venerdì 13 aprile 2007

Il telefono, la sua voce

Oggi vi propongo un articolo di Marco Travaglio sulla vicenda Telecom, che come sempre fa riflettere sulla nostra intera classe politica, senza distinzioni tra buoni e cattivi, destra e sinistra.
Mi piacerebbe avere tempo di commentare a fondo la vicenda, ma non ne ho e voglio solo aggiungere un paio di commenti.
Primo, ribadisco un concetto che trascurano tutti i politici: la rete telefonica è stata costruita con soldi pubblici, quindi nostri, e DEVE restare pubblica. Smettiamola di riempirci di parole senza senso come libero mercato solo perchè va di moda. Non può essere venduta al primo finanziere di turno che ne sfrutterà i profitti a scapito del servizio.
Secondo: è una vergogna avere grandi imprenditori e finanzieri talmente corrotti e immorali da far quasi desiderare che siano degli stranieri a controllare i nostri servizi pubblici: perlomeno questi eviteranno i clientelismi e i giochi di potere che in Italia sono il pane quotidiano. Ma mi domando: a questo punto non faremmo prima a importare anche i politici, magari dai paesi del nord europa?


Gli elettori dell'Unione, si sa, sono nati per soffrire. Ma qui si esagera. Un anno fa, in piena campagna elettorale, i leader erano tutti impegnati a giurare che stavolta non si sarebbero dimenticati del conflitto d'interessi. Avrebbero smantellato la Gasparri, insieme a tutte le altre leggi vergogna. Avrebbero fatto l'antitrust per levare almeno una rete a Mediaset (come da sentenze della Consulta) e per abbassare i tetti pubblicitari. Ora si legge che Berlusconi sarebbe sotto assedio perché un pezzo di Unione e alcuni ministri del governo Prodi vorrebbero tanto che lanciasse un'offerta per Telecom, per sbarrare la strada ai terribili stranieri, americani o messicani. Come se in Messico e in America esistesse qualcosa di peggio dei «capitani coraggiosi» Colaninno, Gnutti e Consorte che la comprarono nel '99 a debito, cioè coi soldi della banche, e ne uscirono nel 2001 con plusvalenze da paura, per rivenderla a Trucchetti Provera che a sua volta la comprò coi soldi delle banche e la pagò coi soldi della Telecom medesima. Cioè dei piccoli e medi azionisti. Risultato: un'azienda sana nel '99 oggi ha 43 miliardi di euro di debiti e qualche decina di dirigenti ed ex dirigenti inquisiti o arrestati per spionaggio, associazione a delinquere e altre amenità.

Fermo restando che la rete telefonica è stata costruita con soldi nostri e dunque dovrebbe restare pubblica, è certo che anche un compratore delle Isole Andamane garantisce livelli di managerialità e di eticità nettamente superiori a quelli degli ultimi italianissimi controllori. Sappiamo bene a che cosa pensano i politici italiani quando difendono la «italianità» di qualcosa. «Il patriottismo - diceva Samuel Johnson, come ricorda Bill Emmott sul Corriere - è l'ultimo rifugio del mascalzoni».

L'ultima volta che la casta politica, col governatore Fazio al seguito, difese l’«italianità della banche», fu per coprire le scalate illecite dei vari Fiorani, Gnutti, Ricucci, Coppola, Consorte, Sacchetti. Poi si scoprì che Fiorani derubava i correntisti della Popolare di Lodi, e ambiva a fare altrettanto con quelli dell'Antonveneta. Se passa lo straniero in Telecom, sarà più difficile piazzargli i soliti famigli, portaborse, spioni, fidanzate, amanti, figli e figliocci di regime: questo è il problema.

