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mercoledì 1 aprile 2009

Qualche buona idea contro la crisi

"Rinunciare, tagliare, contenere. Oppure inventare, ripartire, imparare. Ci sono tanti modi di affrontare la crisi. Abbiamo scelto 45 piccole, buone idee a cui ispirarsi per disegnare il nostro nuovo stile di vita." Così scrive il Corriere della sera online in un articolo di oggi. Propongo le idee più interessanti secondo me! Articolo originale: http://www.corriere.it/economia/09_marzo_31/magazine_45_piccole_idee_anti_crisi_71404694-1dd0-11de-84d3-00144f02aabc.shtml

earth_miniIdea 12: Microcrediti per piccoli artigiani
Disoccupati, piccole aziende artigiane in crisi, o vittime del ritardo di pagamento di committenti altrettanto in difficoltà. Sta diventando questo il nuovo target di chi si rivolge a Micro. Bo – Associazione Microfinanza Bologna, onlus attiva, tra l’altro, nel microcredito. Con 50 interventi annui, la onlus nata 4 anni fa agisce come garante presso istituti bancari sempre più restii a concedere il credito. Proprio ora che servirebbe di più.


Bologna e l'Emilia Romagna non tradiscono, per fortuna, la sua attenzione al sociale in un mondo di individualismo. Speriamo non vada in decadenza insieme al degrado che invade sempre più la città.

idea 45: Smettere ma per sempre
Risparmiare almeno 1.400 euro all’anno e guadagnarci in salute, senza contare la riduzione della spesa sanitaria. È l’affare da non perdere: smettere di fumare. L’idea non sarà originale ma la convenienza è indiscutibile. Come dice Renato Pozzetto nell’ultima campagna del Ministero: “Il fumo uccide: difenditi”.


E in più, aggiungo, chi fuma comporta una spesa sanitaria maggiore che paghiamo tutti noi con le tasse! Inquina, sporca, contribuisce a finanziare le industrie peggiori al mondo. Il bello è che magari si fa volontariato e poi si fuma, personalmente lo trovo assurdo poi non so voi. In ogni caso ognuno fa quel che vuole! capisco che per me è facile parlare, ma chi fuma di fatto è una persona dipendente e anche se si rende conto di certe cose immagino abbia difficoltà a smettere. Biologicamente è una droga, c'è poco da discutere.

idea 15: Pane e pizza fai-da-te
Sei euro al chilo, manco fosse una specialità di pasticceria. Il prezzo del pane è alle stelle e i consumi calano, ma non a casa. La risposta di molte famiglie è “allora me lo faccio”, ecco spiegato il boom delle macchine per farlo. In tre ore si sforna un chilo di pane buono e genuino che resta fresco per diversi giorni e che ci viene a costare molto meno di un euro per la materia prima. Fa tutto la macchina (se ne trovano da 40 euro in su), basta ricordarsi di tenere in casa farina e lievito. Per ricettari e consigli cercare su internet o in libreria (Facile come il pane, ed. Red). Il passo successivo è la macchina cuocipizza per i sabato sera con gli amici.


Confermo!! Ho da un anno la macchina del pane ed è fantastica, il pane è molto più buono e lo fai come vuoi tu senza perdere nemmeno 5 minuti.

idea 23: il prezzo è giusto, lo dice il web
Una volta bisognava avere molto tempo libero e girare diversi negozi per trovare le offerte migliori. Adesso il servizio è già pronto, è gratuito e viene continuamente aggiornato. Basta cercare online e callaudatissimi siti ci guidano all’acquisto migliore. Per esempio www.trovaprezzi.it oppure www.kelkoo.it


idea 16: Guardiani spegni luci e pc
Tra i corridoi dell’istituto Itis “Castelli” di Brescia li chiamano “guardiani della luce”, trenta studenti (due per classe) che hanno il compito di spegnere neon e computer una volta finite le lezioni. Conti alla mano le ronde anti-spreco degli studenti hanno fatto risparmiare all’istituto scolastico il 17% sulla bolletta dell’Enel. I soldi risparmiati nell’ultimo anno adesso verranno investiti in progetti di educazione ambientale. Attenzione anche a casa ai led accesi, dalla tv al pc. I consumi degli stand-by sono costi tagliabili.


e aggiungo, consumare meno carne è molto più efficace di queste misure, che sono comunque da prendere. Lo dimostrano studi e calcoli tra l'altro non difficili da fare.

Idea 5: Una bici per te ad ogni angolo
Pedalare mantiene in forma, è divertente e non inquina. Per questo il bike sharing dopo Parigi e Barcellona sta prendendo piede anche in Italia (hanno aderito circa 60 comuni). Con una tessera elettronica o con una chiave che contiene un codice personale si ritira una bici da una rastrelliera e si riconsegna quando non serve più, anche dall’altro capo della città. Stenta a decollare a Roma (www.roma-nbike. it), piace sempre di più ai milanesi (www.bikemi.it).


Basta traffico insostenibile di auto private con una sola persona dentro, siamo ridicoliiiiiii!!!!!!!! vai di bus, metropolitane, car sharing, tram, e bici quando si può e ci sono le piste! E se non ci sono, chiedetelo ai sindaci!

idea 17: Metti una pala sul tuo tetto
Per sfruttare la forza dei venti e farsi un po’ d’energia domestica, si può installare in giardino o sul tetto una pala micro-eolica da 400W: se non supera 1 metro di diametro (come un’antenna parabolica) e 1,5 d’altezza non richiede autorizzazioni perché assimilata ad un intervento di manutenzione ordinaria. Il costo s’aggira sui 1.300 euro (più 50/60 per l’inverter) e può far funzionare irrigatori, pompe da pozzo ed elettromestici come tv o frigo. Niente calma piatta, però, intorno a casa: il vento deve soffiare in media a 5 metri/secondo.


Non conosco questa tecnologia e non so quanto sia utile e in quali zone, ma è un invito a considerare le energie alternative, tra cui principalmente il solare visto che l'Italia ha un'irradazione spaventosa e siamo pieni di incentivi. Bisogna attivare anche i condomini!

giovedì 15 gennaio 2009

Un po' di umanità

Questo intervento nasce su facebook, e lo condivido anche sul blog. La pagina che cito successivamente è la seguente: http://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=685

I veri protagonisti non compaiono nelle pubblicità
. Non è bello essere presi per i fondelli, con pubblicità che distorcono la realtà nascondendo le conseguenza di un gesto che tanti fanno, come quello di comprare un etto di prosciutto. Eppure accade in Spagna come in Italia. Ci siamo evoluti abbastanza per vivere meglio senza consumare cibi animali, come è ampiamente dimostrato dalla medicina.Ci terrei che i miei amici dedicassero 5 minuti a guardare questo video (è duro per i sentimenti ma niente sangue) prodotto da un gruppo di spagnoli (sottotitoli in italiano) davvero in gamba. Link diretto al video: http://vimeo.com/2748075 oppure ecco direttamente la finestra del video.


Uguaglianza Animale risponde a pubblicità che ridicolizza il vegetarianismo from Igualdad Animal on Vimeo.


Ho sempre mal tollerato le battute sul prosciutto, considerando che i maiali sono animalipiù intelligenti dei cani e molto più puliti a parità di condizioni. Vi immaginate un cane in 2 metri quadrati tenuto rinchiuso un mese? Diventerebbe fetido e ricoperto di escrementi. L'unica scusante che ho trovato all'indifferenza è che quasi nessuno conosce questa realtà, in TV non ha nemmeno lo 0,1% di spazio, nessuno sa nulla degli animali che non siano i soliti gattini e cagnolini (che palle!!!!!!!!!!! ma perchè a mangiare cani e gatti ci troviamo qualcosa di disumano?? un velo di ipocrisia...), e non sa cosa succede quando ingerisce determinati cibi. Il nutrizionista Cannella in TV non lo dirà mai, e ve lo dice uno che ci ha discusso direttamente via posta senza che lui sia stato in grado di argomentare in qualche modo e difendere il consumo di carne. Semplicemente non è scientificamente possibile, e lui lo sa ma non lo dice. Ma per una volta voglio lasciar stare l'aspetto medico, e parlare dell'aspetto umano.

Se siamo davvero "umani" allora bisogna un po' aprire gli occhi e comportarsi concretamente da esseri rispettosi degli altri, senza rifugiarsi dietro scuse futili o ragionamenti filosofici che crollano miseramente dietro la realtà rappresentata da un video come questo (ed è solo uno dei tanti). Mi piace credere che nessuna delle persone che conosco, dopo aver visto certe cose ed essersi informato, non sia in grado di rinunciare o almeno provare a rinunciare a prosciutto e carne, invitando amici e parenti a fare lo stesso. Salvare l'africa sofferente è una impresa che va fatta ma non da soli; salvare milioni di animali sofferenti invece è molto molto molto semplice, si può iniziare senza sforzi e senza scuse oggi stesso. Io resto a disposizione di chiunque per aiutare nel cambiamento, anche dal punto di vista culinario (affatto trascurabile e ricchissimo di gusti e ricette al contrario di quanto si creda!! Nella pubblicità del video quei poverini fanno la parodia dei vegetariani che mangiano "insalata e sedano, sedano e insalata", siamo proprio a livelli di ignoranza pietosa).

venerdì 23 maggio 2008

Quando lo Stato stava vincendo





“La Mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani è destinato morire".(G. Falcone)
A fine anni 80 e per i primi anni 90 alcuni rappresentanti dello Stato avevano la vittoria in pugno. La chiave usata per distruggere la mafia fu di minare i suoi rapporti col potere politico ed economico. Colpire solo la mafia militare, armata, serviva a ben poco. E' una storia che ho pensato meritasse di essere raccontata, e spero letta.

Ufficio Istruzione di Palermo, Rocco Chinnici è il primo a rompere i soliti schemi burocratici di indagine, e adottare il metodo del Pool, inventato dal giudice torinese Gian Carlo Caselli. Il pool, un gruppo di lavoro affiatato, basato sulla circolazione delle informazioni, strettamente riservata ai soli membri, che poi le elaborano unitariamente: i risultati, manco a dirlo, sono eccezionali.

La storia di Chinnici, purtroppo, segue un modello che si ripeterà spesso: un giudice autonomo, che non ha ascoltato i "buoni consigli", come quelli di Salvo Lima, parlamentare andreottiano, che lo invitò ad interrompere le indagini sui colletti bianchi (Nda, personaggi politici e imprenditori) perchè rischiavano di bloccare "l'economia siciliana" e di farlo passare come un giudice persecutore della Dc. Frasi, minacce e atteggiamenti che ritroviamo ancora oggi, ormai inserite nel linguaggio politico.

Chinnici viene ucciso nel 1983, e lascia la sua eredità ad Antonio Caponnetto, che potenzia il metodo del Pool e lo rende più efficace e indipendente. Mentre i Pubblici Ministeri, infatti, si trovavano ingabbiati sotto il comando della Procura, i giudici istruttori (cioè quelli che indagano, raccolgono prove, ed emettono i rinvii a giudizio) furono dotati di indipendenza e autonomia. La qualità delle persone che vi facevano parte fece poi il resto: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta, Giuseppe di Lello, Gioacchino Natoli, Ignazio De Francisci e Giacomo Conte.

Nel 1987 Caponnetto va in pensione e lascia il posto...a Falcone? Sarebbe stata la scelta naturale, ma si decide di iniziare lo smantellamento dall'interno di quel Pool di indipendenti. Viene nominato, secondo il criterio dell'anzianità, Antonino Mieli. Cosa ne pensano di questo, oggi, i difensori (a parole) della meritocrazia?
Mieli inizia la sua opera distruttrice, sparpagliando i processi antimafia in tutta la Sicilia. Borsellino commentò: "Con questa tecnica (il pool, centralizzato, Nda) si chiuse la pagina delle indagini parcellizzate che per anni non riuscirono mai a centrare veri obiettivi. Ho l'impressione che qualcuno voglia tornare indietro".

