lunedì 28 aprile 2008

Economia fai da te? Ahi ahi ahi...

In Italia l'informazione ha il forte potere di influenzare le opinioni e il carattere di ogni individuo. Certo, secondo le statistiche non tutta la popolazione guarda la TV (per fortuna), ma non si può non notare che le idee più diffuse provengono, in gran parte, proprio dalla scatola nera. La percentuale di coloro che legge i giornali è piuttosto bassa rispetto agli altri paesi europei, e anche il mondo della carta stampata non brilla certo per qualità e imparzialità. Per farsi un'idea verosimile del mondo oggi, insomma, bisogna consultare più fonti, confrontare, andare all'origine delle notizie, ai dati nudi, senza troppe chiacchiere appiccicateci sopra.
La rete in quest'ottica è uno strumento che permette in tempo reale di verificare se un'affermazione è realistica o no, ottenendo un enorme quantitativo di dati senza fare lunghe domande burocratiche o recarsi fisicamente in biblioteche o uffici.

In campo economico, ad esempio, permette di consultare banche dati di ogni tipo, da quelle dell'Istat al Fondo Monetario Internazionale. Nonostante questa relativa facilità, siamo abituati da anni a vedere politici lanciarsi in appassionati duelli televisivi basandosi su due Pil, due deficit, insomma, sulla macroeconomia "fai da te". Nessuno li smentisce in diretta, se non rare volte.
La percezione di ciò che succede ai conti pubblici del nostro paese risulta quindi diversa a seconda dell'appartenenza politica. L'esempio più lampante: il governo Berlusconi, durato 5 anni dal 2001 al 2006, ha lasciato una percezione piuttosto positiva dell'azione di governo, senza particolari ricordi nefasti. I 2 anni del governo Prodi invece sono apparsi come i più disastrosi secondo il punto di vista mediatico, tant'è che Silvio e i suoi hanno puntato la campagna elettorale anche su una fantomatica eredità negativa nei conti pubblici ed essere tranquillamente creduti. Questo è sicuramente l'esempio migliore di quali risultati possa avere la propaganda ripetuta, giorno per giorno, sull'opinione pubblica. E' indubbio che il tema ha aiutato il Pdl a vincere le elezioni, quindi merita un'analisi approfondita. Queste cose in TV non si fanno, si preferisce chiacchierare. Ci proviamo noi.

Ho cercato un po' di documenti e serie storiche riguardanti l'andamento dei principali indicatori macroeconomici in Italia, per vedere se tutto questo battage sia stato giustificato o meno. E' emerso un quadro che stride col senso comune, influenzato dalla propaganda, e in particolare due punti:

- il Governo Berlusconi non è assolutamente stato virtuoso in campo macroeconomico, come invece si è portati a pensare oggi. E che dunque le accuse lanciate in campagna elettorale sono basate sul nulla.
- il Governo Prodi lo si può accusare di tanti errori, tranne quello di non aver fatto nulla per risanare i conti pubblici.

Vediamo perchè. Premetto che le variabili economiche prese in considerazione non dipendono in tutto e per tutto dai governi, e risentono ovviamente anche di situazioni economiche globali. Inoltre l'Istat presenta delle stime e periodicamente rivede i suoi conti, e quindi potrebbe saltar fuori qualche variazione importante.
Paragonare i conti del periodo di crisi mondiale 2001-2002 al 2007 ovviamente non sarebbe corretto. Perciò teniamo maggiormente in considerazione gli anni 2004-05-06 per i risultati del governo Berlusconi, e l'anno 2007 per quelli del governo Prodi. Il 2006 è un anno a metà, ma risente per la maggior parte di misure prese nella ultima finanziaria del governo Berlusconi.