Il ministro Paolo Gentiloni dichiara al Sole-24 ore che, se nascerà una cordata alternativa a quella americana, non verranno posti paletti a Mediaset: «II governo è favorevolissimo a che Mediaset diversifichi l'impegno», purché non acquisisca una quota di controllo perché la Gasparri lo vieterebbe. Risulta che Piero Fassino abbia dichiarato a Sky che «Mediaset è un operatore del settore e quindi può fare un'offerta». Il Foglio parla di «incoraggiamenti dalemiani» a Berlusconi, e alcune dichiarazioni del senatore Nicola Latorre vanno in questa direzione. Confalonieri se la ride: «Ora il centrosinistra fa il tifo per Mediaset e si appella a Berlusconi in nome della italianità di Telecom... Fanno il tifo. La verità è che siamo funzionali al loro progetto loro progetto perché alle banche italiane servirebbe un socio industriale per Telecom». E già detta le condizioni: «Gentiloni faccia il bravo: investire nei telefoni vuoi dire metterci tanti soldi, quindi bisogna che Mediaset non ne perda nel comparto tv».

Forse qualcuno dimentica che anche le aziende telefoniche, come quelle tv, operano in regime di concessione dallo Stato, dunque Berlusconi è ineleggibile già in base alla legge del 1957, e lo sarebbe doppiamente se entrasse nella telefonia. Salvo perpetuare lo spettacolo pietoso di un tizio che, al governo o in Parlamento, dà le concessioni a se stesso (e nega le frequenze a chi non fa parte della banda, tipo Di Stefano, che nel '99 ha vinto la concessione per Europa7, ma non può trasmettere perché Rete4 continua a trasmettere su terrestre, in perenne proroga).

Viene in mente quel che accadde nel 1995, quando il Cavaliere fece la solita finta di vendere Mediaset a Murdoch, e fu autorevolmente dissuaso da sinistra in nome dell'«italianità» della tv. Risultato: il conflitto d'interessi è sempre lì, intatto. E ora rischia addirittura di decuplicarsi. E non per colpa di Berlusconi, che non ha mosso un dito. Ma perché - se non giungeranno smentite chiare e inequivocabili – il centrosinistra lo implora di entrare in Telecom. Ma non si era detto che doveva uscire da Mediaset?

Marco Travaglio, dalla sua rubrica "Uliwood Party" su L'Unità del 5 aprile 2007
Fonte: http://www.vivamarcotravaglio.splinder.com/post/11662287/

1 commento:

  1. Violenza di stato !



    Sono stato sequestrato, massacrato e clonato nei panni del cattivo per evitare la coperta del volto del sistema, ma tutto si faceva nell’ambito della rappresaglia degli uomini del sistema, ma tutto quello che si faceva era un impegno illegale con l’intento di nascondere la verità, depistare le indagini per impedire la scoperta del volto del sistema! I servizi segreti privati con cui avevo che fare, mi spiavano, mi pedinavano e violentavano la mia persona in una situazione drammatica, per questo la "conseguenza di violenza" di stato e il maltrattamento, erano molto forte, soprattutto al livello fisico e umano! La mia sorveglianza speciale era affidata al servizio segreto civile romano, perciò i suoi membri mi sorvegliavano a vista 24 ore su 24 nell'attesa di sapere la decisione del loro comandante Cl. Maggiore Lussese Vincenzo, il capo dei servizi segreti romani!Alcuni membri di questa struttura hanno commesso delitti gravi nei riguardi dei miei diritti civili come faceva lo stato che legittimava l’impegno del comandante e i suoi fedeli!Questa era il piano diabolico che è stato sviluppato per legittimare la corruzione in questa incredibile storia d’ingiustizia e violenza di stato! Se questa storia non fosse vera e testimoniata da molti in questa città, potrebbe essere considerata prodotto dell'immaginazione da chi potrebbe escludere il suo contenuto, perché incredibile giacché gli operatori dello stato avevano il compito di proteggere, non distruggere, soprattutto, quando si tratta di vita di una persona da tutelare! Spendevano oltre 500 mila euro al giorno per trascinare avanti questa storia, nonostante il fatto di sapere tutto riguardo alla sua iniquità!


    Per sapere di più vedi: www.lemin.splinder.com



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