La reazione alle indigniazioni dei giudici è quella che abbiamo visto e continuiamo a vedere oggi per altri casi: "protagonismo", "sete di potere", "filocomunismo", "ambizioni di protagonsimo istituzionale e politico". L'indipendenza dei giudici, così come prevista dall'art. 104 della Costituzione, brucia ai tanti che vogliono difendere il sistema di potere mafioso-politico.

1989, Giovanni Falcone lascia, deluso e stremato, l'ormai defunto Pool, ed entra in procura di Palermo come Procuratore aggiunto, per cercare di salvare il salvabile. E' però al fianco di Pietro Giammanco, un magistrato di potere, con fedelissimi come Giuseppe Pignatone, figlio di un potente democristiano. Giammanco metterà in moto il suo team, portando all'isolamento Falcone e sottraendogli ogni ruolo di coordinatore delle indagini antimafia. Il metodo usato fu quello delle "carte a posto": i documenti venivano diffusi secondo le gerarchie, solo ai PM fedeli, e spesso Falcone verrà tenuto all'oscuro di decisioni prese. Il tutto è annotato sul suo computer, in un documento pubblicato dal quotidiano Sole 24 Ore, purtroppo solo dopo la strage.

Nel 1991 Falcone getta la spugna, lascia la procura per trasferirsi a Roma, e viene sostituito da Borsellino. Anche lui va neutralizzato: verrà relegato alle indagini sulla sola Trapani, impedendogli di lavorare sulla mafia Palermitana. Un esempio: nel giugno 1992, dopo l'uccisione di falcone, il mafioso Mutolo decide di pentirsi e collaborare con Borsellino. Giammanco e il suo team cercano di impedire l'incontro, e solo la minaccia di dimissioni di Borsellino li farà desistere. Nei primi interrogatori, il pentito preannuncia relazioni tra mafia, politica e istituzioni (come il poliziotto Bruno Contrada e il giudice Corrado Carnevale), ma il lavoro di Borsellino fu bloccato dopo pochi mesi, con la sua morte.

Falcone viene ucciso il 23 maggio 1992, alle ore 17:58, con una carica di cinque quintali di tritolo che uccide lui, la moglia, e 3 uomini della scorta. Il telecomando fu azionato da Giovanni Brusca, assoldato dal mafioso Totò Riina.

Il 19 luglio 1992, Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D'Amelio, dove vive sua madre. Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell'abitazione della madre con circa 100 kg di tritolo a bordo esplode, uccidendo oltre a Paolo Borsellino anche i cinque agenti di scorta.

La mafia non vinse ancora con queste due stragi, perchè 8 coraggiosi giudici che componevano il Pool antimafia di Falcone e Borsellino protestarono pubblicamente, costringendo Giammanco alle dimissioni. A Palermo arriverà, dal nord Italia, il giudice Gian Carlo Caselli, a ridar vita al lavoro del Pool e riprendere la lotta alla mafia. In questo caso, però, il tritolo non servirà. Una campagna mediatica e politica, diffamatoria, che continua ancora oggi, ostacolerà continuamente i lavori del pool, sancendo la vera sconfitta dello Stato, voluta da quella parte di esso che ha deciso e continua a decidere di convivere con la mafia.

In occasione dell'anniversario della strage di Falcone, mi piacerebbe che tutti, al Nord come al Sud, si impegnino sempre a non convivere, ma ad unirsi alle forze sane del paese per distruggerla.

«La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.»
(Paolo Borsellino)

martedì 19 febbraio 2008

Obama, aria di vero cambiamento?

Obama...Osama...Hussein...Saddam? Il nome lascia spazio all'immaginazione, è "piccolo e nero", ma Barack Hussein Obama sta correndo alle presidenziali rivoluzionando gli Stati Uniti d'America; sarà il primo presidente nero? Forse, ma anche se fosse sconfitto a sostituirlo non sarebbe un tipico presidente bianco, bensì una donna, Hillary Clinton.

E' chiaro che gli USA stanno, consapevolmente o no, cercando di incrinare quella storica abitudine ad avere solo presidenti maschi e bianchi, cosa che non sorprende data la connotazione in parte razzista e sessista della società americana [1], come rilevato da una certa mole di articoli e commenti sull'argomento.[2,3]
D'altronde in un paese dove le imprese private, controllate per la maggiore da maschi bianchi, dettano legge, non c'è da meravigliarsene.

Mi inserisco anche io tra i sostenitori di Obama, non solo per questo motivo, ma per curiosità. Finora ho ritenuto che le differenze nella politica dei democratici e dei repubblicani non siano tali da giustificare campagne elettorali milionarie, dal momento che qualunque candidato avesse vinto sarebbe stato costretto comunque a portare avanti determinate scelte politiche, soprattutto in campo economico. Mi piace citare un pensiero di Noam Chomsky, che con una solida base teorica alle spalle afferma:
“Vedete, finché ci sarà il controllo privato dell'economia non importano le forme di governo, perché i governi sono impotenti. Si potranno avere partiti a cui la gente aderisce mobilitandosi per determinare una linea d'azione, ma sulla politica questo avrà sempre un ruolo assolutamente marginale. Il fatto è che il potere sta sempre altrove”.

Insomma, nessuna differenza sostanziale, e solo diverse politiche superficiali per giustificare la presenza di due partiti e dare un senso formale alla democrazia.

Può sembrare una visione estrema, ma è confermata da un'analisi soprattutto della politica estera statunitense del secolo appena trascorso: nè il presidente più democratico nè quello repubblicano hanno mai tolto il loro supporto, ad esempio in america latina, ai regimi dittatoriali che permettevano alle imprese americane di sfruttare le risorse dei paese a scapito della popolazione.

Obama ha preso posizioni importanti, distinguendosi anche dalla collega democratica Hillary; quella che più mi ha colpito riguarda la volontà di ammorbidire l'embargo economico che da 45 anni ostacola l'indipendenza e il libero sviluppo di Cuba [4] e di normalizzare i rapporti tra i due Stati. Chi conosce la storia statunitense sà che non è una decisione da poco, ma radicale  e innovativa.

Dietro una posizione del genere c'è più che il particolare rapporto tra Cuba, paese socialista, e gli Stati Uniti, patria del liberismo. L'embargo rappresentava nient'altro che l'intolleranza, e anche la prepotenza, che gli Stati Uniti avevano nei confronti di un paese che con tutti i suoi difetti aveva deciso di scegliere un diverso modello di sviluppo ed era stato punito per questo.
L'ONU vota annualmente per togliere l'embargo su Cuba, che è illegale, e puntualmente gli USA pongono il veto opponendosi alla volontà di tutte le altre nazioni del mondo. Se Obama vincerà forse l'anno prossimo avremo qualche sorpresa, chissà.

Note

[1] http://en.wikipedia.org/wiki/Racism_in_the_United_States
[2] http://www.citylights.com/book/?GCOI=87286100508640&fa=author&person_id=4975&publishergcoicode=87286
[3] http://www.zmag.org/sustainers/content/2007-02/11jensen.cfm
[4] http://www.zmag.org/italy/herrera-embargocuba.htm
http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/esteri/cuba-embargo/cuba-embargo/cuba-embargo.html

lunedì 31 dicembre 2007

Napoli, festeggia per una nuova mentalità

La tragedia di Torino sembra aver portato alla luce un problema che esiste da decenni ma di cui gli italiani non erano informati a dovere: i morti sul lavoro, migliaia ogni anno.

Oggi è deceduto il settimo operaio ferito alla Thyssenkrupp. Il sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha detto che "In segno di rispetto per il dolore della famiglia, degli amici, dei compagni di lavoro e della comunità cittadina, ho disposto l'annullamento dei festeggiamenti per la notte di S.Silvestro - il concerto in piazza Castello e lo spettacolo pirotecnico. Invito la nostra comunità cittadina ad una moderazione nei festeggiamenti privati per dare un segnale del grande dolore che questo mese di dicembre ci ha portato."[1]

Mi sembra una decisione di civiltà e di buonsenso, che condivido in pieno. La solidarietà si esprime anche attraverso decisioni come queste, che a qualcuno potrà sembrare eccessiva ma che almeno è concreta e con una certa valenza simbolica capace di attirare l'attenzione su un problema esistente.

A Napoli invece ci si prepara al capodanno contando altri morti, oltre a quelli sul lavoro: 115 morti ammazzati dalla mafia nel 2007, 18 faide aperte attualmente tra le varie cosche della città [2] e provincia che continueranno a fare morti non solo tra i membri della mafia, ma anche tra persone civili che si troveranno nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Non si possono inoltre dimenticare i problemi di vivibilità quotidiana di questa grande città, e il cronico permanere ormai da anni di una situazione intollerabile per quel che riguarda i rifiuti.

Insomma, una situazione non certo positiva, e che non presenta forti segni di cambiamento. Ma allora, che motivi ci sono per festeggiare in modo cosi plateale, quasi provocatorio, come solo Napoli sa fare?
L'immagine della città avvolta dalla nebbia dei fumi e dallo scintillio dei botti accompagna ogni anno le cronache televisive. I “botti”, che sono in altre città una tradizione marginale, a Napoli sono il simbolo stesso del capodanno, e ne evidenziano tutte le contraddizioni. La voglia di festeggiare, nonostante la situazione in cui si vive, forse riflette la mentalità dell'”arrangiarsi”, del tirare avanti, che da sempre accompagna gli abitanti di queste zone.

Un nuovo modo di pensare, che porti a responsabilizzarsi e ad organizzarsi collettivamente per affrontare i problemi, e non a festeggiare per scongiurarli aspettando l'intervento dall'alto che non verrà mai, forse è l'unica strada per risolvere i problemi: dalla corruzione, al clientelismo, alla camorra infiltrata in ogni ambito della società, fino al problema rifiuti.

Questo nuovo modo di pensare deve partire dalle istituzioni, dallo Stato, che deve riacquistare il significato perso in questi territori abbandonati. Stato come strumento della collettività per il benessere di tutti.
Se il sindaco di Napoli avesse seguito l'esempio di Torino, sarebbe stato un segnale forte e importante in questa direzione e forse avrebbe scosso un po' di coscienze. Si sarebbe dovuto presentare a fine anno per dire che “non possiamo festeggiare in un modo cosi ostentato e appariscente, mentre sulle nostre strade giacciono tonnellate di rifiuti che compromettono per sempre le nostre vite e la salubrità dell'ambiente. Napoli quest'anno deve festeggiare in silenzio e riflettere sul da farsi”.

Il festeggiamento può rimandare i problemi per un poco. Problemi che però torneranno il giorno dopo, più gravi che mai, e che bisogna affrontare e non evitare.
Il mio augurio è che nel prossimo anno la mentalità inizi a cambiare in questa direzione, e chissà che prima o poi non se ne vedranno anche i risultati.

P.S. Parlo e di Napoli e ne critico la mentalità essendo nato in questa provincia, e non da osservatore esterno.

Note

[1] http://www.comune.torino.it/torinoplus/italiano/news/Torinoplus-CapodannodelDesign.html
[2] http://www.internapoli.it/articolo.asp?id=10388

mercoledì 12 dicembre 2007

Le "cazzate" di Rutelli

Gianni Minà è uno dei pochi giornalisti che cerca di fare il suo mestiere in modo corretto, parlando di argomenti che conosce bene e basando le sue argomentazioni su fonti; è sufficiente leggere alcuni dei suoi libri e articoli per capirlo. Voglio proporvi questo suo ultimo editoriale, chiaro, conciso e pungente, che ha pubblicato sul sito della rivista "LatinoAmerica", (http://www.giannimina-latinoamerica.it)un trimestrale ricco di saggi e commenti di alta qualità scritti da intellettuali a studiosi di tutto il mondo, che potete trovare nelle librerie o online.  Vi invito a visitare il sito perchè settimanalmente vengono pubblicati articoli molto interessanti sul continente sudamericano. Buona lettura.