Deficit


L'indebitamento è il saldo annuale del conto economico delle Pubbliche Amministrazioni, cioè la differenza tra entrate e uscite. Se è negativo vuol dire che lo Stato ha speso più di quanto ha incassato, ed è in deficit. Vediamo la serie storica di questo indicatore, dal 1996 al 2007:

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L'Italia entra nel nuovo millennio con un ottimo rapporto deficiti/Pil (0,8), anche grazie alle pesanti manovre fatte dai governi in quegli anni per soddisfare i requisiti di Maastricht, che impongono di mantenersi su un valore inferiore al 3% [1]. Dopo lo shock del 2001, che ha colpito tutte le maggiori economie europee, l'Italia ha mantenuto sostanzialmente stabile il suo saldo su un valore superiore al 3%, peggiorando visibilmente nel 2005 (4,2%).
Mentre nel 2006 gli altri paesi hanno risanato il proprio deficit, il governo Berlusconi in vista delle elezioni ha preferito ignorare il risanamento dei conti per non scontentare il proprio elettorato, e scaricare la responsabilita di Maastricht sul successivo governo. Non ha alzato le tasse, costringendo Prodi a farlo al posto suo. Mossa geniale.
Il risultato è che il rapporto tra indebitamento netto e Pil dell'Italia, nel 2006, ultimo anno di governo Berlusconi, è di -3,4%, cioè più del doppio di quello della media dei paesi dell' Unione Europea. (-1,6%). Nel 2005 l'Unione Europea denuncia la situazione italiana e apre una procedura di infrazione per deficit eccessivo [2], un risultato molto negativo per il governo Berlusconi e che avrebbe portato l'Italia a dover pagare una sanzione pecunaria.
Se non fossero state effettuate forti misure correttive, secondo le stime Ocse, il deficit 2007 sarebbe arrivato al 5,1%. Da qui nasce la manovra finanziaria 2007 del Governo Prodi, fortemente osteggiata dai media e dall'opposizione per l'importanza della cifra e l'aumento della pressione fiscale. Si possono poi criticare tanti altri punti, ma un risultato resta: dopo 6 anni il deficit torna sotto il 3% soddisfando ampiamente le condizioni del Patto di Stabilità europeo.

Il Commissario europeo Joaquin Almunia ha affermato che "Quella sul deficit italiano nel 2007 è una notizia molto buona, soprattutto se si considera che la crescita economica nel 2007 è stata più bassa del previsto", e confermato che "alla fine di aprile sarà chiusa la procedura per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia".

Facciamo un piccolo sforzo di fantasia, e immaginiamo la situazione a ruoli invertiti; cosa sarebbe successo se un ipotetico governo Prodi nel 2005 avesse ricevuto la procedura di infrazione europea per deficit eccessivo, mentre un governo Berlusconi nel 2007 avesse riportato i conti in ordine con tanto di complimenti da parte dell'UE? A voi la risposta.

Nelle prossime "puntate" vedremo altri indicatori economici. Restate sintonizzati sull'Isola di Krino.

[1] http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_stabilit%C3%A0_e_crescita
[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Procedura_di_infrazione

giovedì 24 aprile 2008

Gasparri, l'uomo senza antenne

Ieri sera all'Infedele di Gad Lerner, su La7, si parlava del V2-Day. In studio, special guest Maurizio Gasparri. Questo signore, a vederlo in strada, lo scambiereste per un uomo qualunque, con l'aria un po' confusa. A sentirlo parlare, invece, rimarreste già più turbati.

Se fosse davvero un uomo della strada, potremmo ignorarlo felicemente. Ma siamo in Italia, e queste persone fanno carriera: dirigente MSI, sottosegretario all'interno, onorevole parlamentare dal 1992 ad oggi, Ministro (avete letto bene) delle Comunicazioni dal 2001 al 2005. Incuriosito, e spinto dall'invidia, ho cercato quali sono i ministri rispettivamente in Francia e Svezia: ho scoperto che sono due donne, con ottime competenze nel proprio campo di lavoro. Il curriculum di Gasparri, invece, è molto vagheggiante e pare si fermi al liceo: "Si forma attraverso studi classici e presto è assorbito da due forti passioni: il giornalismo e la politica". Mah.

Di Gasparri ho il ricordo delle geniali imitazioni di Neri Marcoré, che esasperano i suoi caratteri: incompetenza e ignoranza nel suo lavoro, aria tonta, linguaggio ripetitivo e basato sulla ripetizione di concetti e slogan senza fondamento.








