indietro rispetto ai nostri cugini europei riguardo corruzione e rispetto della legge. Uno per tutti, l'indice di percezione della corruzione stilato da Transparency International, in cui l'Italia è 63°, dopo Turchia, Namibia, Macau, Botswana...ma mi fermo qui per non infierire [3]. Ovviamente è solo un indice soggettivo, ma coincide con altri indicatori oggettivi di corruzione e problemi correlati. Stendiamo un velo pietoso, e torniamo al Nord Europa.

L'eccellente risultato della Svezia non è certo isolato: regolarmente infatti vi è una notizia del genere per gli svedesi, beati loro! Tanto per citare due recenti esempi, la Svezia è risultata la nazione più rispettata, stimata e ammirata tra 39 paesi del mondo secondo il Reputation Institute [4]; per quanto riguarda la competitività economica, risulta la 2° al mondo (5° gli USA), dopo la Svizzera, secondo i dati del Global competitiveness Report forniti dal World Economic Forum.[5] L'Italia è 48°...dopo Portogallo, Barbados, Bahrain, Porto Rico, Tunisia.

Il risultato svedese, e in genere degli stati scandinavi (Norvegia, Danimarca e Finlandia), mi ha portato a riflettere su una questione. Si parla continuamente di "modelli" da seguire: perchè il modello americano (e, similmente, quello inglese) è sempre sulla bocca della maggioranza di politici, economisti, politologi e commentatori di vario tipo? Perchè da decenni si invoca il modello americano come un sistema quasi perfetto, da seguire sempre e comunque? E perchè si tende invece a considerare il modello scandinavo come impossibile da imitare?
Non voglio nè posso rispondere a questa domanda ora, ma voglio sottolineare le differenti performance della Svezia e degli USA emerse in questo studio.

La definizione di Rule of Law del World Justice Project si basa su 4 principi universali:
- la responsabilità di fronte alla legge di chi governa e di chi amministra lo Stato
- leggi chiare, pubbliche, stabili e giuste, e che proteggono i diritti fondamentali
- il processo legislativo è giusto, efficiente e trasparente
- è garantito l'accesso alla giustizia

Gli indicatori considerati nella classifica sono 9. Facciamo il confronto tra Svezia e Stati Uniti:
1) Limite ai poteri del governo: Svezia 1°, USA
2) Assenza di corruzione: Svezia 1°, USA 10°
3) Leggi chiare, stabili e trasparenti: Svezia 1°, USA
4) ordine e sicurezza: Svezia 4°, USA 11°
5) Diritti fondamentali: Svezia 2°, USA 11°
6) Apertura del governo: Svezia 1°. USA
7) Capacità di far applicare le leggi: Svezia 1°, USA
8) Accesso alla giustizia civile: Svezia 2°, USA
9) Effettiva giustizia criminale: Svezia 3°, USA

Servono altri commenti? Non penso. La Svezia non è un paese perfetto, ma è uno dei "più perfetti" (perdonatemi) che esista oggi.  E' dunque chiaro quale dovrebbe essere il modello da seguire, ovviamente non copiandolo tal quale in modo meccanico, ma prendendone il meglio e adattandolo alla nostra realtà. Intanto, continuiamo a seguire (e votare) chi ancora sogna l'America, in attesa che un giorno si svegli e torni alla realtà. Speriamo solo che non sarà troppo tardi per scegliere il modello giusto.

[1] http://www.thelocal.se/29628/20101015/
[2] http://www.worldjusticeproject.org/rule-of-law-index/
[3] http://www.transparency.org/policy_research/surveys_indices/cpi/2009/cpi_2009_table
[4] http://www.thelocal.se/29506/20101008/
[5] http://www.weforum.org/en/initiatives/gcp/Global%20Competitiveness%20Report/index.htm