LE "CAZZATE" DI RUTELLI
GIANNI MINÀ
(11 dicembre 2007)


Se dovessimo fare una rubrica giornaliera sulle "cazzate" che i politici italiani dicono ogni giorno a beneficio del teatrino mediatico della politica, dovremmo stare al computer 24 ore su 24. Ma ci sono alcune di queste esternazioni che proprio ti obbligano a rispondere per un elementare senso di giustizia.

Oggetto di questi interventi solitamente di ex comunisti o radicali pentiti, sono sempre più spesso nazioni come Cuba, il Venezuela e ora anche la Bolivia e l'Ecuador, colpevoli solo di aver scelto, ultimamente, un destino e un futuro diverso da quello loro concesso dagli Stati Uniti o dalle multinazionali occidentali. Una linea uguale a quella adottata anche dal Brasile, dall'Argentina, dall'Uruguay, ma messa in atto in modo più drastico e definitivo.

L'ultima di queste "cazzate" l'ha sparata il ministro dei Beni culturali del nostro paese, Francesco Rutelli che, in maturità, dopo una scapigliata gioventù con il radicale Pannella, si è scoperto in linea con la parte più intransigente della Chiesa, accanto alla radicale cattolica Binetti.

Lunedì 10 dicembre, in una intervista a "Repubblica", Rutelli, difendendo la decisione della Binetti stessa di sfiduciare il governo della coalizione di cui fa parte, non approvando un articolo del pacchetto sicurezza che stigmatizzava l'omofobia, ha dichiarato con supponenza: "Mobilitiamoci invece contro le condanne a morte di omosessuali nel mondo, da Cuba all'Iran".

Ora, per quanto riguarda l'Iran, la notizia è drammaticamente vera, ma per quanto riguarda Cuba, assolutamente falsa. E l'aver associato Cuba all'Iran fa solo capire quanto il desiderio di essere proni verso le politiche degli Stati Uniti, sconfini nel ridicolo per molti dei nostri disinvolti politici. Come nell'Italia degli anni '70 dove il professor Braibanti veniva condannato per plagio (un reato che non esiste) da un tribunale italiano perché aveva un rapporto omosessuale con un suo allievo, anche Cuba ha vissuto in quella stagione contraddittoria della sua storia un periodo di pregiudizio verso il problema. Ma se Rutelli avesse l'abitudine di informarsi quando pontifica, saprebbe che non solo quell'epoca è superata da tempo (come dieci anni fa dimostrò il film "Fragola e cioccolato" vincitore anche del festival dell'Avana) ma che addirittura, rispetto all'omosessualità e alla libertà di praticarla, a Cuba c'è un approccio molto più liberale rispetto alla società italiana. Il Parlamento cubano ha recentemente varato una legge che consentirà ai transessuali di cambiare sesso. E come tutta la sanità, anche l'operazione chirurgica e l'assistenza psicologica sono gratuite. Si sta inoltre cominciando a discutere sull'opportunità di legalizzare i matrimoni gay, ma soprattutto le unioni consensuali che, anche fra le coppie eterosessuali, considerate le tradizioni e le abitudini della gente, sono molto più frequenti. Il cambio d'identità sui documenti, inoltre, è da tempo possibile.

Infine, sempre perchè il nostro ministro della Cultura non ne "spari" un'altra a breve, gli ricordiamo che Cuba, per anni, ha rispettato la moratoria sulla pena di morte, mentre il boia, negli Stati Uniti, non si fermava. Purtroppo la Rivoluzione ha interrotto questa meritoria scelta una volta, quando nel 2003, tre dirottamenti aerei e l'assalto ai turisti di un ferry boat della baia dell'Avana da parte di un gruppo che voleva sequestrare l'imbarcazione per andare a Miami, fece intendere al governo che era in atto l'ennesimo tentativo degli Stati Uniti di farla finita con la Rivoluzione. Tre del gruppo dei sequestratori furono fucilati. Da allora, però, la moratoria sulla pena di morte è stata nuovamente rispettata fino ai giorni nostri.

E' sufficiente che Rutelli, prima di parlare su questi argomenti, chieda informazioni a Amnesty International che nell'ultimo rapporto sui diritti umani, dedica nove pagine agli Stati Uniti e tre a Cuba.

Fonte: http://www.giannimina-latinoamerica.it/visualizzaEditoriale.php?ideditoriale=1027

sabato 20 ottobre 2007

Graffiti, libertà di scegliere




Questo è un articolo di opinione, quindi vi invito fortemente a dire cosa pensate dell'argomento lasciando un commento , grazie. Ancora meglio se qualcuno di voi appartiene al "movimento" di cui parlo, e può spiegarci meglio il suo punto di vista.


In una puntata di Annozero giorni fa hanno intervistato una "graffitara" per ascoltare le sue idee su questo movimento. Definire chi sono i graffitari,[http://it.wikipedia.org/wiki/Graffiti_writing] non è semplice e rischia di essere riduttivo: possiamo dire che sono persone che da soli o in gruppo tracciano simboli e disegni sulle mura delle città, delle case, dei treni, etc.

Ovviamente tutto ciò è illegale, loro lo sanno, dunque queste azioni avvengono solitamente di notte.

Ammetto che fino a pochi anni fa non avevo mai sentito sentito il problema, vivendo in un piccolo comune di provincia dove di scritte sui muri se ne vedevano raramente e al massimo riguardavano qualche vittoria calcistica. Ora però vivendo a Bologna posso osservare ogni giorno questo fenomeno.

Curioso di ascoltare l'intervento della graffitara, ho prestato particolare attenzione alle sue parole, ma devo dire che ciò che ha detto mi ha colpito molto, in modo negativo. Ho trovato il suo ragionamento fortemente insensato.

In breve, lei ha spiegato che la loro è una forma di protesta contro le pubblicità che vengono imposte, a pagamento, dalle aziende, e che riempiono ogni angolo delle nostre strade. Questo mi sembra un punto più che condivisibile. Però bisogna tener presente che le pubblicità vengono affisse, secondo la legge, nelle apposite bacheche, e non sulla parete sotto casa tua.

Il problema è nella ricerca di una soluzione. Secondo lei andar di notte a disegnare sui muri è legittimo ed è la giusta risposta al problema. Di fatto invece è un'assurdità, e per capire il perchè basta rifletterci su pochi secondi.

Si può essere d'accordo che la pubblicità a pagamento sia una forma invasiva e che la maggior parte dei cittadini probabilmente non vuole, io sono tra questi. E' dunque un tema su cui si ci può mobilitare e far pressione per migliorare la situazione, ad esempio diminuendo le aree disponibili o vietandola del tutto in zone particolari delle città o dei paesaggi. La pubblicità si può considerare, secondo i punti di vista, un grave problema sociale e culturale ma allora si deve affrontare in modo concreto, e non utilizzarlo in modo strumentale come giustificazione. E' questo che sembrano fare i graffitari, stando alle parole della ragazza.

Andare in giro a disegnare o semplicemente scrivere non fa altro che aggiungersi ai già presenti manifesti pubblicitari, e come risultato finale noi cittadini ci troviamo di fronte due problemi invece che uno. Cosa si è ottenuto agendo in questo modo? Nulla.
Il degrado è causato in buona misura proprio dai graffiti, questo è oggettivo come dimostra anche la foto all'inizio dell'articolo.

Capisco che il graffito sia anche una forma di arte, ma a questo punto si può chiedere di predisporre pareti dedicate ai veri artisti, non al primo che passa e scrive il suo nome con caratteri gotici credendosi un artista. Alcuni comuni, come Firenze, l'hanno fatto anche se penso con scarsi risultati.

Chi cerca però di difendersi dietro l'etichetta di “artista” si sta solo giustiicando, perchè basta fare un giro in qualsiasi centro per scoprire che la maggior parte dei graffiti sono semplici scritte, che il senso estetico comune trova decisamente brutte e insensate. Le opere d'arti che avvalorano la città sono rare.

Non si parla però solo delle città. I Graffiti sono ovunque, dal centro storico alle stazioni ferroviarie di periferia.
Quando viaggio in un treno regionale, con i graffiti che ricoprono tutti i vagoni e impediscono di guardare il paesaggio esterno, penso. E penso che preferirei poter guardare fuori il paesaggio, e ignorare qualche eventuale mega cartellone pubblicitario. Ma almeno sarei libero di scegliere, e non vittima passiva di una purtroppo ottusa e inutile “forma di protesta”.

giovedì 4 ottobre 2007

V-Day, io c'ero

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E' passato quasi un mese dal V-Day, l'iniziativa promossa da Beppe Grillo e ormai nota in Italia e oltre. Ho avuto la possibilità di partecipare proprio a Bologna, dove si è svolto lo spettacolo principale che ha visto un inaspettato e come sempre piacevole Grillo conduttore, e tanti altri ospiti alternarsi sul palco per brevi discorsi.

La copertura mediatica successiva all'evento francamente mi ha molto stupito, dal momento che fino al 7 settembre i media avevano completamente taciuto la notizia, e solo su internet c'era un gran fermento di gruppi, volontari e persone comuni che organizzavano i tanti eventi in giro per l'Italia.

Ho ascoltato pazientemente e in silenzio le inevitabili polemiche e discussioni trasmesse dai media nazionali per le settimane successive, e che hanno infiammato animi e telegiornali. Compresi i direttori, vedi il prevedibile Emilio Fede (Tg4) o la rivelazione Mauro Mazza (Tg2) che in un editoriale video ha commentato il V-day accusando Grillo di fomentare violenza e addirittura ha messo in guardia da un nuovo pericolo di terrorismo contro la classe politica. Altri commenti sono inutili.[1]

Anche i politici, primi destinatari del v-day, hanno reagito quasi tutti negativamente. Critiche costruttive al V-day e alla proposta di legge popolare non se ne sono viste, e alcune accuse infondate e al limite della diffamazione sono state amplificate, approfondite e rese serie, credibili, da giornalisti e commentatori vari. Sono le magie dell'informazione italiana.

Grillo non ha certo bisogno di difese, il suo blog ha più di 200.000 lettori al giorno, il mio 10 se va bene, ma anche io ero in quella piazza, e quindi voglio difendere me stesso e gli altri presenti. Non voglio aggiungermi alle migliaia di commenti sul V-day, ma vorrei concentrarmi sul caso di "magia dell'informazione" più grottesco di tutti, perchè contiene tutti gli elementi più notevoli per capire come funziona il meccanismo della disinformazione in Italia.

Senza dubbio la palma d'oro va all'accusa, lanciata da Casini [2] e ripresa a ruota da altri, secondo la quale Beppe Grillo e la piazza del V-day avrebbero insultato e offeso la persona di Marco Biagi.[3 ] Una pura fantasia. L'8 settembre si è parlato della LEGGE Biagi, e non si è mai nominato il signor Biagi. Se la legge si chiama così è solo colpa del governo Berlusconi che intitolò abusivamente la legge, scritta da Maroni, al professore assassinato.[4 ] Biagi, tral'altro, prima di morire aveva scritto a vari politici tra cui Casini, dicendosi preoccupato e chiedendo invano la scorta.[3 ] Ovviamente i tg hanno evitato di riportare questi particolari non da poco.