Nel dibattito di ieri sera Gasparri ha purtroppo mostrato ancora una volta che la satira di Marcorè è tutt'altro che lontana dalla realtà. L'ex Ministro ha ripetuto, praticamente in ogni intervento, che "gli italiani ci hanno premiato" e quindi ora abbiamo ragione noi su tutto. La capacità di ragionare e argomentare è completamente inesistente. Le risposte di Gasparri a domande sulla sua Legge, sulla bocciatura della UE, sulle elezioni, e quant'altro, si basavano sempre e solo su quello slogan: noi abbiamo vinto, punto.
Un solo esempio: Gasparri stava rispondendo ad un ragazzo del Meetup di Grillo di Novara in studio:

Gasparri: "[Grillo] E' stato un fallimento, ha votato l'80% in questo paese.
In studio: "Ma Grillo non si è candidato"

Gasparri: "Ma come non si è candidato, è andato in giro a fare i comizi. Ha detto non votate e ha votato l'80%. Ma si è votato, lei lo sa? Ha visto chi ha vinto? Quelli erano dei cittadini veri che sono andati alle urne, ne prenda atto"
In studio: "Ma prenda anche atto che la Rai non ha dato lo spazio dovuto al v-day, nè al primo nè al secondo"
Gasparri: "Ma c'erano candidati che hanno preso lo 0,1 e hanno avuto ore intere in trasmissione per la parcondicio, su dai..."

Riepiloghiamo i concetti ripetuti da Gasparri per tutta la trasmissione: nessuno segue quello che dice Grillo, perchè la partecipazione alle elezioni è stata alta nonostante il suo appello a non votare e nonostante la par condicio abbia permesso a tutti di avere spazio in TV. Un'argomentazione completamente fuori dal mondo; sarebbe bastato fargli notare due cose, ma nessuno l'ha fatto:

a) Grillo non si è candidato in nessuna lista, e di conseguenza la par condicio non c'entra assolutamente niente. La legge garantisce solo un'equa distribuzione dei tempi televisivi per i candidati politici. Il ragazzo faceva notare un dato di fatto, cioè un silenzio totale di Rai e Mediaset sui due V-Day promossi da Grillo. Gasparri non ci è arrivato.

b) Se davvero Grillo si fosse candidato (come ha affermato più volte Gasparri), perchè mai avrebbe dovuto farsi del male invitanto a non andare a votare?

c) Grillo non è mai stato nemmeno 1 minuto in Tv per spiegare le sue ragioni, a differenza di tutti gli altri candidati.
Non è difficile, un Ministro delle Comunicazioni dovrebbe capirle al volo queste cose, e trovare argomenti più solidi. Ma senza un'informazione che metta in difficoltà questi personaggi, il cervello non si sforza più di tanto. Caro Gasparri, forse futuro ministro, un consiglio: sintonizzi le antenne sulla realtà.

P.S: So che ne avete abbastanza, ma ad ulteriore prova di quanto detto, vi invito a guardare questa breve intervista e notare le risposte di Gasparri. Non credo servano ulteriori commenti.





P.P.S. Domani 25 aprile, oltre a partecipare alle manifestazioni ufficiali per la liberazione, cerchiamo i banchetti del referendum popolare per migliorare lo stato dell'informazione. Sono in tutta italia: http://www.beppegrillo.it/v2day/mappa/. Non è antipolitica, non è demagogia, ma buonsenso: «L'informazione è il cuore della democrazia. Se l'informazione diventa strumento di interessi privati e dei partiti non c'è democrazia».

mercoledì 16 aprile 2008

Mamma li brogli!

Veltroni, ancor prima che i risultati fossero definitivi, ha telefonato al "leader del principale schieramento avversario" per congratularsi, rispettando le normali consuetudini democratiche. Vi immaginate se dopo qualche ora avesse iniziato ad accusare la destra di brogli e irregolarità ai danni del PD? Non sarebbe certamente stato coerente, e avrebbe perso perlomeno un po' di credibilità.
Nell'aprile 2006, Silvio Berlusconi, oltre a non aver mai telefonato Prodi per congratularsi, subito dopo la sconfitta lanciava accuse a destra e a manca: «Brogli a non finire», «brogli unidirezionali», «in diversi posti e in tutta Italia", "Tutti a danno della Cdl", "Tante novità, ci sono tanti brogli". I voti contestati «non sono distribuiti equamente, ma sono unidirezionali. Ne stanno venendo fuori di tutti i colori». E per finire, "Ci sono un milione e centomila schede annullate,secondo me è assolutamente necessario che venga verificato questo dato."