Queste polemiche mostrano molto bene come l'informazione è capace di strumentalizzare e distrarre il discorso per evitare di parlare dei contenuti del V-Day, dei problemi che ha sollevato, e delle proposte che sono sorte con forza da tutte le piazze.
E si, perchè il V-Day non è stato solo un grande "vaffanculo" ad una classe politica per la maggiore corrotta, clientelare, chiusa su se stessa. Ha proposta una legge popolare, che ha raccolto oltre 300.000 firme, per licenziare dal parlamento tutti i politici condannati, per limitare a 2 il numero di legislature possibili, e per tornare alla elezione diretta dei politici. Ma non solo, Grillo ci ha anche ricordato che un anno fa si è presentato da Prodi portando un libro di proposte concrete fatte da esperti e cittadini. Una "fabbrica del programma" parallela a quella dell'Unione che invece ha prodotto un programma fatto di illusioni. I Tg non hanno mai parlato di questi contenuti, che avrebbero presentato il V-day per quello che è stato: un importante momento di partecipazione popolare alla vita pubblica, e che quindi riguarda tutti noi.

Termino riportando il post di Beppe che secondo a mio parere meglio risponde a tutte le accuse mosse finora. Poche frasi, ma chiare e incisive.

Ieri sera a "Porta a Porta", il presidente del Consiglio, definito ormai dagli stessi giornalisti "Valium-Prodi" parlava seduto dietro a una gigantografia con la mia faccia. Belin, è come se la BBC trasmettesse un discorso alla nazione di Gordon Brown che si rivolge a Mr. Bean.
Prodi mi ha colpito, ha detto una cosa qualunquista: "I cittadini non sono migliori dei politici". Credo che intendesse tutti i cittadini e tutti i politici. Insomma, siamo un Paese senza speranza.
Valium ha poi continuato dicendo di me: "Ora cambia perchè dalla critica deve arrivare alla proposta?.
Qui mi sono molto preoccupato.
Le proposte infatti ci sono: quelle dei cittadini che per mesi hanno scritto commenti e mail al blog. Non sono mie, sono dei datori di lavoro di Prodi. Le ho consegnate personalmente a Alzheimer-Prodi a Palazzo Chigi l'8 giugno del 2006. Gli lasciai una lettera di licenziamento nel caso non le avesse tenute in considerazione. Mi rassicurò che le avrebbe trasmesse ai ministri competenti. Ho il filmato integrale.
Il programma lo hanno scritto i cittadini, non Grillo.
L'Italia cambierà grazie ai suoi cittadini, non grazie a Grillo.

Si parla di vuoto da riempire, ma chi l'ha creato se non l'assenza della politica? Se non la partitocrazia? Attaccano me, ma in realtà attaccano il loro (ex) elettorato.
Sono dei pugili suonati.


http://www.beppegrillo.it/2007/09/le_proposte_dei_cittadini.html

Note

[1] http://www.beppegrillo.it/2007/09/informazione_di.html
[2] http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/grillo-v-day/v-day-reazioni/v-day-reazioni.html
[3] http://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Biagi
[4] http://www.beppegrillo.it/2007/09/gli_intellettua.html

domenica 19 agosto 2007

L'intolleranza del tifo Italiano

Mi scuso per la lenta (e prevista) frequenza di aggiornamento del blog, ma come un po' tutti anche noi ci stiamo godendo le brevi vacanze estive, ridotte ormai al solo mese di Agosto.
Pubblico questa riflessione sulla violenza negli stadi inviatami da TenderSurrender. Buona lettura, e buon proseguimento di vacanze.


Ormai quasi tutte le partite che si giocano all'Olimpico e che vedono impegnate le romane nell'ambito di manifestazioni internazionali sono teatro di spiacevoli scontri fra clan di tifosi o ancor peggio fra tifosi e forze dell'ordine. Gli accoltellamenti non si contano, così com' è impossibile fare ammenda di tutte le tragedie finora sfiorate. Le diffide del campo e le multe a Roma e Lazio sembrano inutili tentativi di risolvere questa orribile tendenza. Si dovrebbe andare alla radice del problema e combattere definitivamente questa piaga sociale, a mio parere, tipica di Roma e della sua cultura sportiva quantomai insesistente.

Molti politici, pervasi dalla loro capacità imbonitoria ed inclini per natura ad esaltare solo la merce più pregiata per mostrarla in giro per le piazze, finiscono per dimenticarsi con altrettanta futilità di quante figuracce sono capaci di collezionare ogni anno. Peccato che propio nella terra dove si dice sia nata la civiltà occidentale oggi si registri un degrado sociale, almeno nell'ambito sportivo, tanto deprimente e preoccupante.

Senza fare del facile qualunquismo o del prevedibile associazionismo, vi sembra normale che ancora oggi la maggior parte del tifo Laziale sia connivente con frange dell'estrema destra o rifiuti quantomeno l'idea di combatterle?

Vi sembra mai possibile e al tempo stesso tollerabile che dopo i fatti della monetina [http://www.aicovis.it/legginews.asp?Id=526&macroarea=] che videro coinvolto l'arbitro Frisk non si siano attuate le dovute precauzioni e che un vile gesto del genere sia ancora potenzialmente replicabile?

Domande, amici miei, che non trovano una facile risposta. Quesiti destinati a rieccheggiare a lungo in questo limbo dantesco sperando che un giorno un anima candida come quella di Virgilio c'illumini d'immenso mostrandoci la via della speranza.

domenica 5 agosto 2007

Auto accessoriate

L'automobile è un bene di consumo particolare, che il marketing è riuscito a diffondere in modo efficiente in quasi tutta la popolazione mondiale. La crescita nella vendita di auto in un paese di solito ne indica lo "sviluppo" economico secondo il modello liberista dell'economia: più imprese, più privati, sulla carta meno impedimenti statali ma nella realtà più sussidi pubblici all'economia, e così via. Una ricetta già sperimentata, che impone di crescere e crescere sempre e comunque, ad ogni costo, anche se gli effetti per la popolazione e l'ambiente sono spesso nulli o addirittura negativi.
L'auto in questo contesto è stata presentata come un bene indispensabile, unico, personale, col risultato che oggi nei nostri paesi ci sono milioni di automobili che ogni giorno si spostano, trasportando una sola persona invece che 4-5, inquinando e intasando le strade e i centri delle nostre città. E i mezzi pubblici spesso sono trascurati o vittime di traffico e ritardi. L'auto è spesso indispensabile, è vero, ma in moltissime occasioni se ne abusa, e moltiplicando i songoli abusi per milioni di persone si ha un effetto devastante.
Questa idea dell'auto è però forse giunta alla saturazione, e il marketing ha bisogno di nuove idee e nuovi stili per accattivarsi l'adorazione delle nuove generazioni di consumatori.

Qualche giorno fa la rubrica del Tg2 "Costume e società" ha trasmesso un servizio sulle ultime tendenze in fatto di automobili. Un misto tra lusso e divertimento, auto accessoriate negli interni fino all'inverosimile, con impianti stereo esagerati, televisori al plasma un po' ovunque, joystick di playstation che sbucano dal cruscotto, lettori mp3, navigatori satellitari che, ovviamente, nella mente dei produttori devono avere molte altre funzioni come quella di riprodurre film in dvd. Musica ad alto volume, film e videogames sono le novità con cui l'industria automobilistica cerca di lanciare la nuova idea di auto. Tutte cose essenziali per la guida. Con le velocità che si raggiungono oggi sulle autostrade basta una frazione di secondo per incorrere in un incidente, ed è richiesta sempre la massima concentrazione. Ma il mercato ha bisogno di vendere, e quindi ben vengano questi inutili quanto pericoloso accessori alla guida, ideati proprio per distrarre.

L'aspetto più macabro del servizio è che è stato immediatamente seguito da un breve commento sui morti sull'asfalto, che ogni giorno sono numerosi, specialmente nei weekend quando i giovani escono per divertirsi in tutti i locali e le discoteche d'Italia. Un messaggio di prudenza che sembra non raggiungere alcun risultato, forse proprio perchè sovrastato da centinana di pubblicità giornaliere di nuove auto, più veloci, e di accessori che distraggono sempre più dalla guida, come quelli prima presentati.
Due servizi che esprimono il contrasto tra interessi diversi: quello dell'informazione pubblica, civica, che invita alla prudenza sulle strade, e quella di chi produce auto e deve venderne sempre di più, sempre più veloci e accessoriate. Inutile dire che al primo viene riservato uno spazio infintesimale rispetto al secondo.

Sento sempre più persone che parlano della velocità, in auto o in moto, come di un fine, una realizzazione personale. Andare veloce significa vivere, chi va piano non si diverte ed è un povero stupido. Saranno concezioni diverse della vita, ma personalmente penso che vivere sia tutt'altra cosa. Troppe persone smettono di vivere proprio a causa della velocità, e penso che ci siano buoni motivi per considerare responsabili di questo chi produce auto sempre più veloci e invita a distrarsi al volante.
La responsabilità va ricercata anche nella società, che evidentemente non riesce a contrastare la prepotenza della propaganda pubblicitaria, e fallisce nel diffondere un senso della vita più pieno, che consideri importanti valori diversi da quelli dell'apparenza e del possedere beni, siano essi vestiti firmati o auto veloci.

lunedì 23 luglio 2007

La storia siamo noi

(Pubblico questa riflessione di TenderSurrender, a mio parere molto interessante e con un tono, giustificato vista la gravità dei problemi sollevati, malinconicamente pessimista )

Salve gente, i miei occhi stanchi meritano di riposare.

Ma prima vi racconterò come ho passato le ultime due ore della mia vita. Cosa quegli occhi stanchi hanno osservato con la loro consueta acuta attenzione.

Durante gli anni 70 L'Italia era un paese in guerra. Precisamente era in guerra con Se stessa, con le sue contraddizioni politiche e sociali. C'era sangue ovunque lo sapete, C'era la P2 , una losca organizzazione economico-militare, c'erano gli attentati tra cui quello pazzesco alla stazione di Bologna, il sequestro Moro e la Democrazia Cristiana.

Anni di ***** direte voi.
Anni d'oro.

Durante gli anni 70 l'Italia era un paese in "Lotta". In lotta per la democrazia, per la democrazia e per la Repubblica, per la Repubblica e per la Libertà. Adesso questi sono "pseudo" sostantivi privi di qualsiasi riscontro oggettivo o nesso logico. Adesso che il Mondo è dominato dalle Corporations e l'Italia è solo una loro filiale, adesso che non siamo più in mezzo a due blocchi contrapposti ma ne facciamo parte di uno solo, Planetario.

C'erano tante cose che non andavano in quegli anni. Bisognerebbe però chiederci se non andavano le persone...
E io invece credo che le persone andavano, eccome che andavano...
Perchè vivevano quella realtà così tremenda e così angosciante nella consapevolezza di un futuro diverso. Perchè la gente all'epoca era in grado di organizzarsi e decidere della propria vita. Tutto l'opposto, oggi, facciamo noi esseri del nuovo millennio.
O mi sbaglio?

Bè durante gli anni 70 c'era voglia di cambiare, la voglia che oggi manca.
C'erano tanti spinelli certo, oggi ci sono lo stesso ma a parte provocarti gravi danni alla salute servono solo come lasciapassare...
C'era l'appartenenza politica, ti identificavi in qualcosa di sbagliato magari,in alcuni casi in qualcosa di terribilmente sbagliato....ma il bieco populismo di oggi è cosa giusta ? Cos'è meglio, una guerra civile o una civile arresa al sistema di cui noi piccole pedine facciamo parte non meno delle grandi manone che le muovono così a piacimento ?

Perchè se all'epoca lo Stato faceva i conti con se stesso e con le sue contraddizioni oggi fa i conti con noi esseri umani e con la nostra ingiustificata sottomissione.

Attenzione gente, Perchè i nostri giovani stanno crescendo in un mondo sempre più privo di senso. Un "nonsenso" pronto a catapultarci in un futuro fatto di Plastica.
Perchè i quindicenni all'epoca leggevano libri, oggi lo schermo di un pc ti dà mille informazioni al secondo, ma non basterebbero mille pc della tecnologia più avanzata per fare un libro di quelli.

Oggi la cultura non la si respira per strada, bisogna andarsela a cercare, per citare De Gregori " La storia siamo noi, e nessuno si senta escluso.."

Io preferivo gli anni 70 con tutto il trambusto che hanno fatto, al patetico e bigotto conformismo del presente.
L'idea di "cambiare il mondo" non fa più parte delle nostre priorità?

Prima che cambi lui per noi, una volta per tutte?

martedì 15 maggio 2007

Ipocrity day

La famiglia è in pericolo. Meno figli, meno matrimoni, più divorzi, sembra una nuova formula elettorale invece è un dato di fatto secondo gli istituti di ricerca.

Ma la colpa di chi è? La televisione e la propaganda son capaci di fare miracoli, di ribaltare la realtà o inventare di sana pianta un caprio espiatorio. Ci sono riusciti benissimo con i Dico, la fonte di tutti i mali e della deriva mangiapreti dell'Italia, senza però mai spiegare perchè. Eppure smontare questa tesi è semplicissimo, basta leggere i rapporti statistici dell'Istat e si noterà che la crisi della famiglia tradizionale ha avuto inizio più di dieci anni fa, periodo in cui i Dico erano inesistenti.

E' un po' come l'astrologia. Come si fa a credere che un pianeta o una stella distante centinaia di anni luce possa emanare influssi che determinano sfortuna, amore e lavoro di noi miseri terrestri? Pura megalomania.

Allo stesso modo, e ignorando i dati, come si fa a dire che i Dico, una legge che non tocca la famiglia ma estende solo alcuni diritti alle coppie conviventi, minano la stabilità della famiglia? Se i conviventi dopo la legge avranno diritto alla pensione del coniuge o all'assistenza sanitaria, come può questo fatto distruggere le unioni tradizionali? Mistero a cui nessuno darà mai una risposta semplicemente perchè non esiste, o è irrazionale come nel caso dell'astrologia.

Un'altra semplice dimostrazione, stavolta non scientifica. I politici usufruiscono dal 1993 dei Dico negati al resto della popolazione, eppure nonostante questo in parlamento, a parte un po' di divorziati patologici, vivono tante coppie di eterossesuali felicemente sposate, e mi risulta che Luxuria sia ancora un caso isolato e non abbia "contagiato" ancora nessuno. Quale più chiara dimostrazione che i Dico non mettono in pericolo la famiglia?

Il Family Day è stato il corteo dell'ipocrisia. Non per quei partecipanti che hanno sfilato, credendoci davvero, e che vanno apprezzati, ma per la classe politica che, forse come mai in tutti questi anni, ha raggiunto davvero il culmine. La vergogna è un sentimento estraneo a questi personaggi, che sono capaci di dichiarare "io non rubo" mentre svaligiano una banca, o di dire "io amo tutti gli animali" mentre addentano una bistecca al sangue.

Non è più un mistero per nessuno che la gran parte dei politici che hanno partecipato al Family day e che osteggiano la legge sui Dico siano divorziati, conviventi, o peggio sposati con rito celtico come nel caso dei drudi padani Calderoli e Castelli. Sia chiaro, per tante persone, me compreso, non c'è niente di male nell'essere divorziati o sposati in nome di Odino. Ma il predicare bene e razzolare male è intollerabile, ed è ancor più ingiustificabile quando proviene da uomini politici che dovrebbero fare della coerenza la loro prima bandiera. E' evidente invece che il primo valore è racimolare voti, e non essere coerenti e giusti.

Gli Italiani sono ben informati di questa ipocrisia, leggendo i giornali, internet, e ormai anche in televisione dove comici come la Litizzetto hanno fatto filtrare battute su questa grottesca situazione. Nonostante ciò, la capacità di indignarsi e reagire sembra non appartenere più ad una buona parte del popolo italico che chiude gi occhi, si tappa le orecchie e va a sfilare sorridendo e difendendo la famiglia insieme ai divorziati.

Se l'ipocrisia esce dalle stanze della politica e si fa sistema, diventa popolo, allora le speranze di migliorare il paese e dare una svolta al futuro diminuiscono, proprio come i matrimoni stabili.

mercoledì 25 aprile 2007

Il 25 aprile è di destra o di sinistra?

In Italia esistono anniversari nazionali di destra e di sinistra. Insolito, ma non c'è da meravigliarsene, dopo decenni di politica basata su ideologie e soprattutto su chiacchiere. Con l'avvento dei vari TG, della tv commerciale e di Bruno Vespa questa sterile quanto inutile dicotomia destra-sinistra si è consolidata nella nostra testa e continua a distrarre la gente e rovinare il paese.

Il 25 aprile è festa nazionale, anniversario della liberazione d'Italia. Ogni anno si svolgono attività in tutta Italia per ricordare questa data simbolo della liberazione dell'Italia dalla dittatura fascista e dall'esercito occupante nazista. Quei poveri "vecchi" che parteciparono sono invitati a parlare nelle scuole ad una generazione che ormai non ha i mezzi per capire l'importanza della resistenza e il pericolo di qualsiasi dittatura, sia essa comunista o fascista come in questo caso. Noi giovani siamo nati in pace e non abbiamo dovuto muovere un dito per ottenere quella libertà di cui tanto si parla.

Il mondo politico, con la sua polemica annuale, non aiuta certo la memoria. Anche grazie all'attività di appropriazione da parte della sinistra italiana, il 25 aprile è considerata ormai una festa di sinistra, spesso e volentieri ignorata dai politici di destra che continuano a considerarla una festa per comunisti, forse per non scontentare i partitini neofascisti che facevano parte della ex-Casa delle libertà. Basti ricordare che Berlusconi da quando è sceso in politica non ha mai partecipato ad alcuna manifestazione, nemmeno dietro invito dei vari presidenti della Repubblica.

Anni di disinformazione televisiva hanno fatto sì che oggi gli italiani credono davvero che la Resisteza sia stato un movimento comunista e politico. Eppure basta aprire un buon manuale di storia (o wikipedia), che tutti abbiamo in casa, per imparare che fu un movimento popolare trasversale, a prevalenza comunista ma che vide insieme cattolici, liberali, socialisti, azionisti, monarchici. Una repulsione fisiologica, spontanea, popolare e spesso apolitica, dopo anni di regime e guerra, che praticamente tutti i paesi del mondo hanno conosciuto dopo un periodo più o meno lungo di dittatura. Nè di sinistra nè di destra, ma un movimento naturale di coscienza.

Fu anche una guerra civile, con tutti i suoi errori ed orrori che è inutile negare perchè documentati. Ma ricordare la resistenza, ricordare i valori dell'antifascismo non significa automaticamente essere stalinisti o rivoluzionari, ed è questo il messaggio ridicolo e banale che una parte politica ha voluto far passare, riuscendoci, ed offuscando in tal modo il significato che questa lotta ha avuto per il nostro paese.

I movimenti e i partiti che hanno partecipato alla Resistenza infatti, dopo la vittoria contro i nazifascisti, hanno formato quel fronte politico che in qualche anno ha pensato e scritto la Costituzione del 1948. Costituzione che contiene principi innovativi e fondamentali, ma che purtroppo non è stata messa in atto concretamente nei decenni a venire.

Anche per questo è importante ricordare chi sacrificò la propria vita con l'unico scopo di superare la buia parentesi dittatoriale e dare un futuro migliore all'Italia. Il 25 aprile dovremmo festeggiarlo ogni giorno impegnandoci ad utilizzare bene questa libertà di cui, seppur con alti e bassi, godiamo.

sabato 7 aprile 2007

Noam Chomsky - Le minacce all'Iran

Per problemi personali non potrò aggiornare il blog nelle prossime settimane, ma ho pensato di continuare segnalandovi alcuni articoli che ritengo meritevoli di essere letti. Dopo l'ottima analisi sulle acque minerali, di cui spero abbiate fatto tesoro, ecco un articolo dell'intellettuale Noam Chomsky, forse il maggior conoscitore della storia e delle politiche statunitensi, in cui parla della situazione sempre più tesa tra Washington e l'Iran. Buona lettura, e scusate la (spero breve) pausa.



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L’influenza iraniana nella “mezzaluna” sfida il controllo americano. Per una casualità geografica, le maggiori risorse petrolifere mondiali sono soprattutto nelle aree sciite del Medio Oriente: l’Iraq meridionale, le regioni adiacenti dell’Arabia Saudita e l’Iran, con alcune delle maggiori riserve di gas naturale. Il peggior incubo di Washington sarebbe una alleanza sciita che controlli la maggior parte del petrolio mondiale, libera e indipendente dagli Stati Uniti.

L’escalation delle minacce da parte di Washington contro l’Iran è sostenuta dalla determinazione di assicurarsi il controllo delle risorse energetiche della regione.

Nel Medio Oriente ricco di risorse energetiche solo due paesi non si sono sottomessi alle richieste principali di Washington: Iran e Siria. Di conseguenza entrambi sono nemici, l’Iran di gran lunga il più importante. Come era di norma durante la guerra fredda, il ricorso alla violenza è regolarmente giustificato come reazione alla maligna influenza del principale nemico, spesso sulla base dei pretesti più inconsistenti. In modo prevedibile, visto che Bush invia più truppe in Iraq, affiorano in superficie racconti di interferenze iraniane negli affari interni dell’Iraq – un paese per altri aspetti libero da ogni interferenza straniera – sul tacito presupposto che Washington governi il mondo. Nella mentalità da guerra fredda di Washington, Teheran è raffigurata come l’apice della cosiddetta mezzaluna sciita che si allunga dall’Iran fino agli Hezbollah in Libano, attraverso le regioni sciite dell’Iraq meridionale e la Siria. Ed in modo altrettanto prevedibile, il “potenziamento” in Iraq e l’escalation delle minacce e delle accuse contro l’Iran è accompagnato da una volontà riluttante a partecipare ad una conferenza con le potenze della regione, con un’agenda limitata all’Iraq.

Presumibilmente questo minimo gesto di diplomazia è inteso ad attenuare le paure crescenti provocate dall’intensificarsi dell’aggressività di Washington.

A queste preoccupazioni viene dato nuovo valore da uno studio analitico sull’ “effetto Iraq” degli esperti di terrorismo Peter Bergen e Paul Cruickshank, che ha dimostrato come la guerra in Iraq “abbia incrementato di sette volte il terrorismo a livello mondiale”. Un “effetto Iran” potrebbe essere ancora più grave.

Per gli Stati Uniti, la questione primaria del Medio Oriente è stata e resta il reale controllo delle sue ineguagliabili risorse energetiche. L’accesso è una questione secondaria. Una volta che il petrolio è sul mare va dovunque. Il controllo è inteso come strumento per la supremazia globale. L’influenza iraniana nella “mezzaluna” sfida il controllo americano. Per una casualità geografica, le maggiori risorse petrolifere mondiali sono soprattutto nelle aree sciite del Medio Oriente: l’Iraq meridionale, le regioni adiacenti dell’Arabia Saudita e l’Iran, con alcune delle maggiori riserve di gas naturale. Il peggior incubo di Washington sarebbe una alleanza sciita che controlli la maggior parte del petrolio mondiale, libera e indipendente dagli Stati Uniti.

Questo blocco, se dovesse emergere, potrebbe persino entrare a far parte dell’Asian Energy Security Grid con base in Cina. L’Iran potrebbe essere il membro più importante. Se i pianificatori di Bush provocassero questa situazione, indebolirebbero seriamente la posizione di dominio mondiale degli Stati Uniti.