La Corte di Cassazione il 19 aprile dichiarava valide le elezioni, ma venivano contestate 43.000 schede nulle, che se fossero state assegnate alla ex-casa della Libertà avrebbero ribaltato il risultato della Camera. La palla passò alla Giunta per le elezioni, che iniziò le prime verifiche: il numero delle schede contestate risultò gonfiato, e diminuì da 43.028 a 2.131 per la Camera dei deputati, e da 39.822 a 3.135 per il Senato. Nel dicembre 2006 "Gli esponenti della maggioranza della giunta affermano che dai dati delle 26 relazioni circoscrizionali non emergono novità o anomalie particolari. I dati, in sostanza, combaciano sia con quelli diramati dal Viminale, sia con quelli della Corte di Cassazione". Insomma, tanta agitazione rischiava solo di far collassare il cuore dei tanti onorevoli ultrasessantenni. L'Unione si confermava vincitrice seppur con un margine molto esiguo, ma ormai il governa era percepito da buona parte del paese come illegittimo. Un po' come succede in certi paesi del terzo mondo.

Silvio non era però l'unico a parlare di brogli: anche Enrico Deaglio, giornalista di Diario, denunciò delle anomalie, ma in senso opposto, a favore della casa delle libertà. Le indagini successive dichiararono archiviate le accuse, ma non si può ignorare che in quella tornata elettorale emersero 3 fatti che perlomeno appaiono anomali, e sembrano essere stati dimenticati: il ritardo dell'arrivo dei dati definitivi, il ministro dell'Interno Pisanu che corre a casa del primo ministro Berlusconi invece di stare al Viminale e soprattutto il crollo delle schede bianche. Per capire di cosa si parla, basta guardare questo inquietante grafico:



Nel 2006 praticamente tutti i sondaggi davano l'Unione vincitrice col 52% e la Cdl al 46-47%, con un distacco quindi di 5-6 punti. Anche gli exit poll, per quanto inaffidabili, confermavano il risultato con L'Unione avanti di 5 punti percentuali sulla Casa delle Libertà. Eppure, come si vede dall'andamento del grafico, l'ampio vantaggio dei primi risultati andò assottigliandosi sempre più, portando la Cdl da una netta sconfitta ad un sostanziale pareggio. Insomma, Berlusconi in quelle elezioni avrebbe fatto meglio a tacere, visto che le anomalie giocavano tutte e suo favore. Ma la campagna sui brogli andò avanti impunemente per mesi, mentre i giornalisti che avevano esposto le loro tesi finirono per essere accusati di "diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico". La legge è uguale per tutti?

Nel 2008 gli ultimi sondaggi disponibili prima del silenzio pre-elettorale davano il PD da un minimo di 5 punti (sondaggio Swg) ad un massimo di 8,6% (Euromedia) di svantaggio. I risultati definitivi hanno visto, alla Camera, il Pdl al 46,8% e il PD al 37,5 %,mentre al Senato il Pdl a 47,3% e il PD a 38,0%: 9 punti di vantaggio in entrambe le camere.
Veltroni avrebbe potuto accendere un po' il proprio elettorato, come fece Silvio, sollevando il dubbio di brogli: qualche elemento strano c'era, anche se non tali da pregiudicare l'esito delle elezioni. Avrebbe potuto tirar fuori dal cappello magico qualche suo sondaggio misterioso che li dava a pochi punti di distacco dall'avversario prima del voto, avrebbe potuto accusare brogli mirati in regioni come la Liguria, che è da sempre rossa, ma che in questa tornata ha visto vincere il Pdl. E invece è già pronto a fare opposizione, credendo (un po' ingenuamente) che Silvio, con 30 senatori di vantaggio, gli darà retta.

Berlusconi invece, da grande stratega della comunicazione qual è, aveva già preparato il terreno per l'accusa di brogli in caso di sconfitta. «C'è un problema grandissimo, quello dei brogli» (16 marzo), «Chi se la sente - ha detto ad un comizio a Como - di passare il sabato a confrontarsi con i rappresentanti di lista della sinistra si può mettere in lista per far parte dell'esercito dei difensori della libertà». Una missione militare.