Per Washington, l’offesa più grave di Teheran è stata la sua sfida, a risalire dall’ abbattimento del regime dello Scià nel 1979 e dalla crisi degli ostaggi all’ambasciata americana. Come ritorsione, Washington si è rivolta verso Saddam Hussein per aiutarlo nella sua aggressione contro l’Iran che ha lasciato sul campo centinaia di migliaia di morti. Dopo sono state applicate sanzioni letali e, con Bush, il rifiuto degli sforzi diplomatici iraniani. Nel luglio scorso, Israele ha invaso il Libano, la quinta invasione dal 1978. Come prima l’appoggio americano è stato un fattore critico, i pretesti appena sottoposti a valutazione critica, sono crollati in breve tempo, e le conseguenze per il popolo libanese sono gravi. Fra le ragioni dell’invasione di Israele e USA c’è che i razzi degli Hezbollah potrebbero costituire un deterrente all’attacco contro l’Iran di USA e Israele. Nonostante le minacce di un attacco militare, ritengo improbabile che l’amministrazione Bush attacchi l’Iran. L’opinione pubblica americana e quella mondiale vi si oppongono in modo determinante. E sembra che anche l’intelligence e le forze militari americane si oppongano. L’Iran non può difendersi da un attacco americano, ma può rispondere in altri modi, fra questi suscitando ancora più caos in Iraq. A questo proposito ci sono avvertimenti molto più gravi, fra questi lo storico inglese Corelli Barnett scrive che “un attacco all’Iran scatenerebbe realmente la terza guerra mondiale”.

Ciononostante, un predatore diventa ancora più pericoloso, e meno prevedibile, quando è ferito. Nella disperazione di salvare qualcosa, l’amministrazione potrebbe azzardare qualche disastro ancora più grande. L’amministrazione Bush ha provocato una catastrofe impensabile in Iraq. Non è stata in grado di stabilirvi uno stato cliente e non può ritirarsi senza affrontare l’eventualità di una perdita di controllo sulle risorse energetiche del Medio Oriente. Frattanto Washington potrebbe cercare di destabilizzare l’Iran dall’interno. La composizione etnica in Iran è complessa; gran parte della popolazione non è persiana. Sono presenti tendenze secessioniste ed è probabile che Washington stia cercando di istigarle – in Khuzestan sul Golfo, per esempio, dove si concentra il petrolio iraniano, una regione principalmente araba, non persiana.

L’escalation di minacce serve anche a far pressione sugli altri per unirsi agli sforzi americani nel soffocare economicamente l’Iran, con prevedibile successo in Europa. Un’altra prevedibile conseguenza, presumibilmente voluta, è di indurre la leadership iraniana ad essere sempre più repressiva, fomentando il disordine e indebolendo i riformisti.

E’ anche necessario demonizzare la leadership. In occidente, ogni dichiarazione violenta del presidente Amadinejad è stata diffusa dalle testate dei giornali, tradotta in modo dubbio. Ma Amadinejad non ha alcun controllo sulla politica estera, che è nelle mani del suo superiore, il supremo leader Ayatollah Ali Khamenei. I media statunitensi tendono ad ignorare le dichiarazioni di Khamenei, soprattutto se hanno carattere conciliativo. Si riportano ampiamente le dichiarazioni di Amadinejad quando dice che Israele non dovrebbe esistere –ma c’è silenzio quando Khamenei dichiara che l’Iran supporta la posizione della Lega Araba su Israele – Palestina, invocando la normalizzazione delle relazioni con Israele, se accetta l’accordo internazionale sulla soluzione dei due stati. L’invasione USA dell’Iraq ha potenzialmente insegnato all’Iran a sviluppare un deterrente nucleare. Il messaggio è stato che gli Stati Uniti attaccano a loro piacimento, quando l’obiettivo è indifeso. Adesso l’Iran è circondato dalle forze statunitensi in Afghanistan, Iraq, Turchia e nel Golfo Persico, ed è vicino a stati dotati di armi nucleari quali il Pakistan ed Israele, la superpotenza della regione, grazie al supporto americano.

Nel 2003 l’Iran si è dichiarato disposto a trattare su tutte le questioni in sospeso, comprese le politiche nucleari e le relazioni israelo-palestinesi. La risposta di Washington è stata di critica al diplomatico svizzero che presentava l’offerta. L’anno successivo, l’Unione Europea e l’Iran hanno raggiunto un accordo con il quale l’Iran avrebbe sospeso la produzione di uranio arricchito; in cambio l’Unione Europea avrebbe fornito “solide garanzie sulle questioni della sicurezza” – codice per le minacce di Stati Uniti e Israele di bombardare l’Iran.

A quanto pare per la pressione degli Stati Uniti, l’Europa non ha mantenuto l’accordo. Quindi l’Iran ha ricominciato con l’uranio arricchito. Un interesse autentico a prevenire lo sviluppo di armi nucleari in Iran, avrebbe portato Washington ad attuare l’accordo con l’Unione Europea, ad accettare importanti negoziati e ad unirsi agli altri verso l’integrazione dell’Iran nel sistema economico internazionale.

Noam Chomsky - 10 Marzo 2007 - The Guardian
Fonte e traduzione: www.zmag.org/italy/chomsky-usapredatore.htm

martedì 20 marzo 2007

Simulatori di emozioni

Per fortuna l'inviato di Repubblica è stato rilasciato dalle milizie talebane che lo tenevano in ostaggio. Dopo il rapimento del giornalista italiano in pochi si sono accorti della morte dell'autista locale del reporter . Non solo è stato ucciso barbaramente, ma la moglie che era in attesa di un pargolo, alla notizia della morte del marito ha perso il bambino. Fatto alquanto grave , ma soltanto citato approssimativamente dalla maggior parte delle tv.Ma questo è solo uno dei mille esempi di ridimensionamento di morti altrui, che non ci riguardano da vicino ,certo.
Non la nostra amata Italia almeno.
La guerra al terrorismo è tortuosa come lo è il principio che l'ha innescata nel 2003. Ormai ci avviamo a varcare la soglia del Milione di morti nel solo stato di Bagdad. Nella capitale irachena gli attentati si susseguono e i morti sono ogni giorno decine e decine, raccontati il più delle volte con freddezza nei nostri tg. "Esplode autobomba nel mercato di Bagdad, 60 morti..." E via, alla notizia successiva.

Eppure se ci soffermassimo un attimo soltanto a pensare a quanto dolore a quanto odio può provocare la morte di un caro amico o parente e moltiplicassimo il tutto per 60, 70, 100 , ne uscirebbe un desiderio di vendetta tale che ipotizzare un futuro di pace non sarebbe soltanto una mera utopia, ma un azzardo di quelli mai visti.
E' come se la civiltà umana si dimenticasse degli errori commessi e riazzerasse continuamente il timer del proghesso...
Tuttavia con questo mondo ci si convive quotidianamente, il distacco latente da quella realtà così diversa e caotica è solo un abbaglio, una fragile illusione apparente. Ci ripiombiamo non appena la tragedia ci colpisce da vicino. E così si sprecano titoli e pagine di giornale, la solidarietà nazionale che un attimo prima sembrava perduta ricompare all'improvviso come per magia: la politica è unita più che mai e le istituzioni si complimentano a vicenda per la vittoria ottenuta.

E sempre come per incanto siamo pronti a riallontanarci dai motivi e dalle origini di quella tragedia, come se d'un tratto non ci riguardasse più, ma appartenesse a un mondo lontano dal nostro. Siamo pronti a passare il testimone , a liberarcene purchè non ci pesi come un macigno sulle spalle.

Perchè nell'italia cattolica contemporanea il dolore è scomodo, è poco fashion, soprattutto per i media, troppo impegnati a rilassare il telespettatore con argomenti divertenti e che esulino dalla realtà. Lo show in tv è cosa sacra, col seguito di donne svestite e rifatte che umiliano continuamente la figura della donna per sedurre l'italiano medio in tv o le risse che esplodono come se niente fosse sulle stupidaggini più insensate , ma che servono a catturare l' audience, unico vero obiettivo dei manager di rete.

Ma quella stessa trasmissione della domenica, perbenista e bigotta allo stesso tempo, verrà immediatamente interrotta se dovessero giungere notizie dall'Afghanistan, notizie italiane s'intende...

E tutto questo mentre l'odore dei soldi trasuda al di fuori del corpo del presentatore che inscena una rissa in diretta e gli si vede stampata in faccia quell'espressione di incredulità chissà quante volte studiata prima.

venerdì 16 marzo 2007

Quei bravi ragazzi

Non so voi, ma a me dà tristezza vedere persone che un tempo avevano la forza di lottare per alcune idee mentre oggi sono diventate serve di una parte. Di esempi del genere ce n'è a bizzeffe, e forse studiando un po' i dati salta anche fuori che rappresentano la maggioranza di chi "conta" qualcosa. Vogliate definirli più pesantemente traditori o voltafaccia, o in modo più "soft" incoerenti e ipocriti, esse restano persone che hanno cambiato, più o meno radicalmente idea nella loro vita. Sia chiaro, non c'è niente di male nel cambiare idea, anche radicalmente, di fronte a nuovi elementi o a nuove conoscenze; anzi penso sia un dovere essere sempre pronti a farlo.

Il problema sorge quando si parla di personaggi che cambiano sponda a seconda della corrente, e si gettano sempre ai piedi del potente di turno. E non solo politici, ma anche giornalisti, cioè chi dovrebbe essere sempre e solo da un'unica parte, quella dei fatti, dei dati e documenti.

Giovedi sera ad Annozero ho trovato molto triste sentir parlare Stefano Menichini, direttore del quotidiano della Margherita "Europa"[1], una volta giornalista al Manifesto. Anche il nostro Vauro deve aver trovato la cosa triste, avendo commentato con la sua caratteristica ironia: "il mio vecchio amico Menichini, ora lo trovo un bravo ragazzo, sereno, moderato. Son quelle cose che aprono il cuore."
Sarà stata una mia impressione, ma Menichini nei suoi interventi sembrava quasi costretto a dover difendere a tutti i costi il suo partito di riferimento e quindi l'attuale governo. Poichè si parlava di Vicenza, la sua era la parte dell'avvocato suicida, che tenta di difendere l'indifendibile. Ma lui, imperterrito, continuava il suo discorso, cercando di mettere insieme parole per dire e non dire. Parole che stridevano troppo con il precedente intervento di un suo collega, Marco Travaglio, che invece è solito raccontare i fatti senza dover difendere nessuno. Colleghi si, ma di due pianeti diversi. Lo Stesso Ordine, ma due modi opposti di fare giornalismo.

Ho citato Menichini ed "Europa" solo come esempio, non ho nulla contro questo signore il suo quotidiano. Il mio discorso infatti va esteso a tutti quei giornalisti e quei giornali cosiddetti "di partito". Un giornalista non può fungere da semplice ufficio stampa di un partito, per quello ci sono le agenzie che prendono e trasmettono il comunicato così com'è. I giornali di partito non hanno ragione di esistere, ma servono solo ad assicurarsi i soldi pubblici dedicati all'editoria. Non sono contrario agli aiuti ai giornali, ma a patto che questi soddisfino alcuni requisiti che dovrebbero essere elementari: indipendenza da partiti e politici, e indipendenza da imprese e privati. Un giornalista deve poter fare il suo lavoro di ricerca e analisi senza interferenze nè politiche nè pubblicitarie. E' necessario finanziare questo tipo di giornali, proprio per la loro scelta di non avere introiti pubblicitari e quindi nessuna interferenza da parte di imprese private.
Questi che definirei i "minimi requisiti per un informazione credibile" sono merce rara, che neanche i maggiori giornali nazionali, Corriere e Repubblica, hanno. Il motivo? Costano, costano molto. Significa rinunciare all'appoggio politico e soprattutto agli introiti pubblicitari, che per i mass-media rappresentano la maggiore entrata economica. L'inserzionista viene prima del lettore, e si può dimostrare conducendo un accurato studio sui media.

Il giornalismo che sogno e ritengo valido invece incontra sempre più difficoltà, come dimostra l'esperienza del manifesto, nuovamente in crisi finanziaria [2]. Il manifesto non è di certo un quotidiano perfetto, ma alcuni requisiti li ha già, e lo ritengo un modello valido da migliorare e a cui ispirarsi se si vuole davvero dare una svolta a questo modo "clientelare" di fare informazione.

Note

[1] http://www.europaquotidiano.it/
[2]http://www.ilmanifesto.it/sottoscrizione2006/campagna.html

giovedì 8 marzo 2007

Il mio augurio alle donne

Oggi è la giornata delle donne. Molte la riconoscono, altre no. Non mi addentrerò nella diatriba, ma voglio dedicare qualche pensiero a tutte coloro che vorranno accettarli.

Quando si parla di donne, soprattutto nei paesi ricchi, si pensa alla discriminazione sul lavoro e alle "quote rosa". Io voglio invece soffermarmi su altri aspetti che rendono la vita di tante donne una continua sofferenza.

Gli abusi sessuali, spesso perpetrati dai partner o altri familiari, sono una vera e propria piaga mondiale. Una donna su tre in tutto il mondo ha subito almeno una violenza durante la sua vita, e in Italia secondo l'Istat 10 milioni di donne hanno subito abusi sessuali.[1] Questo è un fenomeno diffuso ovunque, senza distinzione tra paesi sviluppati e non, ma che osserva un vertiginoso aumento quando ci si sposta in paesi sconvolti da una guerra o da forte instabilità politica e militare.

Il fenomeno degli stupri e uccisioni delle donne durante i conflitti è sistemico e va di pari passo alle altre forme di violenza belliche. Oltre alla violenza diretta, la guerra porta molte donne a perdere i propri mariti e figli, ritrovandosi sole, senza casa e senza assistenza se non di qualche rara quanto coraggiosa associazione umanitaria. Il resto entra in un tunnel senza uscita, fatto di sfruttamento e vendita del proprio corpo, spesso l'unica attività che permette di "vivere".

La stragrande maggioranza delle volte alle donne è negata anche la giustizia, soprattutto in paesi dove il sistema giudiziario è corrotto o smantellato dalla guerra, e dove i colpevoli riescono spesso a ottenere l'impunità da tribunali controllati da eserciti paramilitari.

In questi giorni si parla tanto di Afghanistan. E' ironico che a distanza di vari anni dalla "liberazione" del paese le donne afghane abbiano il secondo tasso di mortalità materna al mondo, con 1.600 donne morte ogni 100.000 nascite, e soffrano ancora di pesanti discriminazioni.
Secondo il Lancet circa il 90% delle morti può essere evitato con maggiore educazione sessuale e un più facile accesso ai contraccettivi.[3] Provvedimenti semplici, che però risultano inesistenti in tanti stati in via di sviluppo dove, secondo l'Unicef, quasi una bambina su 5 iscritta alla scuola primaria non completa gli studi. E, cosa ancora peggiore, molte di queste vanno a formare quel vergognoso esercito di 120.000 bambine-soldato in tutto il mondo.[4]

Non voglio terminare questa riflessione dicendo che le donne sono sempre buone, o che il problema della politica è che ci sono troppi uomini. Serve un maggiore equilibrio nei numeri, certo, ma questo sono sicuro che risolverà ben poco, visto che le donne attualmente in politica il più delle volte sono uguali, se non peggio, agli uomini che tanto critichiamo. Le cose non cambieranno finchè non si inizierà a rispettare profondamente la donna e le sue potenzialità, avendo naturalmente l'onestà di riconoscere gli errori. E' questo l'augurio che faccio, ed è questo che dobbiamo e possiamo iniziare a fare ognuno nella propria vita.

Concludo non solo con le parole, ma segnalando 4 appelli promossi di Amnesty International[5] e che è possibile sottoscrivere online. Come tutte le petizioni, più sono le firme più la voce sarà forte, quindi vi invito caldamente a leggere e firmare per qualcosa di concreto, grazie.


Campagna lanciata da Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace 2003, per raccogliere firme a sostegno della richiesta di eguale trattamento delle donne in Iran: una richiesta particolarmente urgente, come dimostra l’arresto, avvenuto il 4 marzo, di 30 donne che prendevano parte a una manifestazione pacifica nella capitale Tehran.
http://www.amnesty.it/appelli/azioni_urgenti/iran_080307

Campagna per invitare il governo della Repubblica Democratica del Congo a mettere fine all’impunità per gli stupri commessi dalle forze armate e dalla polizia durante un conflitto che finora ha causato 4 milioni di morti dal 1998. In particolare, risolere il caso di Bitondo Nyumba, stuprata l’11 marzo 2005 da soldati appartenenti alle forze governative. Per ora, nessuno dei responsabili è stato assicurato alla giustizia e la sua famiglia ha subito minacce e intimidazioni.
http://www.amnesty.it/appelli/appelli/rdc_donne?page=appelli

Dal 1993, più di 400 donne e ragazze sono state assassinate nelle città di Ciudad Juárez e Chihuahua, nell’omonimo Stato del Messico. Nella maggior parte dei casi, le vittime, ragazze povere di età compresa tra 13 e 22 anni, sono state sequestrate, stuprate, strangolate e poi abbandonate in discariche o in fosse poco profonde; 140 di esse sono state sottoposte a brutale violenza sessuale prima di essere uccise.
Si chiede di intervenire alle autorità messicane che hanno fatto decisamente poco per indagare in modo adeguato su questi crimini.
http://www.amnesty.it/appelli/appelli/ciudad_juarez_donne?page=appelli

Per Amnesty International il governo della Bielorussia non sta facendo abbastanza per proteggere i diritti fondamentali delle donne in relazione alla violenza domestica e sollecita le autorità bielorusse ad adempiere agli obblighi di protezione delle donne secondo gli standard e le norme internazionali sui diritti umani.
http://www.amnesty.it/appelli/appelli/bielorussia?page=appelli

Note


[1] http://unimondo.oneworld.net/article/view/142956/1/
[2] http://unimondo.oneworld.net/article/view/143691/1/
[3] ZNet Commentary - International Women's Day 2007: We Stand with the Women of the World* March 03, 2007 By Lucinda Marshall
[4] http://www.un.org/womenwatch/
[5] http://www.amnesty.it/campagne/donne/index.html

martedì 6 febbraio 2007

Posso scriverne soltanto

Innanzitutto mi scuso per i pochi articoli inseriti nell'ultimo periodo, ricco di avvenimenti che meriterebbero più di un commento. Purtroppo a causa di vacanze natalizie ed esami è stato difficile trovare il tempo, soprattutto se non si vuole scrivere la solita opinione personale: per questo ci sono già migliaia di blog, in cui ognuno dice ciò che vuole. Lo scopo del nostro blog è invece di analizzare le vicende italiane e del mondo soffermandosi sui fatti e sui dati reali, e ciò richiede tempo.
Nei prossimi mesi inizierò ad inserire articoli interessanti su vicende internazionali, come il terremoto politico che interessa l'america latina, e nazionali, sul teatrino politico e gli scontri tra governo e opposizione. Sto inoltre lavorando al dossier su Cuba, e prossimamente aggiorneremo un po' la grafica del blog per rendere il tutto più funzionale e interessante. Spero continuate a seguirci, e a diffondere questo blog che al momento ha ancora poche visite. Se avete suggerimenti, potete scriverci al nuovo indirizzo email:
isoladikrino@gmail.com

Saluto con affetto FakePlasticTree, che ci ha inviati un suo articolo, riflessivo, acuto e impegnativo, e per questo da leggere con attenzione. Buona lettura

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"ci sono tanti posti in cui sono stato...ma nessuno è come casa mia" (Lynyrd Skynyrd - All i can do is write about)

Bella affermazione che tutti vorremo ed, in buona parte, possiamo fare, (già è la buona parte che vuole e può) e se ci soffermassimo a pensare a chi la propria casa l'ha lasciata 10000 km fa imbracciando “armi e bagagli” famigerati, sperando di venire qui e raggiungere il desiderato benessere.
Un bel posto al sole, da migliaia di persone per isolato, che i barlumi di speranza li spegne piuttosto, perso com'è nel complicato intarsio di asfalto e cemento che ne rende l'aspetto come una reggia post-bellica.
L'ultimo esempio calza a pennello...
Una donna ed un infante sfollati con estrema accuratezza e metodo impeccabile: un bell'incendio nell'appartamento, che affaccia su una delle più trafficate vie del centro commerciale di Roma, nel nome della tanto caldeggiata evangelizzazione del tessuto sociale, attuata e riscontrabile in via Condotti e Piazza di Spagna passando per la periferia urbana.

Ma torniamo alla citazione iniziale, ricordando che una megalopoli ospita non soltanto cittadini stranieri ma anche una popolazione aborigena, la cui residenza ed il cui vivere è legittimato dal certificato di nascita; e perché al riguardo non soffermarci sul modo in cui conduce la propria esistenza chi a Roma, Napoli, Milano e Bologna c'è nato?

La loro vita sembra raffigurare il percorso tracciato dal volo del merlo che mi piace immaginare sempre tendente all'ascesa continua, poggiandosi ogni tanto per scrutare dall'alto il cammino giornaliero portato a termine, prima di spingersi nuovamente oltre il proprio limite precedente (e quello di tutti gli altri se possibile)... pieni di cose da fare, posti nuovi da conoscere, indaffarati all'assidua ricerca di una “posizione” più soddisfacente nel sociale (e non solo!). Una posizione che li rende liberi di prendere e lasciare in qualsiasi momento.

Le reti di amicizie protratte nel tempo si sa, sono quelle più valide, ma l'abitante della megalopoli può farne a meno!
Lui ha talmente tanto a disposizione per rinfarcire la serata, da poter mettere via senz' affanno l'unta e bisunta adolescenza, un ostacolo alla costante escalation in corso a cui non rimane che la soffitta, polverosa coltre per i ricordi da “una botta e via”.
Di integrazione in tutto questo non v'è traccia, alla metro quanto al mercato, ma allora viene da chiedersi: COME MAI il cittadino moderno va sempre più spesso nei ristoranti dal sapore esotICO, o alla bottega dell' etnICO?

Perché è giusto non privarsi di nulla, nell'ottica del tutto fa brodo; e se poi così facendo posso averne più di te, FIGURIAMOCI!!
Perché i rapporti umani sono accessori serali da dismettere come il buon vino che bevo alla salute del poverino che è rimasto indietro nella corsa ad accaparrare il possibile (Donne: voi non fate eccezione) ebbene si, è un melodramma dalle proporzioni gigantesche da contenere, persino per i discendenti di chi il mondo l'ha avuto in pugno per davvero: Roma “caput mundi”.
L' “aurea mediocritas” è forse un retaggio del passato? Che a questo scenario da “miseria e nobiltà” corrispondano realmente le nostre città, così amate oltralpe, oltre oceano e oltretutto, sogno degli universitari fuori sede e vanto di chi la sera vi fa ritorno a casa "da mammà"?

Non vi resta che scendere in strada e constatare con i vostri stessi occhi, perché Ognuno, è risaputo, da vita alla PROPRIA verità;
detto questo permettetemi, in questo caso, di dissentirne, sentendo quanto ho descritto un po' più vero di quanto possa trarne l'umana vista ingannatrice.