Ma la sua nettissima vittoria ha fatto ovviamente dimenticare tutto. Silvio è così, un po' come i bambini quando giocano: "se vinci tu hai imbrogliato, se vinco io sono il più bravo". Che dire: buon lavoro, Presidente.

giovedì 10 aprile 2008

Rubrica - Il TG è servito (3)



Ultimi giorni di campagna elettorale. Studio Aperto decide di rinunciare anche a quel poco di rispetto per l'imparzialità dell'informazione che gli era rimasto, per lanciarsi spassionatamente in un ultimo appello a favore di Silvio. Fare un analisi della propaganda a questo punto diventa anche superfluo, perchè è evidentissima.

Il servizio parte con Bertinotti che compete sia contro il Pdl che soprattutto contro il Pd, a cui punta ovviamente a sottrarre voti.
In studio poi vengono presentate le ultime tappe di Veltroni, a Napoli e Bologna, introducendo il tema: la partecipazione di Prodi alla manifestazione di Bologna. Parte il video, con i filmati delle dichiarazioni di Prodi dal palco "quindi Walter, a te la parola, a te la vittoria, a te il Partito democratico" e quelle di Veltroni, che ringrazia Prodi per il lavoro svolto nella formazione del PD e come servitore dello Stato. Il servizio omette tutte le altre dichiarazioni che potevano interessare gli elettori, come quella sulle condizioni economiche dell'ultimo anno di governo Berlusconi e sui risultati ottenuti da Prodi in 4 anni di governo: ingresso in Europa prima e risanamento dei conti oggi.
Un aspetto non secondario riguarda le immagini: si vedono solo i leader abbracciarsi e parlare, nemmeno un fotogramma invece della piazza, che era stracolma di gente. Ma questo stratagemma l'abbiamo già individuato negli scorsi articoli.

La seconda parte del servizio è esemplare. In studio il giornalista parla di una delle principali accuse mosse a Veltroni, e cioè di aver ricandidato tutti i ministri del governo Prodi.
Parte il video, con Berlusconi che rilancia l'accusa e la replica di Veltroni che dice: "Molti ministri hanno deciso di non ricandidarsi.".
La voce del giornalista replica, con tono ironico, "in effetti molti ministri non si sono ricandidati: ben tre", e inizia a scorrere puntigliosamente le liste del PD elencando tutti i ministri e le rispettive posizioni per le candidature. Totale? Diciannove ministri in lista, "non ne restano poi molti". Veltroni contraddetto in diretta. E' un esempio di come dovrebbe essere il giornalismo. Il problema è che è una rara eccezione, usata contro il partito di opposizione, e non vedremo mai qualcosa di lontanamente simile per Berlusconi. Se avessimo ogni giorno un informazione che contraddice, invece di servire, i politici, oggi non avremmo il paese in queste condizioni, e Berlusconi non sarebbe mai diventato quello che è.
Il colpo finale a Veltroni arriva facendo notare che almeno Prodi non è ricandidato, è vero, ma "è pur sempre il presidente del PD".
Un servizio illuminante che dimostra come a Studio Aperto, se volessero, potrebbero fare perfino del buon giornalismo, ma è la propaganda il fine ultimo delle "libere e autonome" reti Mediaset.

Ora è il turno di Berlusconi. In studio, mentre il giornalista introduce la notizia, campeggia sullo sfondo, come sempre, l'enorme simbolo del Popolo della Libertà. Da notare che quando invece si introduce il PD non è mai presente il simbolo, ma immagini casuali. Studio Aperto sfodera una graziosa intervista fatta dal proprio direttore del TG al Cavaliere: finalmente possiamo vedere il volto del responsabile di questo scempio.
Le domande ovviamente sono elettorali, da salotto, fatte per permettere al candidato di dire cio' che vuole: "Mi dà 3 motivi per votare il Pdl?", Che cosa significherebbe votare il Partito Democratico?", "il suo messaggio ai giovani". Silvio elenca le cose che vuole fare: chiudere le frontiere agli immigrati, formare i giovani con le tre I; si, di nuovo loro: Informatica, Inglese e un'altra lingua, Impresa e mondo del lavoro. Vi ricorda qualcosa? Come se nei 5 anni del suo solido governo lui fosse stato su un altro pianeta.