FakePlasticTree

lunedì 15 gennaio 2007

Welby, l'ultimo saluto

In un commento sul Corriere del 15 dicembre si parlava di Mina Welby, "la moglie, l'infermiera, l'ombra. Fotografata di striscio di sbiecio, di spalle, mai un ritratto di fronte. Mina si merita che per una volta almeno, si parli di lei". Finora non ho mai commentato il caso Welby, perchè pensavo e penso tuttora che nessuno di noi abbia il diritto o sia in condizione di dire ad un uomo con una grave distrofia muscolare progressiva cosa può o cosa non può fare. Forse a tanti commentatori farebbe bene rileggere le sue stesse parole: "Io ho raggiunto l'ultimo stadio: respiro con l'ausilio di un ventilatore polmonare, mi nutro di un alimento artificiale (Pulmocare), parlo con l'ausilio di un computer e di un software.".[1] Welby ha scelto di morire e non "vivere" dipendendo da una macchina. Questa è stata la sua scelta, più o meno condivisibile, ma ritengo assolutamente giusto che sia stata rispettata.

I politici, la Chiesa e tante altre autorità avrebbero dovuto tacere, o parlare con rispetto e modestia. Invece il tutto si è trasformato in uno scontro, in questo paese di "italiani brava gente", dove però ogni occasione è buona per imbastire un teatrino. Per quanto mi risulta Prodi non ha mai risposto alla lettera di Welby, e non è stata una bella cosa.

L'Ingerenza della Chiesa nel caso Welby è stata a mio parere terribile, frutto di una contraddizione immane. "Nessuno può decidere di dare la vita o la morte a suo piacimento, solo Dio" tuonavano in coro le cariche ecclesiastiche. Senza rendersi conto che essi stessi stavano ammettendo di avere questa facoltà. Hanno lasciato intendere, nemmeno troppo implicitamente, che solo la Chiesa ha questo diritto e può dettare legge nel mondo degli uomini, decidendo chi può e chi non può morire, chi può e non può soffrire.

La posizione della Chiesa in questo caso ha dimostrato una buona dose di arroganza e ottusità, volendo intervenire prepotentemente sulla decisione di una persona libera, atea e cosciente. Non c'è da meravigliarsene troppo in fondo, dal momento che la storia della chiesa ha più volte oscurato e ingnorato il termine "libertà", condannando a priori e senza logica chi sfidava la visione del mondo religiosa. Ma dopo la richiesta di perdono da parte di Papa Wojtila[2], nel 2007 ci si aspetterebbe un po' più di apertura.

Penso sia giusto introdurre il testamento biologico,in modo che ogni persona sia libera di scegliere se vivere o morire nel momento sfortunato in cui si trovi a dipendere da una macchina. E' giusto che uno stato laico dia il diritto a chi non crede o a chi appartiene ad un altra religione di scegliere, scegliere autonomamente e senza condizionamenti. La scelta è libertà; perchè ai politici che ipocritamente fanno della libertà una bandiera non viene mai in mente?
La chiesa, sicuramente in buona fede, crede di avere l'autorità di dettare e imporre la propria legge e i propri insegnamenti a tutti, anche ai non appartenenti alla religione cattolica. Pur essendo ateo condivido molti insegnamenti della religione cristiana, molti principi che se applicati ognuno nel proprio intimo, sicuramente migliorerebbero la qualità della nostra società. Ed è innegabile che il cristianesimo ha profondamente influenzato la nostra storia, nel bene e nel male. Ma l'imposizione e la pretesa di avere ragione su qualsiasi tema etico è una cosa non tollerabile. Sia esso l'aborto, l'eutanasia, l'omosessualità, la ricerca sulle cellule staminali o i famigerati pacs.

Capisco la paura della Chiesa quando il papa dichiara che "i pacs costituiscono una minaccia per la struttura tradizionale della famiglia"[3]. Ma queste posizioni si basano sul presupposto che la concezione cattolica di famiglia fondata sul matrimonio sia l'unica ed assoluta. Sono concezioni dogmatiche, fisse per definizione.
La società umana invece è mutabile ed evolve, e dibattiti su questi argomenti sono obbligatori per venire incontro alle nuove esigenze.
Sono temi sociologici, su cui la Chiesa ha il diritto di esprimere la propria idea, ma senza voler imporre la propria visione.
Sono d'accordo con la Chiesa su alcuni temi delicati, e penso che non bisogna assecondare qualsiasi nuova richiesta da parte della società civile senza prima riflettere bene su tutte le conseguenze, come la possibilità per le coppie gay di adottare bambini. Ma sono convinto che bisogna discuterne in modo aperto ed essere pronti a cambiare la propria posizione, cosa che per quanto visto e sentito finora risulta spesso molto difficile. Fose un giorno persone come Welby non dovranno soffrire due volte inutilmente.

Note

[1] http://www.lucacoscioni.it/node/1776
[2] http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo250597.shtml
[3] http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=62398

giovedì 4 gennaio 2007

Un anno di novità?

Anno nuovo secondo il nostro calendario... ma si ha sempre l'impressione, confermata dai fatti, che le cose restino sempre uguali, o al massino subiscano lievi variazioni. Promesse come "faremo questa cosa entro il 2007" sono quasi sempre inattese, e finiscono presto nel dimenticatoio. Certo, nel 2006 abbiamo assistito ad alcune novità. No, non mi riferisco al cambio di governo, visto che finora la maggior parte dei provvedimenti presi sono in perfetto stile berlusconiano, nonostante i ricatti dei soliti comunisti che forse, tanto comunisti non sono, ma questo a nessuno passa per la testa. Meglio usarli come spaventapasseri per fare propaganda.

Le novità riguardano la società civile, noi cittadini. Ho visto fiorire iniziative concrete, che tentanto di riscoprire la legalità, il rispetto per l'ambiente, la dignità degli uomini. Ho visto fiorire finalmente opposizione a progetti che arrecano danni alla collettività, e profitti a pochi e meschini individui. Certo, queste sono ancora azioni di minoranze, ma spero che servano d'esempio per tutti. Basta guardarsi intorno, nel piccolo del proprio comune, e individuare cosa non va. Parlate con i vicini, con gli amici, organizzate dei gruppi cittadini che controllino il lavoro del comune, che pretendino servizi e lavori pubblici, che organizzino petizioni e azioni di protesta pacifica.

Il cambiamento deve arrivare dal basso, non possiamo affidarci al politico, sia esso un Berlusconi o un Prodi qualcunque. Iniziamo l'anno ricordandoci che lo Stato siamo noi, i soldi pubblici sono le nostre tasse, e devono tornare a noi attraverso servizi per tutti, poveri e ricchi. Forse ci renderemo conto meglio di meglio di questo se partecipassimo alla vita politica e pubblica, oguno nella propria città. E' l'unica soluzione, e spero che nel 2007 vedremo ancora più battaglie vinte.

Voglio proporvi un divertente (si ride per non piangere...) articolo di Marco Travaglio del 31 dicembre, che ci invita ad un piccolo gioco di immaginazione. Buona lettura. Ringrazio ancora Frank57 e il suo blog, da seguire costantemente per leggere tutti gli articoli di Travaglio e restare aggiornati sulla nostra Italia.

Fonte: http://vivamarcotravaglio.splinder.com/post/10399067/Anno+zero

Anno Zero

Piccolo gioco di società per Capodanno: immaginare che cosa accadrebbe se ciò che fa la Cdl l’avesse fatto a suo tempo il centrosinistra, e se ciò che fa l’Unione l’avesse fatto il Polo. Insomma, provare a riportare a testa insù un paese che cammina a testa ingiù.

Per cinque anni Bellachioma ha infestato ogni fine anno con torrenziali sermoni raccontando carrettate di balle (leggendaria quella sul crollo del 247% degli sbarchi dei clandestini) e scaricando i suoi fiaschi sulla "pesante eredità del precedente governo delle sinistre", sull’euro, sull’11 settembre e sul clima sfavorevole. Ora che Prodi tiene una conferenza stampa sobria, ragionieristica, a tratti autocritica, viene investito da una grandinata di insulti: quelli risparmiati per un lustro a Bellachioma in nome del "dialogo col governo democraticamente eletto" (a differenza del governo Prodi, notoriamente frutto dei "brogli della sinistra" e mai riconosciuto come legittimo dallo sconfitto che continua a proclamarsi vincitore).

Nel quinquennio berluscomico furono approvate alcune decine di leggi vergogna che assicuravano (e continuano ad assicurare, visto che sono tutte in vigore) l’impunità ai peggiori ladroni. Soprattutto a uno. Eppure nessuna ha avuto l’esposizione mediatica che giustamente sta avendo il comma salvaladri del prode Fuda. Ai tempi delle rogatorie, del falso in bilancio, della Cirielli, della Cirami, del lodo Maccanico, della Pecorella, se ne parlava per qualche giorno, poi tutto veniva dimenticato, mentre le alte cariche dello Stato invitavano alla "pacificazione" e i terzisti paraculi esortavano a "non demonizzare" sostenendo che comunque "il problema giustizia esiste" e bisogna "evitare la piazza".

Ora basta un comma infilato da qualche mascalzone nella Finanziaria per occupare ogni giorno le prime pagine dei giornali, giustamente indignati e lanciati alla caccia della gelida manina. Su Previti, graziato dall’indulto e lasciato in Parlamento grazie alle meline della giunta della Camera, invece, silenzio. Forse perché lì le manine da stanare sarebbero troppe.

Nel quinquennio berluscomico furono cacciati o emarginati dalla Rai Biagi, Santoro, Luttazzi, la Guzzanti, Freccero, Beha, Massimo Fini e altri. Anziché garantire un Cda Rai indipendente dai partiti che riportasse in onda i migliori professionisti, l’Unione ha lasciato in piedi quello vecchio. Così la gran parte degli epurati continua a non lavorare, mentre i Ds invitano a discutere del futuro della Rai gli epuratori Saccà e Del Noce.

Ieri è stato arrestato in Calabria per mafia il vicepresidente della commissione regionale antimafia, Dionisio Gallo, ovviamente Udc (partito che, non a caso, ha per motto "Io c’entro"). Fosse del centrosinistra, tutto il centrodestra sarebbe sulle barricate a chiedere non solo le sue dimissioni, ma anche quelle del segretario del suo partito e, naturalmente, quelle di Prodi. Invece il centrosinistra che fa? Non dice una parola, anzi invita un giorno sì e l’altro pure l’Udc a entrare nell’Unione con tutto il cucuzzaro e, si presume, anche il Cuffaro. E fa buon viso all’ingresso nella commissione parlamentare antimafia di due pregiudicati per corruzione, Vito e Pomicino.

Prendiamo il caso Scaramella-Mitrokhin, che poi è il replay del caso Igor Marini-Telekom Serbia. Se il centrosinistra al governo promuovesse due commissioni parlamentari per dimostrare che Bellachioma ha preso tangenti dal regime delle Isole Andemane e aveva rapporti coi servizi segreti delle Barbados ed è coinvolto nei delitti del mostro di Firenze, ingaggiando come testimoni dei pataccari poi arrestati per calunnia, il centrodestra scatenerebbe giustamente il finimondo, spalleggiato da stampa e tv, che non parlerebbero d’altro fino alle dimissioni dei parlamentari coinvolti. Invece tutto ciò l’ha fatto il centrodestra, raccogliendo in combutta con i servizi e diffondendo a piene mani dossier fasulli contro Prodi: e l’Unione che fa? Porge l’altra guancia e tiene fuori dal Parlamento i parlamentari (Bielli, Zancan, Kessler) che, a mani nude, hanno smontato quelle macchinazioni. Si potrebbe almeno osservare che, se da 15 anni cercano prove contro Prodi senza trovare nemmeno uno spillo, forse vuol dire che Prodi è una persona perbene. Ma nessuno si azzarda a ipotizzarlo: se si sparge la voce, cade il governo.

Marco Travaglio, dalla sua rubrica "Uliwood Party" su L'Unità del 31 dicembre 2006