sabato 5 aprile 2008

Dichiarazione di voto di Marco Travaglio

Vi siete chiesti perchè i principali esponenti del Partito della Libertà provano cosi tanto terrore e orrore nei confronti di Antonio di Pietro e del suo partito? Sandro Bondi qualche settimana fa a Ballarò gli ha addirittura gridato in faccia "Lei mi fa orrore". Ma perchè?
La dichiarazione di voto di Marco Travaglio direi che ne spiega bene le ragioni, e sostiene con buoni argomenti la sua scelta. La sottoscrivo, perchè basata su realismo politico che è quello che per me conta in questo particolare momento.  Buona lettura.

"Due anni fa votai per l’Italia dei Valori, soprattutto perché nel mio Piemonte candidava Franca Rame, persona straordinaria che sono felice di aver contribuito a mandare al Senato. Credo proprio che anche stavolta tornerò a votare per il partito di Antonio Di Pietro. Conosco le obiezioni dei critici: la gestione padronale e personalistica del partito, da cui molti si sono allontanati; la caduta di stile di far prendere al partito una sede in affitto in uno stabile di proprietà dello stesso Di Pietro; la candidatura di personaggi come Sergio De Gregorio e Federica Rossi Gasparrini, puntualmente usciti dall’Idv dopo pochi mesi dall’elezione; l’adesione di Di Pietro, come ministro delle Infrastrutture, al progetto del Tav per le merci in Valsusa (sia pure dialogando con le popolazioni e discutendo di un possibile nuovo tracciato, alternativo al famigerato «buco» da 54 km a Venaus); la decisione di non chiudere la società Stretto di Messina, pur con la contrarietà ribadita al progetto del ponte; il no alla commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti del G8 (secondo me sacrosanto, visto che le commissioni parlamentari in Italia servono a confondere le acque e a ostacolare le indagini della magistratura; ma maldestramente motivato con la richiesta di indagare anche sulle violenze dei black bloc, quasi che il parlamento dovesse occuparsi dei reati dei cittadini comuni). Per essere chiari: voterei molto più volentieri per un Einaudi o un De Gasperi redivivi. Ma, in attesa che rinasca qualcuno di simile e riesca a entrare in politica, penso che l’astensione – da cui sono stato a lungo tentato – finisca col fare il gioco della casta

, anzi della cosca. Il non voto, anche se massiccio, non viene tenuto in minimo conto dalla partitocrazia: anche se gli elettori fossero tre in tutto, i partiti se li spartirebbero in percentuale per stabilire vincitori e vinti. E infischiandosene degli assenti, che alla fine hanno sempre torto. Dunque penso che si debba essere realisti, votando non il «meno peggio», ma ciò che si sente meno lontano dai propri desideri.
A convincermi a votare per l’Idv sono le liste che ha presentato Di Pietro, che ospitano diverse persone di valore, alcune delle quali sono amici miei, di MicroMega, dei girotondi e di chi ha combattuto in questi anni le battaglie per la legalità e la libertà d’informazione. Ne cito alcuni.



C’è Beppe Giulietti, animatore dell’associazione Articolo 21 contro ogni censura ed epurazione, dunque scaricato dal Pd che gli ha preferito addirittura Marco Follini, ex segretario dell’Udc ed ex vicepremier di Berlusconi, come responsabile per l’Informazione: quel Follini che ha votato tutte le leggi vergogna, compresa la Gasparri che è il principale ostacolo alla libertà d’informazione. C’è Pancho Pardi, che ho incontrato la prima volta al Palavobis, poi in tutti i girotondi e che mi auguro di reincontrare quando – se, come temo, rivincerà Berlusconi – ci toccherà tornare in piazza. C’è la baronessa Teresa Cordopatri, simbolo della lotta alla ’ndrangheta in Calabria. C’è, a Napoli, un sindaco anticamorra come Franco Barbato, che ha militato nel progetto di lista civica nazionale insieme a tanti altri amici. C’è Leoluca Orlando, che in quanto ad antimafia non teme confronti. Non ci sono, in compenso, alcuni personaggi discutibili che si erano avvicinati all’Idv, e che sono stati respinti o non ricandidati. E poi ci sarebbero anche Beppe Lumia e Nando Dalla Chiesa, ai quali Di Pietro aveva offerto un posto nella sua lista in Sicilia dopo l’estromissione (nel primo caso provvisoria, nel secondo definitiva) da quelle del Pd, che in compenso ospitano elementi come

Mirello Crisafulli, l’amico del boss di Enna: alla fine, grazie anche all’Idv, Lumia è rientrato nel Pd, mentre Nando ha rispettabilmente deciso di declinare l’offerta. E poi c’è Di Pietro che, pur con tutti i suoi difetti, ha saputo pronunciare – da ministro e da leader di partito – una serie di «no» molto pesanti contro le vergogne del centro-sinistra. No all’indulto extralarge salva-Previti, salva-furbetti, salva-corrotti e salva-mafiosi. No al segreto di Stato e al ricorso alla Consulta sul sequestro Abu Omar contro i giudici di Milano. No alla depenalizzazione strisciante della bancarotta tentata da qualche ministro furbetto. No agli attacchi contro De Magistris e Forleo. No al salvataggio di Previti alla Camera (il deputato Idv Belisario, per un anno e mezzo, è stato il solo con il Pdci a chiedere la cacciata del pregiudicato berlusconiano, mentre gli altri facevano i pesci in barile). No al salvataggio di D’Alema e Latorre da parte della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera (lì il dipietrista Palomba s’è pronunciato per autorizzare le intercettazioni Unipol-Antonveneta-Rcs, senza se e senza ma). No all’inciucio mastelliano sulla controriforma dell’ordinamento giudiziario e a tutte le altre porcate del cosiddetto ministro della Giustizia ceppalonico.


No all’inciucio in commissione Affari costituzionali per la legge-truffa di Franceschini e Violante sul conflitto d’interessi (anche qui, solo il Pdci con Licandro e l’allora Ds Giulietti han tenuto botta con l’Idv). No alla limitazione delle intercettazioni telefoniche e no – dopo un’iniziale esitazione alla Camera – alla legge-bavaglio di Mastella & C. contro la pubblicazione delle intercettazioni e degli altri atti d’indagine fino al processo. No all’aumento del finanziamento pubblico dei partiti e al colpo di mano tentato in tal senso dai tesorieri di tutti i partiti (tranne quelli dell’Idv,

Silvana Mura, e della Rosa nel pugno, Fabrizio Turco). No al comma Fuda che assicurava la prescrizione agli amministratori pubblici indagati dalla Corte dei conti per infrazioni contabili.
Come ministro delle Infrastrutture, poi, Di Pietro ha bonificato quel lombrosario che era prima il vertice dell’Anas, cacciando gli inquisiti e i condannati e denunciando i responsabili di certi ammanchi. Ha razionalizzato la miriade di progetti faraonici ereditati da Lunardi, concentrando le poche risorse disponibili su alcune opere davvero necessarie. E, in campagna elettorale, è stato il solo a dire papale papale che Rete 4 deve andare sul satellite e che bisogna applicare immediatamente la sentenza dell’Alta Corte di Giustizia europea di Lussemburgo che, dichiarando illegittime le proroghe concesse a Mediaset dal 1999, privano da nove anni Europa 7 di Francesco Di Stefano delle frequenze necessarie per trasmettere. Infine, last but not least: sia che vinca Berlusconi sia che Pdl e Pd arrivino al pareggio e magari tentino un bel governissimo di larghe intese, mi auguro che arrivi in parlamento una pattuglia di guastatori capaci di fare opposizione con fermezza e competenza sui due temi cruciali, la libertà d’informazione e la giustizia uguale per tutti. Di gente così ce n’era anche nel Pd, ma è stata scientificamente eliminata con una specie di pulizia etnica. Ricordiamoci quel che accadde nel 2001, quando l’Idv mancò il quorum per un soffio: l’unica vera opposizione al regime berlusconiano non era in parlamento (a parte i cani sciolti alla Dalla Chiesa e alla De Zulueta, ora scomparsi dalle liste), ma in piazza. Se stavolta entrano in parlamento Di Pietro, Orlando, Pardi, Giulietti, Cordopatri, Mura e qualcun altro come loro, è meglio per tutti."

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